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Unità: Finanziaria, un’altra occasione perduta per la scuola

Manca sempre il respiro strategico oltre che fondi adeguati. Per cui gli annunci non vanno al di là degli spot. A partire dall’obbligo scolastico

30/12/2007
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l'Unità

Marina Boscaino

Un rapido salto indietro. Un mio amico insegnante - ahimé, con scarso talento per il disegno - suggerisce tra il serio e il faceto una vignetta che preveda che, tra le cose "da rottamare", insieme al 2007, ci sia anche l’obbligo scolastico. Sì, me ne rendo conto, è una battuta per iniziati. Ma la grande novità della scorsa legge di bilancio fu proprio quella: l’innalzamento dell’obbligo a 16 anni, che è stato tramutato - da una permanenza a scuola "senza se e senza ma" per 10 anni - in un analogo provvedimento solo per chi può permetterselo: gli altri, "gli sfigati", coloro che sono in odore di dispersione, andranno ad aumentare il numero di quanti frequentano percorsi triennali e avviamento professionale, tanto per poter continuare a foraggiare una lobby economica che su quelle ibride modalità continua a campare; il tutto con gli insegnanti lasciati drammaticamente soli a confrontarsi con l’elaborazione di un biennio unitario e con i propri limiti; e senza porsi il problema della civiltà di uno dei 7 paesi più industrializzati del mondo, che non riesce a mandare tutti i propri cittadini a scuola almeno per 10 anni. Ricordo quando - il giorno dopo le elezioni del 10-11 aprile del 2006 - un esponente dei Ds venne a rammentarmi che una gran parte del mondo della scuola aveva votato per il centro sinistra; e che quindi alla scuola il centro sinistra avrebbe dato grande spazio. Ricordo anche come il secondo punto del programma di governo dopo la crisi dello scorso anno riguardasse la scuola e la ricerca. Nel frattempo, al di là dei vari programmi e proclami, sbandierati come realizzazioni compiute - in realtà spot abilmente esibititi nei momenti nevralgici (inizio d’anno scolastico, recrudescenze varie di emergenza bullismo, Confindustria risentita con il pubblico impiego) - è passato un anno scolastico, e la cura del "cacciavite" fioroniano stenta a far sentire dentro le scuole i propri effetti; le parole d’ordine ci sono tutte, per soddisfare la voglia di normalità che aleggia in un Paese che sembra aver perso la bussola: serietà, severità, rigore, intransigenza. Un Paese che accetta il finanziamento (anticostituzionale) alle scuole paritarie di secondo grado senza battere ciglio, ma che si indigna se viene servito nelle mense scolastiche cibo estero per favorire l’integrazione dei bimbi extracomunitari .
La nuova Finanziaria - Licenziata dopo il minuetto a cui ormai siamo rassegnati - conferma un’impressione alla quale ci siamo ormai dovuti piegare: la parte più penalizzata del Paese continua ad essere quella che più di ogni altra ha pagato le politiche del centro destra (il lavoro dipendente e il Welfare). Innanzitutto mancano le risorse per il secondo biennio economico dei contratti; manca, cioè, una visione del futuro della conoscenza. Anno dopo anno, Governo dopo Governo, la Finanziaria non sceglie di investire sulla conoscenza: un diritto, a detta di tutti, destinato a rimanere senza risposte. I provvedimenti che riguardano la scuola sono diversi e un’analisi puntuale ne rileverebbe alcuni aspetti positivi: è prevista una detrazione fino a max 500 euro per l’autoaggiornamento dei docenti (fino al 19% delle spese documentate): non è una cifra da capogiro, ma la speranza di un timido inizio del riconoscimento di una voce qualificante per la professionalità degli insegnanti. Viene prevista una voce aggiuntiva pari a 20 milioni di euro da destinare ad interventi di adeguamento strutturale e antisismico degli edifici scolastici: una somma modesta, che si va però ad integrare con l’analoga stanziata nella passata Finanziaria.
Gli elementi di criticità sono gravemente concentrati sulla questione degli insegnanti. Si badi bene: non si parte qui da una seppur doverosa difesa dei posti di lavoro fine a se stessa; ma dalla convinzione che il livello della nostra scuola dipenda fortemente dal rapporto insegnante allievi per classe, già fortemente intaccato nella scorsa Finanziaria e sollecitato dalle esternazioni di chi parla di alunni come di filiali bancarie (Padoa Schioppa, Draghi, Montezemolo), Quaderno Bianco compreso. Gli art. 2 comma 411 e 412 (riduzione del personale della scuola e clausola di salvaguardia) fanno sì che - attraverso l’eliminazione della clausola di salvaguardia prevista dalla Finanziaria 2007 - i tagli vengano diluiti (solo per i docenti oltre i 20.000 euro) entro il 2010. Si interviene in modo perentorio soprattutto sulle scuole secondarie superiori, in cui il provvedimento non garantisce più né la costituzione né la prosecuzione dei diversi indirizzi, corsi di studio e sperimentazioni. L’organico di diritto (quello prevedibile a marzo, dopo la conta delle iscrizioni) non potrà essere modificato dal dirigente scolastico a settembre (organico di fatto) qualora il numero degli iscritti dovesse aumentare, se non previa autorizzazione del Direttore Regionale. Ne conseguirebbero - considerata la proverbiale snellezza dei tempi dell’amministrazione - classi che sforerebbero i numeri consentiti, certamente nelle zone più popolose, là dove c’è più necessità di mediazione culturale e relazionale. L’ennesima riconversione del personale soprannumerario viene illustrata come esodo verso posti di sostegno; la cui ridefinizione dell’organico viene considerata nell’art. 2 (commi 413 e 414). Poiché non tutti i casi in situazione di handicap sono stati definiti con diagnosi opportune in tempo utile per la formazione delle classi, si potrebbe verificare una situazione di esubero che si concretizzerebbe in corso d’anno scolastico utilizzando personale (di cui sopra) non necessariamente provvisto dei titoli necessari.
Reclutamento dei docenti- La questione è delicata, perché rappresenta un argomento che potrà determinare molte conseguenze per il futuro della scuola pubblica italiana. Per tutelare il precariato esistente l’emendamento accolto da tutta la maggioranza ha sospeso il decreto della Moratti sul reclutamento (Dlgs 227/05). Vengono re-istituiti concorsi a scadenza biennale (pubblici e costituzionali); al ministro in carica viene attribuito per regolamento il compito di definire i prerequisiti di accesso. Ed è qui il primo elemento critico: l’università abiliterà o no, come è stato negli ultimi anni? La risposta di Fioroni è stata secca: l’università fornisce un titolo, il concorso abilita; e non si può non essere d’accordo, se non attribuendo agli atenei (che già dalla formazione dei docenti hanno avuto moltissimo da guadagnare) un ruolo improprio. La partita della formazione iniziale è critica, soprattutto a livello politico: poche sono oggi le professioni che possono essere esercitate con solo 3 anni di università (si pensi a un avvocato). I 5 anni di università e la scuola di specializzazione lascerebbero ad atenei e a scuole (come luogo della ricerca applicata che dialoga con l’università) le loro rispettive prerogative, garantendo una formazione di alto profilo non residuale e di conclamata autorevolezza: che veda sia nell’alta dignità culturale che nella relazione e nella cura educativa due elementi inalienabili della formazione professionale.