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Unità: Il futuro del lavoro e della Cgil corre veloce sul blog

È possibile immaginare i prossimi cento anni per il mondo del lavoro

15/10/2007
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l'Unità

Bruno Ugolini

È possibile immaginare i prossimi cento anni per il mondo del lavoro. Lo hanno fatto - lo stanno facendo - un gruppo di giovani della Cgil. Hanno, infatti, deciso - forse ripensando alle recentissime celebrazioni dei trascorsi 100 anni di vita del loro sindacato - di dar vita ad un Blog che porta proprio questa testata «Immaginiamo i prossimi cento anni». Hanno preso vita così, all’indirizzo https://futurocgil.megablog.it/, una serie di dibattiti su temi destinati a incidere fortemente su quelle che saranno nel futuro le organizzazioni dei lavoratori in Italia e nel mondo. Ed ecco il forum sulla crisi della rappresentanza, sulla precarietà, sull’organizzazione del lavoro e la conoscenza, sulla democrazia e la partecipazione, sulle proprie esperienze di vita. Fino a toccare certo anche il presente, con le polemiche che hanno avvolto il referendum sul protocollo siglato con il governo e che tratta di giovani e anziani. Nella presentazione del Blog si legge come l’intenzione sia quella di aprire una discussione che coinvolga il maggior numero di giovani lavoratrici e lavoratori, nonché sindacalisti e sindacaliste sul futuro della Cgil. Con la convinzione che il rinnovamento debba passare attraverso la costruzione di una cultura sindacale delle nuove generazioni.
Un’iniziativa degna di un sindacato moderno che cerca di usare gli strumenti di Internet per un confronto d’idee positive. La scelta è nata - così si legge su Rassegna sindacale - da un incontro nazionale tra gli under 35 della Cgil e due segretari confederali: Carla Cantone e Paolo Nerozzi. Il Blog pubblica anche l’intervento di un giovane intervenuto a quella assemblea, Bernardo Marasco. Un discorso che parla di quello che una volta si chiamava il "rischio imprenditoriale" che oggi ricade tutto sulle spalle del precario. La stessa cosa fa la banca che non rischia insieme al precario e non gli concede un mutuo. È la denuncia di una società definita: «corporativa e gerontocratica». C’è già, però, chi ha interpretato tutto questo come una scesa in campo dei giovani della Cgil a fianco nientemeno che dell’economista Francesco Giavazzi, noto per essere schierato, con altri autorevoli docenti e collaboratori del Corriere della sera, nel tenace sforzo quotidiano d’impartire lezioni su quel che dovrebbe fare non solo il governo, ma anche la Cgil. Ad esempio in materia di contrattazione e di riforme, a cominciare da quella delle pensioni. È lo stesso Giavazzi che insieme ad Alberto Alesina ha spiegato ai dubbiosi, in un volume di successo, come il liberismo sia di sinistra. Un testo teso dimostrare, in definitiva, che quella che appare come una politica di destra sia in realtà finalizzata a proteggere i deboli, gli ultimi. Una teoria, del resto, non proprio nuovissima. Non è che Reagan e la Thatcher proclamassero ai quattro venti di voler colpire i deboli, anzi.
Fatto sta che, ad esempio, il quotidiano Europa, dopo aver preso visione del Blog sui futuri 100 anni della Cgil, ha annunciato, un po’ frettolosamente e un po’ scherzosamente, che «in Cgil gli under 35 parlano la lingua di Giavazzi». Una sottolineatura che ha provocato una replica della redazione del sito, intenta a negare tale singolare parentela. Hanno in tal modo precisato che quando affrontavano il problema drammatico della precarizzazione dei rapporti di lavoro non parlavano soltanto dell’incertezza dovuta alla discontinuità del reddito. Parlavano soprattutto «dei diritti e della dignità troppo spesso calpestata e dell’impossibilità di esprimere la propria professionalità con autonomia e libertà». Succede, infatti che «quando un lavoratore non ha i diritti sindacali e può subire continuamente il ricatto dell’interruzione del rapporto di lavoro, quando come nel lavoro a progetto tutte le condizioni contrattuali, dall’orario al compenso, vengono imposte dal datore e non si ha una prospettiva di formazione e crescita professionale dentro l’azienda, occorre chiedersi dove sia la libertà nell’esercizio del proprio lavoro». Sono le domande (aggiungo io) che credo non risultino molto interessanti per l’economista Francesco Giavazzi.
Questa generazione che si affaccia, tramite Blog, a guardare sui prossimi cento anni pone però dei problemi allo stesso sindacato. Lo fa, ad esempio, con una richiesta che avevo già sentito avanzare da una precaria di un Callcenter di Catania. Quella di creare nelle Camere del lavoro dei gruppi per coinvolgere precari, immigrati e donne, e metterli in condizione di partecipare alle delegazioni abilitate alle trattative. Qui l’obiettivo è posto da una delle animatrici del Blog Ilaria Lani: «Vorremmo più partecipazione, orizzontalità e apertura a istanze non tradizionali, per includere i lavoratori meno rappresentati». Le Camere del lavoro potrebbero così diventare «uno spazio per fare emergere i bisogni sociali che rimangono fuori». Altre istanze investono la formazione dei delegati delle Rsu, oggi più che mai bisognosi di forti competenze per affrontare i mutamenti della condizione lavorativa. Ecco: la Cgil, magari anche prima dei prossimi cento anni, potrebbe davvero porre tra le proprie priorità rivendicative, la formazione, la conoscenza. E insieme allargare la propria rappresentanza, in uno sforzo unitario, ai precari (in tutte le loro forme), agli immigrati, alle donne. Erano propositi assai cari, tra l’altro, a Bruno Trentin. Molto si è fatto ma molto resta da fare.

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