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Unità: Il successo Fiat non è il successo dell'Italia

Un paese senza ricerca

20/05/2009
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l'Unità

L’accordo che la Fiat ha raggiunto con Chrysler e le trattative con General Motors Europe per Opel rappresentano un successo per la casa automobilistica torinese. Ma non devono illudere l’Italia. Quei risultati dimostrano la vitalità di una singola azienda manifatturiera italiana, per quanto importante. Non dimostrano affatto né che il sistema industriale del Paese ha risolto i suoi problemi strutturali, né che l’Italia uscirà dalla crisi - come sostiene Berlusconi - prima e meglio degli altri.

Che l’Italia non sia in condizioni di vantaggio rispetto agli altri sono i dati statistici a dirlo. Quest’anno la recessione nel nostro Paese sarà più grave che nella media dei Paesi europei. Confermando un trend ormai ventennale: da due decenni l’Italia cresce meno degli altri e, ora, decresce più degli altri. Uno dei motivi - probabilmente il principale - è quello di cui si parla meno: la specializzazione produttiva delle nostre imprese. Produciamo beni in settori - quelli della bassa e media tecnologia - che hanno una dinamica minore nell’ambito del commercio internazionale e che sono più esposti alla concorrenza di Paesi con basso costo del lavoro. Produciamo pochi beni nei settori dell’alta tecnologia, che sono più remunerativi, che dipendono meno dal costo del lavoro (e che remunerano meglio i propri dipendenti).

Il settore hi-tech richiede forti investimenti in ricerca e nella formazione. Ma noi seguiamo, unici tra i Paesi a economia avanzata e a economia emergente, un “modello di sviluppo senza ricerca” e, anche, “con poca formazione”. Investiamo in ricerca due terzi in meno rispetto Germania, Stati Uniti o Giappone. E investiamo nelle università due terzi in meno degli Usa. Il governo Berlusconi non è l’unico responsabile di questa “anomalia”. Ma, con i suoi tagli - alla ricerca, all’università, alla scuola - la sta accentuando. Nei prossimi anni l’Italia investirà 1,5 miliardi di euro in meno nell’università e 8 miliardi di euro in meno nella scuola. Al contrario di altri Paesi, dove si cerca di affrontare la crisi puntando su ricerca e formazione.

Gli Stati Uniti, Paese leader al mondo in campo scientifico e con le migliori università del pianeta, affronteranno la crisi spendendo nei prossimi due anni 20 miliardi di dollari in più per la ricerca e 80 miliardi per la scuola. Inoltre Obama ha annunciato che gli Usa accelereranno ancora e investiranno in ricerca il 3% del Pil (oggi investono il 2,7%) con un progetto di grande respiro su cui far convergere questa enorme intensità di ricerca: il cambiamento del paradigma energetico, con il passaggio dai combustibili fossili alle energie rinnovabili e al risparmio. Obama sa che il combinato disposto di forti investimenti in conoscenza e un grande progetto nazionale possono determinare un formidabile salto economico. Noi ancora non lo abbiamo imparato.