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Unità-Insegnanti non alieni(...chissà)

Insegnanti non alieni(...chissà) Luigi Galella Qualche giorno fa Roberto era in apprensione. "Per l'esame?" No. Voleva sapere, più precisamente, se quel giorno mi sarei vestito "elegan...

23/06/2005
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l'Unità

Insegnanti non alieni(...chissà)

Luigi Galella

Qualche giorno fa Roberto era in apprensione. "Per l'esame?" No. Voleva sapere, più precisamente, se quel giorno mi sarei vestito "elegante". Notando la mia espressione un po' indispettita per l'involontaria gaffe, ha chiarito: "Voglio dire con la cravatta, la giacca e tutto". "Perché dovrei?", gli ho domandato a mia volta. "Non lo so, pensavo che all'esame..." "No, certo - l'ho rassicurato - ma qual è il problema?" Mi ha risposto che l'abito elegante gli metteva soggezione, gli creava ansia, ma poi ho capito il motivo vero di quella richiesta. Temeva che avrei modificato la mia "forma". Che mi sarei trasformato in un alieno, distante e insensibile. In un sussiegoso Commissario difeso da una divisa, con il quale sarebbe stato impossibile scambiare un sorriso o una parola. Perché dell'esame di Stato, ormai, sopravvive unicamente la sua componente rituale e istituzionale. Il suo abito "elegante". E questo basta a risvegliare nello stomaco dei ragazzi un soprassalto acuto di responsabilità. I primi a cedere alla "forma" siamo noi professori. Stamattina un collega li ha fatti entrare in aula "per ordine alfabetico". "Sai - mi ha spiegato - per non creare disordine". Abbiamo chiesto che consegnassero tutti il cellulare, "pena l'invalidità della prova", e preteso da ognuno la carta d'identità, come se non li conoscessimo. Così, nello scorrere le loro "credenziali", mi sono sentito come un genitore che al compimento del diciottesimo anno del figlio gli si rivolge con l'ingiunzione: provami chi sei. Contratto nella forma di un ruolo paradossale. Dentro il mio abito ordinario, consueto e informale.

diario di un professore