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Unità-I diritti non sono un mercato

Carlo PoddaPaolo Beni Oggi tornano in piazza a Roma, e nelle altre capitali europee, i sindacati, le associazioni, i movimenti che diedero vita alla grande manifestazione europea contro la di...

15/10/2005
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l'Unità

Carlo PoddaPaolo Beni

Oggi tornano in piazza a Roma, e nelle altre capitali europee, i sindacati, le associazioni, i movimenti che diedero vita alla grande manifestazione europea contro la direttiva Bolkestein, per l'Europa sociale e dei diritti, lo scorso 19 marzo a Bruxelles.
Il proposito della direttiva, che è quello di aprire alla libera concorrenza del mercato europeo anche l'erogazione dei servizi negli stati membri, costituisce il punto più alto dell'aggressione neo liberista al modello sociale europeo.
Se la direttiva venisse approvata, anche servizi pubblici come la salute, l'istruzione, la cultura, l'acqua potrebbero soggiacere alle regole del mercato dando luogo ad una imponente privatizzazione su scala continentale. Il primo effetto sarebbe inevitabilmente l'abolizione dell'universalità di questi fondamentali diritti dei cittadini.
L'adozione del "principio del Paese d'origine", in base al quale alle lavoratrici e lavoratori del settore si applicherebbero le norme contrattuali e legislative del paese da cui proviene la ditta erogatrice del servizio, eleverebbe a regola della concorrenza il dumping sociale, determinando, allo stesso tempo, la riduzione dei diritti dei lavoratori coinvolti, la negazione di un pilastro della civiltà giuridica quale il principio del trattamento di miglior favore. Ovvia la conseguenza, che sarebbe l'indebolimento delle tutele collettive per l'intero mondo del lavoro, con riflessi pesantemente negativi sulla qualità dei servizi.
Nonostante la propaganda liberista cerchi di enfatizzare i presunti effetti benefici che la direttiva produrrebbe per l'economia, sono questi i veri obiettivi che si intendono realizzare. Ne è prova il fatto che solo pochi giorni fa gli europarlamentari popolari, liberali e della destra hanno proposto alla commissione del Parlamento europeo, incaricata dell'esame del testo, emendamenti volti ad imporre in via generalizzata il principio del Paese d'origine e ad impedire ogni limitazione al campo di applicazione della direttiva.
Noi crediamo che tutto questo aumenti la distanza tra l'Europa e i suoi cittadini. È la paura di un'Europa fondata su disuguaglianze crescenti che ha inflitto al trattato per la Costituzione europea la sconfitta dei referendum in Francia e in Olanda e che ha aggravato la crisi delle istituzioni europee. È l'idea che l'Europa allargata possa reggere la sfida della globalizzazione solo cancellando protezioni sociali e diritti che non è tollerabile per i suoi cittadini, i quali al contrario si aspettano un processo di unificazione che innalzi i diritti di tutti.
Né si può ignorare quanto la spinta competitiva del mercato tra gli stati dell'Unione alimenti quei sentimenti xenofobi e razzisti che le destre nazionaliste hanno esaltato nella campagna referendaria sia in Francia sia in Olanda, ma che sono largamente presenti anche tra le forze antieuropee di casa nostra.
Il rilancio dell'Europa può realizzarsi solo riproponendo un'idea solidale ed inclusiva della sua società, nella quale il benessere dei cittadini è fattore di crescita tanto dei diritti quanto di uno sviluppo sostenibile. La direttiva Bolkestein impedisce questa prospettiva.
La costruzione politica dell'Europa deve fondarsi invece su una strategia dei diritti sociali e di cittadinanza che impegni gli stati membri ad una progressiva armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia, come pure il Trattato costituzionale europeo prevede. Occorre riconoscere che non è la logica del mercato, bensì una nuova cultura della dimensione pubblica a poter garantire senza discriminazioni di censo salute, istruzione, cultura, sicurezza, accesso all'acqua per tutti. Servirebbe un dibattito serio, spogliato dai vizi ideologici prevalenti, per orientare una normativa europea e nazionale su cosa si intende per beni comuni, per definire ciò che deve rimanere di esclusiva competenza della mano pubblica, a garanzia dell'universalità dei diritti e del benessere dei singoli e della collettività, e ciò che invece può essere gestito col concorso di altri soggetti.
Per questo consideriamo una provocazione inaccettabile la proposta del ministro La Malfa perché l'Italia anticipi unilateralmente l'adozione della direttiva. Quali rischi correrebbero i cittadini italiani l'hanno ben compreso molti amministratori locali che, già ricattati oggi dalla legge finanziaria di Berlusconi, domani con la Bolkestein perderebbero ogni autorità sulla politica dei servizi. Non a caso saranno in tanti sabato prossimo a manifestare con noi.
È un fronte che sta crescendo e che può davvero arginare la deriva liberista dell'Europa, come ci dimostra il rinvio della discussione in aula della direttiva Bolkestein, arenatasi in Commissione Mercato Interno sotto una valanga di emendamenti. È un fronte che aspetta segnali e scelte concrete per un'alternativa praticabile anche dal programma di governo del centro sinistra.

Carlo Podda è segretario generale Funzione Pubblica Cgil
Paolo Beni è presidente nazionale Arci