Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità: Il falò delle Università

Unità: Il falò delle Università

.

21/07/2010
Decrease text size Increase text size
l'Unità

Giunio Luzzato - Università di Genova

Il governo strozza finanziariamente gli Atenei ma dice che forse si potrà dar loro qualche briciola in più se verrà approvata la legge, in discussione al Senato, che tarperà le ali ai baroni e perciò farà sì che le università spendano meglio. Ferm o restando che non ha senso uccidere il malato in attesa delle terapie, va contestata anche l’altra parte del discorso: non è affatto vero che la proposta colpisca i vizi reali del sistema universitario. La maggior parte delle critiche alla legge ha però un taglio diverso. Si protesta per le supposte violazioni all’autonomia, registrando un’ampia convergenza tra i conservatori accademici e quelle aree “progressiste” che difendono posizioni corporative: l’Università per essere pubblica dovrebbe essere l’unico ente gestito esclusivamente dai propri dipendenti. È l’alleanza che da mezzo secolo blocca qualunque tentativo di seria riforma universitaria. Sarebbe ora che si riconoscesse invece che molti mali derivano dal pessimo uso che dell’autonomia è stato fatto. La si è interpretata non come costruzione di organi di governo forti, capaci di fare scelte strategiche, ma come cogestione consociativa: le risorse (quando c’erano) sono state distribuite a pioggia perché nessuno doveva interferire con ciò che fa un collega. I docenti “virtuosi”, quelli che servono l’università con un lavoro spesso impegnatissimo, non sono riusciti a marcare una netta contrapposizione con chi dell’università invece si serve. Nel testo attuale, dicevo, la legge in esame non colpisce questi ultimi; anzi, modifica la normativa in senso lassista. Dal 1980 si distinguono professori a tempo pieno o a tempo definito; per i primi viene ampliato il ventaglio delle attività esterne ammissibili (il tempo diventa sempre meno pieno), per i secondi viene soppresso il divieto di assumere cariche accademiche. Dal 2005 l’obbligo tradizionale di 60ore di lezione all’anno era stato portato a 120 (all’anno, ripeto); è ben vero che i cavilli in cui i giuristi universitari eccellono hanno indotto alcuni Atenei a non applicare la regola, ma oggi essa verrebbe addirittura abrogata. Di ciò non si parla per nulla, mentre si vuole evitare che i compiti decisionali competano, come in qualsiasi ente, al consiglio di amministrazione (nel quale le deplorate presenze esterne sono già state ridotte a tre su undici componenti). Se da sinistra non si porrà al primo posto l’esigenza di una gestione diversa, che emargini chi fa i comodi propri, i conservatori e il ministro Gelmini vinceranno, anche perché l’opinione pubblica non si mobilita certo a favore dell’attuale sistema accademico.