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Unità: Il governo ora cambi strada»

Le piazze d’Italia con la Cgil

13/12/2008
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l'Unità

A Bologna la più grande manifestazione della giornata di lotta, con Epifani che invita Berlusconi a ripensarci e ad affrontare con più coraggio la crisi. «Il peggio lo vedremo nei prossimi mesi».
«Un giorno guarderemo indietro allo sciopero di oggi - prevede Guglielmo Epifani scorrendo con lo sguardo le migliaia di ombrelli che affollano piazza Maggiore a Bologna - e lo ricorderemo come una sfida memorabile. Una battaglia raccolta da lavoratori che hanno rinunciato a una, quattro, otto ore del loro stipendio perché non si rassegnavano alla crisi. Chi oggi ha fatto questa scelta appartiene a quella parte d’Italia a cui il resto del Paese dovrebbe inchinarsi e che il Governo non può ignorare».
Ieri alla nove, sotto una pioggia insistente pressoché ovunque, in 108 città d’Italia è partita la marcia di protesta contro il Governo di oltre un milione e mezzo di lavoratori. Uno sciopero monocolore, organizzato dalla Cgil e «disertato» da Cisl e Uil («Mi spiace che non ci siano», dice Epifani). «Ma un giorno diremo che “ci avevamo visto giusto”», incalza da Bologna, epicentro della manifestazione nazionale. «Se il 30 ottobre non avessimo manifestato contro la riforma della scuola, oggi il Governo non sarebbe stato costretto ad una marcia indietro».
Dal palco di Bologna lo ascoltano operai (come quelli della Maserati, informati due giorni fa del licenziamento), e poi precari, studenti dell’Onda, pensionati. La crisi prosciuga gli stipendi di 400 mila lavoratori italiani piombati in cassa integrazione e scioglie le speranze di «tutti quei precari che negli ultimi 15 anni sono entrati nel mondo del lavoro e che ora - prevede Epifani - perso il posto non lo ritroveranno più, perché il peggio deve ancora venire».
Il primo punto in agenda, per la Cgil, riguarda gli ammortizzatori sociali: «Chiediamo una riforma seria, il rifinanziamento degli strumenti di tutela per chi ha perso tutto». «Questa è forse la crisi più grave degli ultimi 70 anni. E come sta reagendo il Governo? - si chiede Epifani -. In nessun modo. Gli altri Paesi hanno stanziato somme ingenti (20 miliardi la Gran Bretagna, 27 la Francia, 13 la Spagna). Il contributo aggiuntivo che il Governo mette per la crisi - accusa il leader della Cgil - è pari a zero». I soldi tanto «millantati» dall’esecutivo «erano già previsti per legge».
Lo slogan che studenti e lavoratori hanno trasportato per strada ieri e negli ultimi mesi («Noi la crisi non la paghiamo. Più salario,. più lavoro, più pensioni, più diritti») non è «qualunquista», sottolinea Epifani. Perché - spiega - è proprio nelle loro tasche che il Governo sta pescando. «Per colpa della crisi, nel 2008 i lavoratori dipendenti e i pensionati hanno pagato 8 miliardi di tasse in più. È giusto - si chiede interrotto dallo scroscio di applausi dei manifestanti - in un momento in cui le imprese pagano meno e la lotta all’evasione si allenta?».
In mezzo alla folla intanto spuntano tre fantocci in cartapesta, confezionati da esperti di Viareggio: un Berlusconi sorridente col cappello da Papa, una Gelmini impettita in grembiule e righello e poi Brunetta, col viso infilato in un corpo piccolo piccolo. Epifani, che ha sfilato lungo via Indipendenza, arriva in piazza insieme all’ex ministro Pierluigi Bersani, che sollecita il Governo: «Questa è l’ultima occasione per fare una manovra incisiva. Basta con la magnanimità del ricco modello social card. Servono misure urgenti». In piazza non c’era il sindaco Sergio Cofferati, ex leader della Cgil (che dopo il comizio ha incontrato il suo successore), che nei giorni scorsi aveva chiarito i motivi della sua assenza: «Sono il sindaco di tutti, di chi sciopera e di chi sceglie di non farlo. Ma il cuore - aveva aggiunto - va dove ritiene lui...». «Eh sì - concordava in piazza poco prima Epifani - è qui con il cuore».
In carne e ossa, sotto la pioggia, sotto le Due torri erano in 200 mila, secondo la Cgil. A Milano 80 mila, a Venezia e Torino 50 mila, a Firenze 40 mila. Lo sciopero, invece, ha dati diversi. «Molto alto nelle fabbriche, soprattutto del Nord - spiega soddisfatto il leader Cgil dopo aver raccolto i primi dati -. Ovunque si è superato l’80%. Più basso fra gli impiegati». Sulle adesioni ieri si è scatenata la solita guerra di percentuali, con il governo che, per voce del ministro Sacconi, parla di «partecipazione bassissima».
Numeri ballerini anche sulla Fiat, il 50% di adesioni secondo la Cgil, il 16% per l’azienda. Da Bologna Epifani ne parla emozionato: «Dobbiamo avere fiducia nella nostra forza. Basta pensare alla fierezza con cui i lavoratori della Fiat hanno rinunciato allo stipendio del loro ultimo giorno di lavoro prima dello stop degli stabilimenti».

ELISABETTA PAGANI

BOLOGNA

epagani@unita.it


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