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Unità-i conti vanno male. Ma Fazio punta sulla solita ricetta: colpire le pensioni

i conti vanno male. Ma Fazio punta sulla solita ricetta: colpire le pensioni di Bianca Di Giovanni Il miracolo è rinviato. Quel boom che il governatore della Banca d'Italia aveva evocato l'anno ...

01/06/2002
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l'Unità

i conti vanno male. Ma Fazio punta sulla solita ricetta: colpire le pensioni
di Bianca Di Giovanni

Il miracolo è rinviato. Quel boom che il governatore della Banca d'Italia aveva evocato l'anno scorso non compare nelle "considerazioni finali" di quest'anno. Si è disintegrato non solo a causa dell'11 settembre. La competitività del Paese non tiene il passo, i conti pubblici non reggono, le famiglie non credono più tanto alle alchimie finanziarie (e alle promesse) con una Borsa in affanno, riducendo pericolosamente i consumi. Questa l'analisi - "cauta" - del governatore, che si esercita in una grande prova retorica per raggiungere un obiettivo carico di contraddizione: promuovere un governo amico che non ha fatto nulla per meritarsi i buoni voti. Con tutta la buona volontà, qualcosa comunque sfugge: senza incertezze la bocciatura sulla riforma delle Fondazioni bancarie, negativo il giudizio sulla delega previdenziale , che rischia di ampliare lo squilibrio tra somme da erogare e contributi da "incassare".

Quanto alla "cura" delineata da Fazio, non fa sconti ai cittadini: lavoro più flessibile (sui difficili rapporti tra impresa e lavoro arriva a usare il lessico greco della tradizione cristiana antica, chiedendo una "metànoia" una revisione profonda, un pentimento che porta alla salvezza), meno tasse ma anche meno servizi pubblici (per la sanità ipotizza gestioni eventualmente affidate ai privati), riforma delle pensioni.

Ma l'imperativo è salvare il governo ("Non ho sentito il 'severo monito' del governatore" commenta l'ex premier Giuliano Amato). Così, via alle formule ambigue che sui conti pubblici raggiungono il massimo di "rarefazione". "È necessario intraprendere, nell'anno, una correzione strutturale dei conti pubblici", dichiara il governatore ricordando gli impegni con Bruxelles. Come dire: ci vorrebbe una manovra correttiva, visto l'andamento della spesa pubblica, ma non si può dire esplicitamente, meglio parlare di modifiche strutturali. Tant'è che sul tema è intervenuta una nota di Palazzo Chigi, per fugare dubbi sull'imminenza di una manovra. "Il governo sta da tempo e per suo conto lavorando a un Dpef strutturale - si legge - che prefigura una finanziaria mirata a rigore e sviluppo, nel lineare rispetto del suo programma".

Il bilancio dello Stato è un "nodo cruciale - secondo il governatore - da sciogliere per una politica orientata allo sviluppo". In particolare l'abbassamento del rapporto tra la spesa pubblica corrente e il prodotto interno lordo è la "condizione per rendere credibile la riforma fiscale: da essa discenderanno benefici per le famiglie e per le imprese". In sostanza Fazio avverte Silvio Berlusconi: quella promessa di meno tasse per tutti avvierà la ripresa solo se i cittadini sapranno che la nuova ricchezza si fonda su basi solide e sane, senza squilibri all'orizzonte (altroché il "buco" dell'Ulivo, di cui non c'è accenno nelle Relazioni).

Altro abile gioco di parole: "Occorre aprire al più presto i cantieri. Lavori nel secondo semestre per un ammontare di 5 miliardi di euro possono risollevare la crescita del 2002 nettamente al di sopra dell'1,5%". L'ipotesi è tutta teorica - le opere dovrebbero partire in 30 giorni e subito portare ricchezza - ma è un esempio utile a non dire quello che tutti hanno dichiarato finora (dall'Fmi alla stessa Bankitalia): Giulio Tremonti sbaglia a prefigurare una crescita del 2,3%. Stando ai numeri si naviga almeno un punto sotto. Anche qui una bocciatura tra le righe, tanto che Tremonti non è andato oltre un gelido "no comment" a margine delle Relazioni.
Quello delle infrastrutture è comunque un "miracolo in tono minore", la chiave di volta per cogliere quella ripresa che tarda a farsi sentire. per questo il governatore chiede senza mezzi termini "l'attivazione della legge-obiettivo".

Numerosi e abbastanza espliciti i riferimenti al lavoro, che ricalcano a grandi linee le richieste venute una settimana fa da Confindustria. "È necessario muovere verso un nuovo statuto del lavoro - affferma Fazio - che tuteli i diritti di tutti i prestatori d'opera, ma adegui la flessibilità e i costi alla nuova realtà produttiva e all'utilizzo delle nuove tecnologie".

Ma Fazio va anche oltre, ed ammette che la soglia tra piccoli e grandi si colloca a 10 dipendenti. "Il 95% delle nostre imprese ha meno di 10 addetti". Ne dovrebbe discendere che la modifica allo Statuto dei lavoratori sposta poco. Invece la modifica viene richiesta a gran voce, per sconfiggere quel nanismo che fino a ieri era decantato (piccolo è bello, flessibile e dinamico), mentre oggi diventa un freno alla crescita del Paese. "Nelle piccole imprese il controllo familiare può risultare di ostacolo alla successiva espansione dell'attività, per carenza di capitali e di risorse manageriali".

Un (tardivo) riconoscimento all'Ulivo arriva nel capitolo dedicato all'occupazione, in cui si sostiene che "gli sgravi introdotti con la legge finanziaria per il 2001 relativi a nuovi assunti a tempo indeterminato riducono fino al 2003 il costo del lavoro del 15% al centro-nord e del 30% nel Mezzogiorno".

Breve, troppo breve il passaggio sul sistema bancario. Il microcosmo su cui Fazio esercita la vigilanza esce miracolosamente indenne dall'analisi del governatore. Palazzo koch si limita a dire che le aggregazioni finora avvenute sono state consentite evitando "la formazione di posizioni dominanti nel mercato nazionale e in quelli locali". Poi si invitano gli istituti medio-piccoli (in particolare le popolari) ad impegnarsi nella razionalizzazione del sistema. Quanto ai servizi finanziari, sono in crisi per le difficoltà dei mercati. Il credito alle imprese "è in linea con i principali Paesi dell'euro. Meno sviluppato risulta il credito alle famiglie". Stop. Insomma, il Paese fa acqua da tutte le parti, e le banche? Il Sud stenta ad allinearli al nord, e le banche? Le aziende hanno difficoltà a raggiungere dimensioni medio-grandi, e le banche? Le famiglie non consumano, e le banche? Semplice: le banche non c'entrano.