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Unità: Fioroni al cardinale Scola: «La scuola è di tutti»

Per il patriarca di Venezia «quella di Stato è superata, se ne occupi la società civile» Bertinotti: «Deve essere unitaria per comprendere tutte le componenti del Paese»

17/07/2006
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l'Unità

di Anna Tarquini / Roma

«BASTA con la scuola di Stato. Lo Stato si faccia da parte e lasci a noi, ma non solo a noi, la gestione dei contenuti». L’attacco all’istruzione pubblica arriva sulle pagine del Corriere della Sera dal cardinale Angelo Scola ed è subito respinto dal presidente della Ca-

mera Bertinotti: «La scuola unitaria non si tocca».

La chiave usata dal cardinale Scola per aprire il dibattito è quella di un Paese che diventa sempre più multietnico. Spiega il cardinale: «In un sistema meticcio come il nostro, il sistema unico limita il tasso di libertà. Bisogna iniziare un dialogo sulla libertà di educazione». E dice ancora: «Allo Stato dovrebbe rimanere il compito di garantire le condizioni oggettive di rispetto della Costituzione, che la scuola sia aperta a tutti, gratuita e di qualità». Lo Stato «deve passare dalla gestione al puro governo del sistema scolastico-universitario», «deve rinunciare in linea di massima a farsi attore propositivo diretto di progetti scolastici e universitari per lasciare questo compito - sostiene Scola - alla società civile».

Quindi via agli istituti cattolici, si a quelli gestiti da soli islamici, al controllo totale di contenuti e forme. Ma Bertinotti replica. «Penso che la scuola in una società che diventa sempre più meticcia, multiculturale e multireligiosa, abbia il dovere di essere unitaria e cioè di essere pubblica per comprendere tutti. È una discussione molto impegnativa come è impegnativa l'intervista di un ecclesiaste così autorevole come l'arcivescovo di Venezia. Io la penso molto diversamente da lui».

Sul tema, naturalmente, la politica è divisa. Il ministro dell’Istruzione Fioroni frena: «La scuola italiana è di tutti e per tutti. Tuttavia il Patriarca di Venezia tocca temi che meritano riflessione e approfondimento. Come ministro della Pubblica Istruzione - ha aggiunto - farò questa riflessione nell'interesse della scuola italiana, che è la scuola di tutti e per tutti». Forza Italia ha invece applaudito l'intervento auspicando «un dibattito serio e pacato sullo stato dell'educazione nel nostro Paese, soprattutto alla luce - attacca il rappresentante dei giovani Francesco Pasquali - della direzione intrapresa dal ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni, che oltre ad aver inserito la dizione pubblica istruzione ha mortificato l'autonomia scolastica». E Volonté, Udc: «Il cardinale Scola propone una riflessione laica e stimola - dice - ad atteggiamenti virtuosi. La libertà di educazione deve essere effettiva anche in Italia, come in Francia ed altri paesi occidentali».

Margherita e Rifondazione accusano. Per primo Franco Monaco: «Rispettosamente dissento dalle conclusioni del cardinale Scola, che pure muove da presupposti condivisibili: l'esigenza di una scuola espressione della società , meno centralistica e burocratica, e un' idea positiva della laicità intesa non come agnosticismo ma come attitudine al confronto». Ma, sostiene l'esponente della Margherita, «In concreto, una scuola di tutti e per tutti, che sia fucina di dialogo dentro la società multiculturale e multireligiosa, semmai si avvantaggia della centralità della scuola pubblica. Se lo Stato si ritirasse, ne sortirebbe un sistema tutto imperniato su scuole di tendenza, orientate in senso ideologico o religioso, che sancirebbe la separatezza delle culture. L'opposto di ciò di cui abbiamo bisogno e cioè di fattori di dialogo e di integrazione».

Secondo Mancuso dell’Arcigay la richiesta del Cardinale Scola è solo un modo «di mettere le mani sulla scuola pubblica». «Per fortuna che c'è la Costituzione - dice - e, che questa minoranza aggressiva contraria al pluralismo e alle libertà individuali, non potrà agevolmente portare avanti i suoi propositi di annettersi la formazione delle nuove generazioni». E aggiunge: «A parte l'enorme business di cui sarebbe la capofila indiscussa, la chiesa italiana punta alla formazione delle coscienze, terreno strategico individuato per fermare la secolarizzazione e per indirizzare una finta laicità delle istituzioni, tutta tesa a riconoscere i dettami del cattolicesimo come preminenti rispetto al pluralismo e alla multiculturalità. D'altronde Scola è chiaro: bisogna avere stima della verità (cattolica), la politica deve essere meno partigiana (ovvero essere neutralizzato il confronto democratico) e devono primeggiare la bellezza, la bontà e il pudore». Replica anche Roberto Villetti dello Sdi: «Con la ricetta di Scola ci sarebbe solo meno libertà per tutti».