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Unità-Il diritto a sapere comincia a zero anni

Il diritto a sapere comincia a zero anni ANNA SERAFINI Da oggi, in centinaia di banchetti, si può firmare in tutta Italia per la legge zerosei di iniziativa popolare, promossa dai Ds, c...

28/01/2005
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l'Unità

Il diritto a sapere comincia a zero anni

ANNA SERAFINI

Da oggi, in centinaia di banchetti, si può firmare in tutta Italia per la legge zerosei di iniziativa popolare, promossa dai Ds, che ha per titolo "Il diritto delle bambine e dei bambini all'educazione e all'istruzione dalla nascita ai sei anni". È una proposta elaborata, con un rapporto continuo per oltre tre anni e anche attraverso seminari ed iniziative in molte città, con la migliore tradizione associativa, pedagogica, e di governo locale, che nel nostro paese lavora per i diritti dell'infanzia. La scelta di depositare in Cassazione questo lavoro, attraverso lo strumento di legge di iniziativa popolare, trae origine da due considerazioni, che costituiscono le stesse premesse del testo.
La prima è che sul terreno della vita dei bambini, delle politiche pubbliche per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza il governo di centrodestra ha agito con una organica politica antiriformatrice. Su questo giornale si è seguito, ad esempio, l'attacco del governo ai tribunali minorili e la forte reazione del centrosinistra e di tante associazioni.
La proposta della destra sui nidi aziendali non ha minore impatto poichè, oltre ad essere profondamente ingiusta, non è in grado di porsi in sintonia con i temi emersi dai mutamenti economici, sociali e culturali di questi anni. Proporre come unico intervento il finanziamento dei nidi aziendali, come ha fatto il governo, è discriminatorio e, dietro l'apparente grancassa della modernità, si cela un progetto arretrato. Esso ignora, infatti, che il 95% del tessuto produttivo è composto da aziende con meno di 15 persone, che gran parte delle giovani coppie, l'uno o l'altro o entrambi, hanno lavori precari, che un'intera parte del paese, il mezzogiorno, è quasi del tutto priva di nidi e di grandi aziende. Ma non è solo questo. Il governo dietro il nido aziendale propone un'idea di nido come "camera di allattamento", nata con la costituzione dell'Omni negli anni '20 e che si è affermata a lungo anche nel dopoguerra. Non a caso, nel testo della destra, non è prevista nessuna specifica professionalità o formazione permanente degli operatori e si concepisce il servizio come servizio a domanda individuale. Le bambine e i bambini devono seguire i genitori in azienda e le finalità del nido sono prevalentemente di custodia: il suo status è socio-assistenziale. È questo che non ha convinto la Corte Costituzionale che, infatti, ha bocciato la proposta dei nidi aziendali del governo in quanto non attenta al valore educativo di essi. Uno schiaffo secco. Non poteva essere altrimenti.
La seconda considerazione costituisce il perno della nostra proposta che, opposto a quello del centrodestra, pone in relazione le finalità del nido sia ai diritti di cittadinanza dei bambini e delle bambine sia alla centralità del ruolo pubblico nel promuovere, coordinare l'insieme delle risorse pubbliche e private per la qualità educativa del sistema integrato dei servizi all'infanzia.
Il perno fa cambiare la natura del nido così come esso era concepito nella legge 1044. Mentre il governo arretra rispetto alla parte più avanzata di essa, noi facciamo un passo avanti. Con la nostra legge il nido da servizio sociale di interesse pubblico, che deve tale interesse al valore sociale della maternità, passa a servizio educativo di interesse pubblico, il cui valore sociale è dato dal diritto di ogni bambina e bambino a non essere escluso, a poter sviluppare la propria potenzialità e al diritto dei genitori ad essere sostenuti nella loro funzione educativa, nonché a conciliare funzione genitoriale e attività lavorativa. Da qui il valore strategico della professionalità degli operatori e il valore strategico del ruolo pubblico che, a partire dal rafforzamento ed estensione della qualità del nido e delle scuole dell'infanzia, non solo non ha paura dei servizi integrativi o sperimentali e del privato ma all'opposto inserisce ogni elemento in un quadro organico. In questo contesto allora nessun timore neanche del nido aziendale concepito come una possibilità per grandi aziende, ma aperto ai bambini del territorio e sottoposto al controllo di qualità da parte del pubblico. È solo questo asse, poi, che può far compiere un balzo in avanti al nostro Paese nell'estensione del numero dei nidi e nel loro essere luoghi non discriminatori.
L'Italia condivide con gli USA e l'Inghilterra il tasso di povertà minorile più alto nel mondo industrializzato, il suo tasso di istruzione e formazione è tra i più bassi. È il Paese che spende di meno per i bambini e le famiglie: solo il 3,6% rispetto ad una media Europea dell'8,3%. Anche i dati numerici dei nidi sono sconfortanti. La loro qualità educativa è ottima. Ma sono pochi, pochissimi; solo il 7,4% dei bambini italiani può frequentare il nido e in questa percentuale non rientrano i bambini con famiglie di reddito medio basso e quelli del sud. Siamo nell'epoca dell'economia della conoscenza. L'investimento sul capitale umano è decisivo per il destino degli individui e dei singoli paesi. Tutti gli studi ci dicono che quanto più i bambini, fin da piccolissimi, vivono in un contesto cognitivo e sociale adeguati quanto più saranno in grado di non abbandonare la scuola e di vincere le sfide nei gradi successivi dell'istruzione. È insopportabile che il nostro paese sia così indietro e sia così ingiusto.
Per la sinistra, per i Ds, per il centrosinistra, è importante sapere ed essere conseguenti sul fatto che le politiche contro le disuguaglianze sono fondamentali sia per rimuovere il peso dell'eredità sociale sul destino dei bambini sia per muoversi con decisione nell'economia della conoscenza. L'immobilità sociale, il "flusso costante" delle diseguaglianze di generazione in generazione sono non solo una porta sbattuta in faccia ad ogni bambina e bambino, dimostrano anche l'enorme cecità su ciò che muove davvero la forza e il futuro di un paese, la sua competitività non solo economica ma anche umana.
Il 2 giugno è la scadenza ultima per la raccolta delle firme. Siamo solo all'avvio della campagna, ci piacerebbe che tanti non solo firmassero ma potessero discutere delle implicazioni e dei valori della legge.

Anna Serafini è Responsabile della Consulta Ds
infanzia e adolescenza "Gianni Rodari"


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