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Unità-I dati Istat riconfermano il disastro del governo: economia ferma, debito pubblico record

09.2002 I dati Istat riconfermano il disastro del governo: economia ferma, debito pubblico record di Bianca Di Giovanni Raffica di record negativi per i conti pubblici. Il debito della pubblica ...

11/09/2002
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l'Unità

09.2002
I dati Istat riconfermano il disastro del governo: economia ferma, debito pubblico record
di Bianca Di Giovanni

Raffica di record negativi per i conti pubblici. Il debito della pubblica amministrazione tocca a giugno la quota mai raggiunta prima di oltre 1.386 miliardi di euro, riferisce la Banca d'Italia. Il Nens (nuova economia nuova società), l'istituto di ricerca fondato da Vincenzo Visco e Pier Luigi Bersani, segnala un altro primato: in un anno e mezzo si è spazzato via il faticoso risanamento realizzato nella passata legislatura. Il deficit vero (non quello scritto sul Dpef) è pericolosamente vicino al 3% del pil (il limite invalicabile per Maastricht) e per rispettare gli impegni con l'Europa occorrerebbe una manovra di circa 38 miliardi di euro (quasi il doppio dei 20 annunciati dal governo). "Mi sembra una cifra un po' elevata - replica il sottosegretario all'Economia Daniele Molgora - Ma è ancora presto per fare numeri, la situazione è fluida". Quando vorranno darli, se la Finanziaria è da varare entro il 30 settembre? Sullo sfondo c'è un'economia ferma: l'Istat certifica lo 0,2% di crescita nel secondo trimestre di quest'anno sia rispetto ai tre mesi precedenti, sia rispetto all'anno scorso. Rispetto al 2001 i consumi non si spostano neanche di un centesimo, l'industria cala dello 0,8%, mentre soltanto il settore dei servizi registra una crescita sul trimestre e sull'anno precedente. Attese per oggi le previsioni del centro studi di Confindustria.
Così, in poche ore si demolisce la favola raccontata a Bari da Silvio Berlusconi e si torna alla realtà. Lapidario il commento del segretario Cgil Sergio Cofferati: "Il dato Istat dimostra che le ipotesi del governo (Pil all'1,3%) sono del tutto inattendibili e le politiche economiche adottate del tutto fallimentari". L'opposizione, dal canto suo, ha già presentato una mozione alla Camera (sarà discussa il 18 settembre) in cui chiede una nota integrativa al Dpef che dia i numeri reali, di modificare il tasso d'inflazione programmata, di evitare misure una tantum, di riprendere i processi di liberalizzazione e di ridurre lo stock di debito (il testo è consultabile sul sito www.deputatids.it). Di contro il governo prosegue in un cammino a dir poco contraddittorie: emana il decreto "taglia-spese" (seminando incertezza sugli interventi futuri), poi abolisce una misura coperta come il credito d'imposta (seminando sconcerto tra gli industriali del Sud) mentra resta in piedi la Tremonti-bis, legge che non ha mai avuto copertura. Strano senso del rigore.
"È un film che abbiamo già visto negli anni '#8216;80, quando si allargava il deficit in attesa di una ripresa che non arrivava mai". È il commento di Visco agli andamenti della finanza pubblica presentando l'ultimo rapporto del Nens (consultabile sul sito www.nens.it). Il documento smentisce nettamente i dati forniti dal governo nel Dpef. a cominciare dal livello di indebitamento "prossimo al 2,6% del Pil (contro l'1,1%). In valore assoluto - hanno spiegato Visco e Bersani - rispetto ad un livello di indebitamento netto indicato nel Dpef a 14 miliardi e mezzo di euro, l' indebitamento realisticamente prevedibile si attesterà nel 2002 a circa 32 miliardi". Per di più, se si escludono i provvedimenti una tantum si può verificare che il disavanzo tendenziale superi il 3%. Molto Secondo i calcoli del nens la crescita nell'anno non supererà lo 0,6%, meno della metà delle stime presentate da Tremonti. I dati presentati da Visco e Bersani considerano i provvedimenti presi dal governo come riusciti al 70%. Per quanto riguarda il 2003, se davvero si vorrà centrare lo 0,8% di deficit, occorrerà mettere in campo una manovra da 38 miliardi di euro. Fermandosi ai 20 miliardi annunciati il deficit sarà del 2,2%. "il dato più allarmante della nostra analisi - hanno spiegato Visco e Bersani - è che con ogni probabilità il rapporto debito-Pil, condotto in costante discesa dal 1995 in poi, nel 2002 con ogni probabilità interromperà la sua traiettoria discendente rimanendo inchiodato all'attuale 110%, per di più con il rischio reale di un aumento".
Per questo "i riflettori dell'Ue sull'Italia saranno sempre più forti", avverte Bersani (e l'intervento di prodi la dice lunga a questo proposito). Due, secondo Visco, i "peccati originali" che hanno portato alla "situazione disastrosa" dei conti pubblici: una sovrastima della crescita che si è rivelata un bluff e l'aver prodotto una serie di leggi senza copertura di spesa. E dopo l'emanazione del decreto taglia-spese non c'è da aspettarsi cose migliori. "Prevedo più annunci miracolistici e più promesse - dichiara Bersani - Perché tanto poi sarà il ragioniere dello Stato a fermare le leggi". Con buona pace del Parlamento, della Costituzione e dei conti pubblici.