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Unità it: Diario d'ateneo

Roma Tre, Cagliari, Perugia

18/02/2010
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l'Unità

Roma Tre

di Marta Maestosi

Se è vero che sbagliando si impara Roma Tre è l’eccezione che conferma la regola. O almeno la facoltà di giurisprudenza.
Roma Tre ha poco più di dieci anni ma riesce ad essere oberata di burocrazia quasi quanto la Sapienza che di anni ne ha settecento. L’università è stata fondata solo nel 1992 eppure riproduce nel suo microcosmo tutte le inefficienze del sistema italiano. La vita universitaria è basata sul gossip, se tu conosci tante persone allora hai qualche vaga possibilità di sapere cose tipo: la lezione è rimandata, devi portare il documento tot in segreteria entro il giorno tot, l’aula dell’esame non è quella scritta sullo schermo ma è quella accanto, (Non vi dico che strane notizie riceverete alla fine di questo lunghissimo telefono senza fili), altrimenti vaghi per la facoltà come il fantasma di Jacob Marley, cercando l’aula del seminario di diritto commerciale. Voi direte: leggi sulla bacheca, ma così è troppo facile; a loro piace impartire lezioni di vita oltre che di diritto, devi faticare per ottenere le cose che vuoi, anche solo sapere perché se l’esame di amministrativo è segnato in aula 2, lì non c’è nessuno.
Grazie alla riforma (il 3+2) per laurearti hai bisogno di fantomatici 7 crediti da ottenere con “attività formative”, che nessuno predispone tranne due o tre professori magnanimi. Ricercare queste attività che dovrebbero darti i leggendari crediti è come andare alla ricerca del Sacro Graal: tutti ne parlano ma nessuno sa dove sono. Lasciamo poi perdere chiedere informazioni alla segreteria didattica. La segreteria didattica di giurisprudenza è il regno della scortesia dove se chiedi sei sicuro che non riceverai risposta, con le pareti ricoperte di fogli in cui la misericordiosa segretaria ha annotato tutte le domande più o meno stupide delle povere matricole confuse, (chi in vita sua non ha fatto neanche una domanda stupida?) da monito per gli studenti come i corpi di uomini impiccati facevano da monito ai pirati nelle isole caraibiche nell’800. La segreteria studenti è l’antro del diavolo dove entri e non sai quando uscirai, (lasciate ogni speranza oh voi che entrate!) è come andare all’anagrafe, di 6 sportelli ne sono aperti solo 4 di cui uno per gli studenti del vecchio ordinamento (saranno rimasti in 10 ormai?) e un altro solo per il post laurea. Ne rimangono due, o tre, dipende se sei fortunato, perché, se i miei dati sono giusti l’università conta più o meno 35.000 studenti, e la segreteria è unica per tutte le facoltà, quando decentrare sarebbe la scelta più efficiente ed efficace.
Prima di entrare devi prendere il numerino, come dal panettiere. se la segreteria apre normalmente alle 9, verso le 7.30 si forma la fila per il desiderato numerino. Prendi il numerino e attendi con rassegnazione il tuo turno. L’unica ombra di conforto è che almeno le persone agli sportelli, nonostante la mole di lavoro e la fatica per gestire l’orda umana di studenti che tutti i giorni si ammassano nella segreteria, ancora conservano un briciolo di umanità. Contrariamente alla segreteria didattica che ha a che fare solo con una piccola parte. Ma almeno dopo cinque anni impari l’arte zen di fare la fila.
L’edificio che ospita la facoltà è bello, nuovo, se non fosse per il trascurante dettaglio che dopo solo una decina d’anni, gli studenti già non c’entrano più, e devono migrare verso l’edificio Tommaseo un isolato più giù. L’aula studio è un capolavoro d’intelligenza architettonica, sta al primo piano ed è un corridoio, non una stanza, da cui appena le lezioni finisco rimbombano tutti i rumori degli studenti che escono dalle aule del pian terreno. E non è finita qui, dato che il palazzo era un’antica fabbrica, i soffitto del “corridoio” studio è un lucernario. Caldo già a primavera e freddissimo d’inverno. Di cose buone ce ne sono, come alcuni professori (pochi in verità) a cui fare il proprio lavoro piace davvero e che considerano lo studente non come uno scocciatore o un nemico ma come una persona, magari solo un po’ confusa. Sono questi professori che ti fanno ricordare perchè hai deciso di iscriverti a giurisprudenza. Ce la faranno i nostri eroi a superare tutti gli esami, a scovare i mitici sette crediti, ad evitare disguidi burocratici e a conseguire finalmente il titolo di studio che li catapulterà nel favoloso mondo dei precari?
Cagliari

