Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità: Il rapporto del governo con il mondo del sapere col mondo del sapere non è uscito rafforzato dalla Finanziaria

Unità: Il rapporto del governo con il mondo del sapere col mondo del sapere non è uscito rafforzato dalla Finanziaria

Andrea Ranieri

10/03/2007
Decrease text size Increase text size
l'Unità

L RAPPORTO DEL GOVERNO col mondo del sapere non è uscito rafforzato dalla Finanziaria. Ci sono, è vero, cose importanti, come l'obbligo di istruzione a 16 anni, l'Agenzia per la valutazione universitaria, un progetto per superare i rapporti di lavoro precario nella scuole e per i giovani ricercatori dell'Università, investimenti consistenti per aumentare la capacità di accoglienza degli asili nido. Cose non da poco, in una Finanziaria che aveva nel risanamento dei conti pubblici il suo primo obiettivo. Ma è mancata, e si è visto anche nella distribuzione delle risorse, sia alla voce tagli che alla voce investimenti, un progetto organico capace di evidenziare la centralità del sapere per lo sviluppo sostenibile del Paese. Il sapere era , nel programma dell'Unione la centralità, è uscito dalla Finanziaria come un settore tra gli altri.
Ricompare ora come assoluta priorità programmatica nel documento di Prodi, al numero 2 dei 12 punti, subito dopo la politica estera. Una buona notizia.
Ma nelle difficoltà a riconoscere e a praticare la centralità del sapere ci stanno, oltre la cronaca e l'emergenza, alcune difficoltà di fondo su cui occorre soffermarsi, soprattutto quando si vuol costruire un partito nuovo.
La prima riguarda l'economia. È duro, dopo che il Novecento aveva ragionato su come allocare nella maniera più razionale risorse scarse, siano esse il petrolio o il sapere «proprietario», assumere davvero come centralità una risorsa che acquista valore più è condivisa e diffusa. Il sapere nell'era di Internet, è la più rinnovabile delle energie. È importante per lo sviluppo futuro, come il petrolio lo è stato ed è, in maniera auspicabilmente decrescente, per lo sviluppo in essere, ma non è come il petrolio, è come il sole e il vento. Proprio per questo l'economia della conoscenza non può essere la riduzione del sapere a pure e semplici logiche di mercato; al contrario significa cominciare a costruire un pensiero economico che sappia riconoscere il valore, l'efficacia e l'efficienza di un bene essenziale per il mercato, ma non riproducibile secondo le sue logiche.
La seconda riguarda la politica. Il sapere è pervasivo, e mal sopporta le segmentazioni. Nella economia e nella società della conoscenza gli investimenti e gli strumenti atti a incrementare la produttività del Paese, sono gli stessi che sono essenziali per far crescere la qualità del vivere civile, per preservare il proprio patrimonio culturale e ambientale, per promuovere in maniera egualitaria le capacità delle persone e per rimettere in moto la mobilità sociale.
Ma per cogliere questa opportunità c'è bisogno di una politica nuova. I primi esperti della politica della conoscenza sono quelli che con la conoscenza lavorano nelle scuole, nelle Università, nell'industria, nel territorio. Sono loro che più di ogni altro stanno provando a ricostruire un orizzonte di senso, un'idea del futuro, di fronte alle novità dirompenti delle tecnoscienze, di Internet, del melting pot culturale.
Sono così impegnati, i migliori di loro, a fare politica nei loro luoghi di lavoro e di vita da trovare qualche difficoltà a inserirsi nelle strutture piramidali della politica dei partiti così come sono oggi strutturati. È difficile, proprio per questo, trovarli nei gruppi dirigenti, sia al centro che in periferia, ne' d'altra parte loro sembrano tenerci molto. Vorrebbero luoghi, reali o virtuali, dove condividere le proprie competenze e dove confrontarsi con la politica sulle opportunità, sugli strumenti, sulle risorse necessarie per proseguire la loro azione. La rete, non la piramide, è per loro, la modalità organizzativa di riferimento. La politica è chiamata ad essere un nodo della rete, non un vertice. Un nodo importantissimo, per rapportarsi alle scelte di governo e condizionare l'esercizio del potere, ma un nodo appunto, che è tale se sa interagire con tutti gli altri.
Quando ci si prova i risultati sono straordinari. Ho in mente la rete in cui abbiamo coinvolto, con l'impulso decisivo di Walter Tocci, centinaia di ricercatori e di scienziati per costruire le politiche dell'Università e della ricerca. Una rete sensibile, che registra entusiasmi ma anche, in tempo reale, le incertezze e le delusioni, come nel caso della Finanziaria, ma proprio per questo assolutamente preziosa.
E questa idea e questa pratica della rete che ci ha permesso di fare a Modena il forum tematico sulla scuola «Verso il Partito Democratico», proprio nei giorni più bui della crisi di governo. La metà dei partecipanti era senza tessera, né dei Ds, né della Margherita. I militanti di professione si contavano sulle punta delle dita. Si percepiva la comune speranza che la politica si facesse nuova, e po’ orgogliosi che quella novità nascesse sul terreno del sapere e della scuola.