Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità-I bocconi amari della signora Letizia

Unità-I bocconi amari della signora Letizia

I bocconi amari della signora Letizia Luana Benini ROMA Fino all'ultimo Letizia Moratti ha negato l'evidenza di quelle cifre, nero su bianco, nell'emendamento alla finanziaria. Un taglio d...

27/11/2004
Decrease text size Increase text size
l'Unità

I bocconi amari della signora Letizia

Luana Benini

ROMA Fino all'ultimo Letizia Moratti ha negato l'evidenza di quelle cifre, nero su bianco, nell'emendamento alla finanziaria. Un taglio del 2% del personale docente e non docente in due anni (14mila posti di lavoro falciati che corrispondono a un recupero di 500milioni di euro necessari al governo per il taglio "epocale" delle tasse). Che va ad aggiungersi al taglio di 7100 docenti di inglese previsto dall'art.18 della finanziaria. E ai 600 milioni di euro aggiuntivi per l'università che sono spariti di un colpo. Con surreale intempestività ha definito "inaccettabili" quei tagli. "Non se ne parla, è solo una ipotesi". Ma non l'avevano informata? Va bene che era a Tokyo. Una figuraccia difficile da digerire. Mentre il mondo della scuola, così bastonato, si ribellava per quella che il segretario generale Filc-Cgil Enrico Panini definisce "una vera e propria dichiarazione di guerra contro la scuola pubblica e contro la cultura nel nostro paese".
Ieri Letizia Moratti ha sfogato la sua arrabbiatura con tutti coloro che le capitavano a tiro. Fuori tempo massimo, però. Prima che iniziasse il Consiglio dei ministri è toccato all'impeccabile Gianni Letta di incontrarla per ridurla a miti consigli. Niente da fare. Allora è stata la volta di Berlusconi che l'ha ricevuta insieme a Siniscalco. La Moratti, insomma, ha puntato davvero i piedi, per la prima volta.
Letizia Brichetto Annaboldi Moratti. Soave e sorridente, come siamo abituati a vederla in tv. Grintosa come dimostra la sua biografia di imprenditrice, prima donna ai vertici della Banca Commerciale, ex presidente della Rai, ex presidente del braccio europeo delle attività di Rupert Murdoch. Pronta a dimettersi, quando le cose non andavano per il verso giusto, o c'erano divergenze di vedute (come con i Dg Rai Gianni Billia e Raffaele Micucci, o con lo stesso Murdoch). Nel governo Berlusconi, invece, di rospi ne ha dovuti ingoiare parecchi. Ma è sempre rimasta al suo posto, a coprire, sorridere rassicurante. Sempre sul filo di un rapporto cavalleresco-paternalistico con il padrone di casa e di un rapporto algido-autoritario con Giulio Tremonti, contrario fin dall'inizio alla sua riforma della scuola e poco intenzionato a sborsare quattrini per attuarla. La sua elegante levità non le ha mai risparmiato la poca considerazione che la maggioranza parlamentare e l'esecutivo le hanno sempre riservato. In Parlamento la riforma Moratti venne approvata a fatica (distrazione e banchi vuoti nel centro destra, maggioranza latitante e continui rinvii per assenza del numero legale). Mentre lei dietro le quinte si infuriava e minacciava dimissioni. Poi ci fu il gran giorno delle celebrazioni. Con il premier, accanto a lei, a presentare al paese il grande evento: "Dalla riforma Gentile alla riforma della gentile signora Moratti". Chissà, se tornata a casa fece davvero "le frittelle" come auspicava l'ilare Berlusconi in vena di barzellette. Incline, il premier, a coltivare l'immagine di una ministra della scuola in veste di amabile casalinga, come si addice a chi si dedica a famiglie e bambini, ma soprattutto a mietere consensi nel mondo della scuola dopo un anno passato ad approvare le varie Cirami. Era il marzo del 2003. La legge Moratti era solo una delega in bianco, vincolata da pesanti restrizioni di bilancio. La ministra usava tutte le tribune mediatiche per giurare che le risorse ci sarebbero state. "Faremo i decreti delegati per l'attuazione della riforma e poi un piano programmatico per sostenerla". Sempre smentita dai fatti. Entro il luglio 2003 il Consiglio dei ministri avrebbe dovuto approvare il piano pluriennale di finanziamento della riforma. La scadenza, in realtà, passò sotto silenzio. E con la finanziaria del 2004 per l'istruzione italiana si annunciavano invece pesanti tagli. A settembre, mentre uno spot berlusconiano passava e ripassava promettendo con enfasi "otto miliardi di euro" per l'attuazione della riforma, la ministra faceva le poste a Tremonti: le sarebbero bastati 5 miliardi di euro, diceva. Ma ben presto si sarebbe vista concedere molto meno di un quinto: 680 milioni. Tagli, dunque. Con centinaia di miliardi che non arrivavano più alle scuole. L'esecutivo sembrava essersi dimenticato delle finalità della riforma. "La scuola cresce con te", recitava un altro spot. E invece niente piano finanziario, decreti attuativi, risorse, solo il taglio di 12mila insegnanti. L'emergenza precari veniva snobbata dai consigli dei ministri, mentre La Moratti e Tremonti firmavano insieme il decreto interministeriale che stanziava 90 milioni di euro per le scuole private nell'arco di tre anni come parziale rimborso delle spese sostenute per l'iscrizione al primo anno di uno degli oltre 14mila istituti paritari. "Le fanno fare il ministro - dicevano le male lingue - ma dietro, il governo e Tremonti, prendono le decisioni per lei". Sempre compassata in pubblico a coprire con i sorrisi tutti i contrasti. Con Tremonti? "Non ci sono problemi, il ministro fa il suo giusto lavoro di composizione di interessi diversi". Strada facendo i decreti si sono impantanati. Recentemente è stato allungato di sei mesi il tempo per vararli. L'unico varato, lo scorso gennaio, era corredato da una relazione tecnica nella quale si spiegava che di soldi non c'era bisogno. E fu sontro feroce con l'Anci e in commissione bilancio di Montecitorio.
Il 15 novembre scorso quando lo sciopero della scuola ha registrato l'adesione più alta degli ultimi vent'anni, la Moratti ha alzato i toni, quasi a marcare una distanza dal governo. Tutto virtuale, dicono le malelingue. Così come virtuale potrebbe essere stata anche la sua arrabbiatura di ieri. Lei si è prestata a tutti i giochi berlusconiani. Quando Tremonti l'estate scorsa schiodò finalmente dalla sua poltrona ministeriale lei accarezzò per un attimo l'idea di ricoprirla al posto di Siniscalco. Ora qualcuno pensa che Berlusconi potrebbe cedere la sua poltrona di ministro della Pubblica istruzione allo scalpitante senatore udiccino D'Onofrio per comprarsi il consenso centrista sull'abolizione della par condicio televisiva. Anche per questo lei si è stancata di mostrare la sua faccia buona.