di Andrea Coinu

Credo che nella quotidianità degli universitari ultimamente ci sia un passaggio obbligato ed inevitabile: sbuffare esattamente 5 secondi dopo aver spento la sveglia. Ormai è un certezza, svegliarsi per andare a lezione è diventata dura, ma non per tutte le cose che si dovranno fare in giornata, no, farle non è ne difficile ne impegnativo, è il pensarci che ti disturba.
Sapere di dover affrontare viaggi della speranza su tram strapieni, di dover lottare con guidatori senza scrupoli disposti a combattere con tutti i loro mezzi per accaparrarsi l’ultimo parcheggio nei pressi della facoltà, di dover seguire in un aula strapiena, con un tremendo e penetrante odore di chiuso, una lezione tenuta da un professore settantenne con evidenti problemi di comunicazione con la nostra generazione che legge dei lucidi di vent’anni fa, non ti aiuta ad iniziare bene la giornata.
Segreterie incompetenti che rimbalzano i tuoi problemi ad altri uffici, bacheche i cui ultimi avvisi sono datati 2006-2007, siti aggiornati mesi fa e professori che alla domanda “Posso rubarle solo un minuto, è per l’esame di giovedì” rispondono “Venga la settimana prossima”. Impossibile iniziare la giornata serenamente, il mito dell’Università del “Nord” che funziona ti attanaglia, i problemi si accumulano e la voglia di reagire diminuisce giorno dopo giorno. Con conseguente aumento esponenziale del numero dei fuoricorso.
Sono questi i problemi, o meglio sono questi i problemi percepiti dagli usufruttuari del sistema universitario, gli studenti. Su questo dovrebbe intervenire un eventuale riforma. Sulla quotidianità di noi studenti. Nel mio ateneo, qui a Cagliari, a riforma compiuta avremmo cinque facoltà in meno, molte decine di dipartimenti in meno e problemi quotidiani praticamente invariati; anzi ne avremo qualcuno in più. Già si intravedono, già sono già tangibili.
La mia Facoltà quella di Ingegneria è quella che tutto sommato se la passa meglio da che mondo è mondo, i baroni si danno da fare per tenere alto il livello dei loro prodotti o più che altro fanno di tutto per evitare un aumento della concorrenza con una selezione in corso veramente molto molto alta. Ma è già quasi certo che i molti iscritti alla L.S. di Ingegneria Civile sezione strutture non potranno terminare il loro corso di studi, il loro corso sarà soppresso per insufficienza dei requisiti minimi, è già stata avviata una prima raccolta firme. Ma l’esito è come sempre incerto, sicuramente non ottimista; l’ottimismo qui si perde al secondo anno, quando non capisci se diventerai un ingegnere o se troverai lavoro grazie alle tue illimitate capacità di burocrate della peggior specie. Perché i tuoi piani di studi in verità sono delle opere d’arte cubiste e i tuoi esami delle partite a scacchi in cui vinci solo se riesci a non perdere la pazienza.
Perché non si riformano questi aspetti? Che cos’hanno di positivo secondo i nostri amministratori queste pratiche? In che cosa la quotidianità dell’universitario è favorita dal merito e lo porta ad essere meritevole? La somma del tempo che si perde dietro ai problemi del sistema universitario, parlo di Cagliari, è altissimo: minimo una settimana per trovare e fotocopiare tutti i testi che ti servono per studiare un esame, con quaranta-quarantacinque esami si parla di numeri importanti; un minimo di due settimane da moltiplicare per le due lauree (triennale e specialistica) per la redazione del piano di studio: lo devi procacciare nei meandri delle segreterie, compilarlo, controllarlo, ridiscuterlo col preside e consegnarlo; minimo di quindici giorni, anche qui moltiplicati per le due lauree, per fare domanda di laurea, consegnare il libretto, trovare il contro-relatore per presentarle la tesi, cercare il personale che caricherà la tua tesi in aula magna e scoprire quando ti laurei, si potrebbe pensare che si possa fare tutto in un giorno, ma sarebbe troppo logico e dunque non favorisce la formazione dello studente; in fondo l’ingegnere deve sapersi arrangiare no?
A questo aggiungiamo: professori che non si trovano nel giorno dell’esame, hanno lasciato l’avviso nella bacheca del proprio dipartimento, il fatto che tu non possa accedere perché manca il personale non è un problema loro; pratiche di inizio e chiusura tirocinio; professori che alla domanda “Ma il suo sito?” rispondono “Non ho tempo” e a quella “Beh ma il suo tutor si?” rispondono “No, poverino, lui è stracarico di lavoro, fa lezioni a due corsi”; oppure ancora: lavori di gruppo da fare in aule inesistenti; segretari che ti invitano ad aiutarli a cercare i tuoi statini per laurearti, sicuramente saranno finiti sotto uno scaffale; appelli l’1 gennaio e tante tante altre cose nel segno di un caposaldo del nostro sistema universitario: la realtà supera la fantasia.
Per queste e tante altri motivi gli studenti non riescono a capire le riforme, le iniziative accademiche e ormai ne rifiutano anche la discussione, questo perché quasi tutte queste discussioni tra Ministri, Rettori e Presidi non riguarda la quotidianità degli studenti: come può l’entrata dei privati nei C.d.A. spaventare chi a metà del proprio percorso universitario ha il problema di non trovare i propri docenti?
Ci riguarda solo in un modo e solo in un senso: se capiamo che tutte queste iniziative che porteranno alla riduzione dell’offerta formativa, all’aumento delle tasse e alle penalizzazioni dei non meritevoli sono state intraprese secondo i principi di merito e di lotta ai baronati; esattamente quelli che sono i nostri problemi ed esattamente i motivi per cui siamo in disagio la mattina appena spegniamo la sveglia.
Nel mentre le matricole, che quest’anno si aggirano intorno ad un migliaio, si aggirano spaesate nei corridoi delle facoltà, si chiedono perché si debba seguire la lezione di analisi matematica in più di duecento in aule strapiene, con pochissimi tutor e qualche dubbio in più rispetto alle scelte prese pochi mesi fa.
Perugia

