Unità it: La scuola torna in piazza con la Cgil: «Diciamo no a questo macello sociale»
Il diritto allo studio è a rischio. Gli insegnanti, precari e non, i ricercatori, gli studenti ce l'hanno chiaro in testa: sono tornati in piazza insieme alla Cgil perché a essere messi in crisi, dalla legge Gelmini al progetto di legge Aprea, non sono solo i loro stipendi, il loro posto di lavoro, la qualità dell'insegnamento. È il diritto allo studio tutto.
di Paola Zanca
Il diritto allo studio è a rischio. Gli insegnanti, precari e non, i ricercatori, gli studenti ce l'hanno chiaro in testa: sono tornati in piazza insieme alla Cgil perché a essere messi in crisi, dalla legge Gelmini al progetto di legge Aprea, non sono solo i loro stipendi, il loro posto di lavoro, la qualità dell'insegnamento. È il diritto allo studio tutto.
«La maggior parte degli insegnanti dice no a questo macello sociale – ci spiega Autilia Lettieri, che insegna in una scuola elementare di Dragoncello, periferia di Roma - non solo i precari che perdono il posto, ma anche noi che dobbiamo buttare a mare la qualità del nostro lavoro. Nelle ore di compresenza, che ora non ci saranno più, recuperavamo gli alunni in difficoltà, facevamo laboratori di informatica e molte altre attività. Il diritto allo studio dei bambini viene seriamente compromesso: la Costituzione dice che bisogna rimuovere gli ostacoli alla effettiva uguaglianza tra i cittadini, invece qui, chi ha qualche carenza da colmare, a cominciare dai bambini stranieri, vede sparire l'unica possibilità che aveva di stare al pari con gli altri».
C'è anche chi da sette, otto anni aspetta un posto fisso e ora vede addirittura in dubbio la riconferma da precario. Si sono riuniti nella Rete nazionale dei precari della scuola e anche loro hanno aderito allo sciopero nazionale indetto dalla Cgil. Nessuno di loro sa se a settembre riprenderà a lavorare. Ma anche chi è più disperato non perde di vista l'interesse generale: «Quello che stanno facendo è illegittimo – dice Simona – non solo per la maniera con cui ci continuano a sfruttare. C'è una violazione delle norme di sicurezza: ogni alunno ha diritto a due metri quadri, ora siamo già al limite, prossimamente, con i tagli e il necessario accorpamento delle classi, lo supereremo senza dubbio. E poi, la cosa più grave: la scuola italiana rischia di non partire fino a dicembre. Ci hanno spiegato che cominceranno l'immissione al ruolo il 31 agosto del 2009: di solito a fine agosto c'erano già addirittura le convocazioni! Sarà impossibile far partire gli incarichi da settembre, e ripeto non è in ballo solo la nostra incertezza, ma soprattutto la didattica».
A chi dice che l'Onda è già morta, invece, replicano gli studenti: «Siamo vivi più che mai – dice Valerio Franzesini – soprattutto negli istituti tecnici, che sono quelli che più risentiranno dei tagli. Il nostro obiettivo è quello di unire la nostra lotta a quella dei lavoratori e il 4 aprile saremo di nuovo insieme alla Cgil». Anche nei licei, lo zoccolo duro resiste eccome: «Ci sono centinaia di studenti – racconta Leonardo Ialollo, che studio al Tasso di Roma – che continuano a partecipare alle assemblee, è l'informazione che ci ha abbandonato. Noi però andiamo avanti, perchè non possiamo accettare l'idea di un Paese che non investe sul suo futuro: in Francia, in Germania, in America tutti hanno aumentato i fondi per l'istruzione. Loro l'hanno capito che è da lì che si può superare la crisi