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Unità: I tecnobadanti di Cacace

E se provaste a studiare per diventare esperti di pioggia artificiale?

16/11/2007
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l'Unità

Bruno Ugolini

E se provaste a studiare per diventare esperti di pioggia artificiale? Non è una battuta. È un interrogativo tra gli altri che può nascere dalla lettura di un bel libro di Nicola Cacace, dedicato ad un’analisi del lavoro oggi in Italia, ma anche alle nuove possibili professioni del futuro. Un volume che interessa soprattutto quell’esercito di ragazze e ragazzi che ogni giorno si affaccia alle finestre del mercato del lavoro, alla ricerca di occasioni, se possibile adeguate alle proprie competenze professionali. E magari, affascinati dai miti della new economy, vorrebbero lavorare in Internet, nell’informatica. E invece trovano un affollamento di richieste per badanti oppure esperienze di lavoro-lampo, di precarietà in precarietà.
Il volume in questione reca, appunto, il titolo un po’ provocatorio L’informatico e la badante (edizioni Franco Angeli). Spiega il sottotitolo «Professioni che partecipano ai banchetti della globalizzazione e professioni che servono a tavola. Quello che i giovani devono sapere per affrontare il futuro». L’autore, Nicola Cacace, è un ingegnere ed un economista che ha vissuto diverse esperienze e ha indagato a lungo su questi temi, pubblicando saggi e libri.
Ed eccolo offrirci un viaggio nell’Italia di oggi. Un po’ per descrivere le difficoltà di una flessibilità senza sicurezza, un po’ per polemizzare con coloro che sostengono una superiorità del modello americano (con i suoi costi sociali) rispetto a quello europeo (carico di socialità). Tra questi cita due noti studiosi: Alberto Alesina e Francesco Gavazzi, oggi sulla cresta dell’onda, accusati di predicare una specie di ritorno al Medio evo prossimo venturo. Cacace, in sostanza, prende le distanze dal capitalismo selvaggio o turbo-capitalismo caro a Luttwak e ai suoi seguaci. Crede, invece, nel capitalismo regolato, nell’economia sociale di mercato, nel mercato motore di sviluppo ma non nel mercato padrone dello sviluppo. E smonta quell’equazione tanto di moda per cui saremmo di fronte, attraverso la frammentazione del lavoro, ad una poderosa crescita dell’occupazione. Nella realtà, spiega, la disoccupazione scompare ma riappare in nuove forme di sotto-occupazione. Può capitare, insomma, che un lavoratore a tempo pieno sia sostituito da due lavori a part time.
La sua non è una posizione contraria alla flessibilità. Ma vorrebbe che fosse intrapresa la “via scandinava” basata sulla flexsecurity, non sulla precarietà che trasferisce tutto il rischio d’impresa dall’imprenditore al lavoratore. Il lavoratore del 21 secolo, certo, dovrà cambiar lavoro, non solo il posto di lavoro, più volte nella vita e quindi dovrà aggiornarsi per non essere emarginato e privato delle sicurezze possibili.
L’ideale di Cacace è lo «Specialista flessibile», simile all’uomo rinascimentale. Ma quali saranno le professioni del futuro? Tutto parte dalla constatazione che molti lavori qualificati tradizionali sono eliminati da nuove tecnologie. È il caso di progettisti e disegnatori emarginati dal computer. Il rischio italiano è però quello di abolire i lavori monotoni della catena di montaggio, delle miniere, delle centraliniste ma senza dar luogo alla crescita parallela di lavori nuovi, creativi e interessanti. Eppure le due famiglie professionali che tireranno di più nel futuro, come dimostrano anche alcune previsioni redatte in America, saranno proprio i lavori creativi e i servizi alla persona, i badanti e gli informatici, per dirla col titolo del libro.
Eppure capita nel nostro Paese che spesso i giovani laureati debbano accontentarsi di lavori al di sotto delle proprie aspettative. Questo perché manca una produzione di qualità. I laureati, infatti, osserva Cacace, servono per costruire aerei, prodotti elettronici e prodotti hi-tech. Ne servono meno per fare auto, scarpe e mobili. Servono più laureati per fare merchant bank, più che per fare banche commerciali. E così oggi in Italia i “creativi” non sono più del 30 per cento dell’occupazione totale, mentre un altro 30 per cento sta nei servizi alle persone e in altri lavori non qualificati e riservati solitamente agli immigrati (due milioni di badanti straniere). Lo scopo del libro è però quello di dare un’iniezione di fiducia ai giovani. Ed ecco un’analisi delle possibili nuove professioni. Troviamo così accanto all’esperto di pioggia artificiale, di cui dicevamo all’inizio, l’esperto di baratto internazionale, il meccatronico (meccanico che applica tecniche elettroniche), il tecno-badante (assistente d’informatica al servizio di anziani), il risk manager, l’ispettore ambientale, l’eidomatico (creatore d’immagini mediante elaboratore). Sono solo alcuni esempi, ma il volume approfondisce le caratteristiche di professionalità emergenti, settore per settore: dall’informazione e formazione alla salute e servizi sociali, dall’ambiente all’agricoltura biologica, dal turismo alle telecomunicazioni e l’informatica, fino alla finanza e commercio. E viene da pensare che questa specie di vademecum possa rappresentare anche una risposta più alta ai tanti interrogativi che emergono anche in questi giorni, nell’affannoso dibattito sulla precarietà e sui modi per combatterla. Nel senso che si capisce meglio come non basti battersi per una «stabilizzazione» a tutti i costi, per raggiungere il fatidico contratto a tempo indeterminato a favore di tutti o quasi tutti. Perchè il problema consiste anche nel fatto che schiere e schiere di ragazze e ragazzi, magari oggi costretti ad aggrapparsi ad un telefono in un Callcenter, non agognano a rimanere in quella posizione per tutta un’esistenza. Magari lo pensano come un posto di passaggio e sognano che i loro studi, le loro competenze, acquisite con studi e sacrifici, possano trovare un diverso sbocco professionale, collegato ad una crescita economica di qualità. Questa sarebbe una vera «stabilizzazione». Il libro di Nicola Cacace può aiutarci a interpretare questo nuovo orizzonte.
https://ugolini.blogspot.com