di Leonardo Esposito

Ogniqualvolta rifletto su come sia la vita quotidiana di un universitario del mio tempo, la prima immagine che mi sovviene è quella di un atleta che affronta una dura corsa ad ostacoli che si frappongono tra lo studente stesso e il traguardo tanto sudato: un titolo di studio che gli possa permettere di costruirsi un futuro.
Questi impedimenti, che si presentano numerosi e nelle forme più diverse e accompagnano il cammino dello studente dal giorno dell’immatricolazione alla discussione della cd. “prova finale” sia all’interno delle aule di lezione che nel tempo libero, costituiscono un grave peso sulle spalle di ragazzi che vorrebbero e dovrebbero poter studiare senza dover pensare a difendersi dai problemi causati loro dal Ministero, dall’Ateneo, dai singoli professori.
Ritengo che, benché ci siano differenze tra Facoltà e tra Atenei, un po’ tutti gli studenti universitari italiani possano ritrovarsi nella situazione sopra descritta. Anche l’Ateneo perugino, una delle più significative realtà universitarie dell’Italia centrale, non fa eccezione in quanto a difficoltà per gli studenti…
Volendo tracciare un quadro di stretta attualità, quest’anno a tutti gli studenti perugini è stato richiesto dall’Ateneo un aumento della contribuzione, in conseguenza della riduzione del numero delle fasce per il pagamento delle tasse e della loro rimodulazione, con gli aumenti di maggiore entità concentrati sulle fasce medie di reddito, fino al 64% (!) rispetto allo scorso Anno Accademico. Tanto per fare un esempio, la famiglia che doveva pagare fino allo scorso anno circa 600 euro di tasse, ora è chiamata a pagarne 1000, ben 400 in più.
Certo, i rappresentanti degli studenti hanno fatto sentire la loro voce e per quest’anno dovremmo calmierare gli aumenti concentrati soprattutto sulle fasce medie. Una magra consolazione che non può però farci dormire sonni tranquilli. Come potremo l’anno prossimo reggere il peso dei tagli all’università? Temo che quelle tasse già alte e già alzate, schizzeranno ancora più in su.
Ma procedendo oltre nella vita quotidiana di uno studente, altre difficoltà attendono lo studente che frequenta le lezioni. In particolare per quanto riguarda le strutture ed il rapporto con i docenti.
Se, ad esempio, gli studenti della facoltà di Giurisprudenza hanno la fortuna di poter seguire tutte le lezioni presso una sola sede, gli aspiranti farmacisti sono costretti al nomadismo, poiché i loro corsi sono sparpagliati nelle aule di tre diversi edifici. A Ingegneria, così come in altre facoltà, spesso un singolo docente si interfaccia con centinaia di studenti: difficile capire quale rapporto possa svilupparsi tra docente e studente in un contesto simile.
Tutto ciò comporta uno scadimento della qualità della didattica, anche per ragioni puramente di carattere pratico – uno studente per farsi sentire dal professore dovrebbe gridare. Il rapporto personale, invece, degli studenti con gli insegnanti, in molti casi, viene colpevolmente trascurato. Trascurato dai docenti ogni qualvolta essi non tengano lezione personalmente, non si presentino agli appelli d’esame, non rispettino gli orari di ricevimento, delegando questi oneri ai loro collaboratori, nei migliori dei casi.
Per non parlare delle aule studio, presenti solo in poche facoltà, e i servizi bibliotecari con i loro orari di apertura. Ma le asperità, per il povero studente, continuano anche nel tempo libero, quando i libri sono stati chiusi e riposti sugli scaffali. Muoversi a Perugia non è semplice, né per chi è automunito, né soprattutto per chi si affida ai mezzi pubblici, durante il giorno. La notte, quando gli unici servizi di trasporto pubblico, oltre ai taxi, sono gli autobus diretti alle discoteche (sic) diventa impossibile. E chi ha la sfortuna di abitare in determinate zone della città, rimane pressoché isolato se non ha a disposizione la propria automobile o amici estremamente disponibili e con abitudini simili. E può scegliere di riaprire i manuali e rituffarsi nei grattacapi universitari…
Fare un bilancio non è sicuramente facile, anche perché sono tanti i problemi e tante le risorse. Sicuramente però il percorso ad ostacoli è destinato a complicarsi. La volontà del Ministero di accorpare i vari corsi di laurea rischia di creare classi ancora più numerose. I tagli rischiano di soffocare il diritto allo studio aumentando le difficoltà per i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi. Da una corsa ad ostacoli, grossi blocchi sul nostro futuro...
(A cura di Maristella Iervasi)