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Unità: «I jeans sotto le mutande? Il cellulare tecnologico? Ai miei figli dico “No”»

Silvia Tortora, giornalista, figlia di Enzo, sposata con Philippe Leroy, racconta la lotta dei genitori «con ragazzi che parlano solo del Grande Fratello e non hanno in testa nulla...»

19/02/2007
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l'Unità

di Maristella Iervasi / Roma

Genitori: nè servi nè zerbini. Amorevoli ma decisi, nello spiegare al bambino che diventa adolescente le cose giuste da fare e i passi «proibiti» da evitare. Nel rispetto dell’altro e tenendo presente, sempre, l’autorevolezza dell’adulto, in casa come a scuola. Silvia Tortora, giornalista e figlia di Enzo, e Philippe Leroy, il celebre «Yanez» in Sandokan, hanno due figli: Filippo, di quasi 15 anni, e Michelle di 11, che frequenta la quinta elementare. Anche loro sono alle prese con le «tempeste» di un’età che oggi appare “difficile” come non mai. Messaggini e telefonini con videocamera a tutte le ore, piercing dappertutto e pantaloni calati fino al pube. Ma mamma Silvia e papà «Yanez» non si lasciano tanto facilmente sopraffare. «Viviamo in quartiere periferico di Roma - premette Silvia Tortora -. Dove non c’è una biblioteca, un cinema o una ludoteca. I ragazzi ciondalano sui “muretti” e i furti e le minacce sono all’ordine del giorno». Filippo tutte le mattine prende il treno per arrivare in centro, al liceo «Mamiani». Quand’era più piccolo un compagno di scuola alla fermata dell’autobus gli puntò un coltello addosso per dimostrargli chi era il più forte. Di recente, invece, ha subito il furto del cellulare in classe. «Niente di stratosferico - precisa la sua mamma - con quel telefonino non poteva fare delle riprese nè scattare fotografie.... L’ho costretto ad affrontare quel che gli era accaduto senza farsi giustizia da sè. Per la storia della minaccia con il coltello ha parlato con la preside, per il furto è andato dai carabinieri, dove ha fatto una denuncia. E il militare l’ha salutato dicendogli: se in seguito ti viene in mente qualcos’altro, torna pure. Ricordati che noi siamo amici. È stato istruttivo per Filippo questo passo. Oggi, invece, molti ragazzi disprezzano le forze dell’ordine. Basta vedere quel che accade negli stadi di pallone...». Ma il cellullare? Ne avrà voluto uno più potente... «Se Filippo vuole un telefonino da 500 euro quando lavorerà, guadagnerà e se lo comprerà. Non è che perchè sono la sua mamma devo soddisfare ogni sua richiesta... E non sono neppure la sua serva. Vuole il motorino? Se lo può sognare, non sono d’accordo. Vuole un jeans griffato come quello dei suoi amici? Finchè non si schianta dentro quelli che ha, non gliene compro di nuovi. Figuriamoci poi per la macchinetta che si guida senza patente: fargliela a 16 anni è come mettere in mano ai ragazzi una pistola carica...».

Silvia Tortora non è un genitore accondiscendente. E lo ammette. «Avevo un padre che se non mangiavo a pranzo - racconta - mi faceva trovare le stesse cose a cena». E sul rapporto genitori-figli dice: «Sono spaventata da quello che vedo in giro, solo adulti accondiscendenti. Non siamo più capaci di educare i nostri figli. Li compriamo, per non sporcarci le mani, per non dover chiedere un domani scusa per loro. Siamo solo fruitori di beni: scarpette, piercing, playstation, il delirio delle macchine-scatola... Gli diamo di tutto e di più ma non sappiamo ascoltarli, discutere con loro di politica, leggere dei libri, guardare la televisione insieme, visitare un museo. Così ecco che i giovani sanno solo parlare del Grande fratello e non hanno in testa nulla. Io mi arrabbio quando vedo Filippo con i pantaloni sotto il sedere, ad esempio - conclude Silvia Tortora -. Mi arrabbio e glielo dico, rivendicando il mio ruolo di genitore. Cerco di spiegargli che essere unici e non omologati al gruppo può essere anche bello. Gli adulti devono tornare a fare gli adulti: i genitori nelle famiglie, gli educatori nelle scuole. Dobbiamo riprenderci il nostro ruolo. E smettiamola di dire dei nostri figli: “poverini”!. Poverini un c... ».