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Unità: Il gusto del passato dei «senza futuro»

Una ragazza mi ha chiesto se ricordavo una canzone. Ne aveva bisogno per una citazione in un compito in classe. Quella che fa: «Caro amico ti scrivo... ».

10/04/2006
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l'Unità

Luigi Galella

Una ragazza mi ha chiesto se ricordavo una canzone. Ne aveva bisogno per una citazione in un compito in classe. Quella che fa: «Caro amico ti scrivo... ». «Sì certo - ho esclamato dopo qualche istante in cui ho ricercato le parole in un piccolo cassetto della memoria - è di Lucio Dalla». Ma Andrea, che ascoltava, mi aveva già preceduto, ricordandone il titolo e recitandone meglio di come avrei fatto io i versi. «L'anno che verrà», di Dalla, risale a ventotto anni fa, a molto prima che lui fosse nato. Come se, per intenderci, negli anni settanta io avessi cantato Natalino Otto o Aurelio Fierro, dei quali a stento conoscevo il nome e le virtù decantate da mia madre. «Che strano - ho osservato - Conoscete meglio di me la musica che appartiene alla mia generazione». «Te credo - ha risposto Andrea - quelli de mò fanno schifo». Così, ho appreso che tutti conoscono e ascoltano i grandi cantautori della mia “era”. E se devono esprimersi sulla propria chiosano: «Noi c'avemo Povia, quello der piccione». E ridono. Un po' divertiti, un po' rassegnati.
È in atto, da tempo, grosso modo dall'inizio degli anni 80, una sospensione del tempo. Almeno di quello dell'arte. La musica leggera ne è una spia. E i ragazzi ne rappresentano i sensibili recettori. Mentre noi operavamo una cesura generazionale con chi ci aveva preceduto, presente contro passato, rifiutandone comportamenti e gusti, loro al contrario recuperano il passato contro un presente scialbo e insoddisfacente. Ma non è sul passato e sul presente che si misura la vera differenza: è sul futuro. I giovani di oggi, «anfibi» secondo la definizione di Ilvo Diamanti, mezzi e mezzi, un po' acqua un po' terra, dignitosamente acconciati nella complessità contraddittoria del loro mondo, un po' veline un po' no global, sono contraddistinti dalla percezione d'essere dei senza futuro. Dal sentimento che tutto sia già accaduto. E dall'idea che la loro identità e la loro storia si costruiscano come replica di ciò che è stato. Come in un grande replay. Dei replicanti ai quali sia stata sottratta la dimensione del futuro, concetto improbabile o addirittura impensabile.
«Come mai - ho provato a chiedere - questa disaffezione nei confronti della musica che dovrebbe rappresentarvi? Come mai questa difficoltà a proiettarvi nel futuro?». Ma non mi hanno risposto. Hanno sollevato le spalle e scosso la testa, per rimarcare una sorta di disincanto nei confronti del loro tempo. Come se fossero stranieri nella loro patria, e ne disconoscessero, nel mentre si edifica, la natura stessa del paesaggio. Come se, infine, quel paesaggio non li riguardasse. Ma appartenesse a un'altra ragione, tutta risolta nella pura dimensione commerciale, senza talento e senza personalità, alla quale essi stessi in fondo si adattano, ma che intimamente disprezzano. Spesso rimproveriamo ai giovani d'essere privi di memoria storica, ignorando peraltro che sempre più adulti sono colpiti da quel fenomeno noto come analfabetismo di ritorno. Il problema tuttavia è un altro. È che ai giovani, al contrario, è sottratta l'idea stessa del futuro. Non solo per motivi artistici, ma per ragioni anche più complesse: ambientali, economiche, politiche. In quest'ultima campagna elettorale la destra li ha clamorosamente dimenticati, mentre la sinistra ha puntato le sue carte migliori proprio sul futuro. La destra ha detto tasse, la sinistra ha replicato: giovani. Tasse è idea pigra e conservativa. Difesa di un posto al sole, peraltro sempre più in ombra. Giovani è progetto politico, che include scuola, ricerca, cambiamento. Ed è pensiero rivoluzionario, proprio perché rimosso.
L'augurio è che l'auspicata vittoria politica del centro-sinistra si tramuti nell'occasione storica del riscatto dei giovani, e finalmente si consideri come centrali quelli che oggi sono precari e marginali.
L'augurio, più semplicemente, è che con la giornata di oggi si torni a percepire il senso del domani.luigalel@tin.it