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Unità: In 500mila, per fermare la distruzione della scuola

Uno striscione per tutta l’Italia: «Non è che l’inizio». E gli studenti delle superiori hanno «occupato» le città per «suonare» lo «sconcerto» alla Gelmini.

11/10/2008
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l'Unità

di Maristella Iervasi/ Roma

Uno striscione per tutta l’Italia: «Non è che l’inizio». E gli studenti delle superiori hanno «occupato» le città per «suonare» lo «sconcerto» alla Gelmini. Da Torino a Lentini (Siracusa) in 500mila (Uds, Rete e gli universitari dell’Udu) hanno «bocciato» i tagli all’istruzione e il voto in condotta che fa media per la bocciatura nella ricetta «Gelmini-Tremonti». Mentre alle elementari non cessa la battaglia contro il maestro unico: «Giù le mani dalla scuola pubblica» è lo slogan-bandiera di protesta che sventolerà da oggi dalle finestre delle case dei cittadini. Walter Veltroni, leader del Pd: «Dagli studenti una grande prova di maturità. Stiamo con loro e con tutti i protagonisti della scuola. La manifestazione del 25 ottobre che il Pd ha promosso, sarà una nuova occasione di lotta contro la scuola che piace a questo governo e che non piace agli italiani». Fulvio Fammoni, segretario confederale Cgil: «Un grandissimo successo». L’Associazione «Libera»: «Scuola pubblica, presidio di legalità».

Nelle metropoli i cortei più numerosi. Balli e canti a Roma (50mila) con l’«occupazione» della gradinata del ministero e dei binari del tram e la decisione di indire un Referendum. I 40mila di Napoli hanno invece scelto i veli neri per celebrare il funerale della scuola in piazza Plebiscito, proprio sotto le orecchie della Gelmini «blindata» nel Consiglio dei ministri. Una bara nera con un necrologio è sfilata di spalla in spalla tra i 15mila di Firenze: «Qui giace l’Università pubblica». Cori e slogan a Milano: «Ministro ci puoi giurare, non ci faremo privatizzare» e una promessa tra i 30mila: lunedì sit-in sotto la sede della Regione. «C’è la Gelmini... Non potrà ignorarci». Ma poco il Pirellone fa marcia-indietro. E il convegno su educazione e scuola viene rinviato proprio per non fare da «palcoscenico» ai collettivi studenteschi. Striscioni ironici e clima da festa anche nelle cittadine, come Lentini: «Maria Stella Crescente, Scuola Calante». «EntroGelmini uccide la flora studentesca». Mentre a Bergamo è di scena il falò dei grembiulini.

Giulio non va ancora all’Università ma mette in bella mostra una maglietta con la Pantera, il simbolo della protesta degli Atenei dei primi anni Novanta. Un camioncino con gli altoparlanti sotto il ministero manda musica ad alto volume. Poi il silenzio e la voce degli studenti. Uno per uno salgono sul «palco» dell’ultimo gradino della Pubblica «D»istruzione e gridano la loro rabbia: «Siamo venuti qui da te perché tu non ci chiami mai - dicono alla Gelmini assente -. Non ci chiedi che cosa pensiamo». Alice del liceo Aristotele, sembra quasi sentire la risposta del ministro: «Ha paura di noi. Ci vuole ignoranti», urla dal microfono. «Ma noi non siamo marionette», replica Luca dell’Artistico del Tuscolano. Così la decisione da studenti maturi: «Chiediamo di essere ricevuti. Se non ci ascoltano da qui non ce ne andiamo. Occupazione ad oltranza». E tocca al direttore del personale della scuola Luciano Chiappetta e al vice direttore regionale Sergio Scala ricevere una delegazione dei movimenti. Salgono nelle stanze del Palazzo, Stefano Vitale dell’Uds, Luca De Zolt della Rete degli studenti medi e Federica Musetta dell’Udu. Mentre Alessio dello sperimentale di Ariccia vede il papà, dipendente del ministero, solidarizza con i poliziotti colpiti dai Finanziaria e si avvicina: «A pà, stanno ancora parlando?». E poco dopo la delegazione fa capolino. Delusa. «Nessuna risposta politica. Ci hanno ricevuto dei tecnici. Ma noi vogliamo un incontro col ministro, se ha il coraggio. Vogliamo che la Gelmini faccia un referendum tra gli studenti, ma non verrà fatto. Lo faremo noi e girerà su Internet. Vogliamo i criteri sui voti bassi, finanziamenti per l’edilizia, una legge nazionale sul diritto allo studio e l’estensione della carta studenti agli universitari».

La manifestazione si scioglie. E sul muro resta uno striscione a mo’ di messaggio: «Decreto cazzata, riforma sbagliata».


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