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Unità: L'Italia e la cultura? Separati in casa

Tullio De Mauro Intervistato da Francesco Erbani punta il dito contro la classe politica. I nostri ministri Stanno lentamente distruggendo la ricerca, l’insegnamento, l’università

31/03/2010
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l'Unità

Che ne è della cultura degli italiani?Qualcuno afferma che, tra i Paesiavanzati, il nostro, nonostante lebuone performance economiche,sia penalizzato da una sostanzialearretratezza culturale. Rispetto allamedia europea l’Italia ha una dellepercentuali più basse di diplomatie laureati, soprattutto nelle materiescientifiche. Da noi si leggonomeno libri e giornali. Per non parlaredello scarso numero di bibliotechepubbliche. Preoccupazione destanoi livelli di analfabetismo, magari,come si dice, «di ritorno». Laspesa per la ricerca è, in percentualerispetto al prodotto interno lordo,quasi la metà della media europea.Il numero dei ricercatori sul totaledelle persone impiegate è unodei più bassi d’Europa e la loro etàtra le più alte. Insomma, più di unmotivo per non essere ottimisti. Richiamaquesti dati Francesco Erbaninella prefazione alla nuova edizionedi un libro-intervista con TullioDeMauro:La cultura degli Italiani(Laterza, pp. 278, euro 12,00).

L’EMERGENZA ITALIANAUscito per la prima volta cinque annifa, il libro non aveva mancato difar discutere. Anche perché, di controal pessimismo delle analisi correnti,pur senza nascondersi i problemi,De Mauro nel riflettere sullostato della cultura nel nostro Paese,puntava a una definizione piùampia di questo concetto, per superarele accezioni troppo chiuse inambito umanistico-letterario o peraltri versi troppo specialistiche.Detto questo, lo studioso puntavail dito contro quella che a suo avvisorappresentava la vera emergenzaculturale in Italia: la disattenzionedella nostra classe politica neiconfronti della cultura stessa. Ora,a cinque anni di distanza, gli autorihanno provato ad aggiornare quelleriflessioni. Nella nuova edizioneviene riproposto integralmente iltesto del 2004, al quale è stato aggiunto unnuovo capitolo finale, intesosia come verifica delle ipotesiformulate nella prima parte del volumesia come proposta di una sortadi osservatorio permanente sullostato della cultura in Italia.La domanda di fondo che si pongonogli autori è se l’Italia sia o nouna nazione culturalmente arretrata.De Mauro evidenzia i punti diforza e quelli di debolezza della culturanazionale, mostrando come ladimensione culturale debba essereconsiderata parte integrante anchedel benessere materiale di unacomunità. Le forme del benessereproduttivo sono a rischio di perditase ad esse la classe dirigente non facorrispondere un’adeguata attenzioneai temi della scuola, della ricerca,della formazione, dell’università,della lettura.

DA PRODI ALLA GELMINIEppure le scelte degli opposti schieramentipolitici negli ultimi annisembrano essersi mosse in tutt’altradirezione. In questa parte dell’analisi(contenuta nel nuovo capitolo)De Mauro non fa sconti a nessuno:«Se si vuole prestare una logicad’insieme ai provvedimenti deiministri Gelmini e Tremonti in questematerie, la logica sembra esserequella di una progressiva, rapidadestrutturazione dell’apparatopubblico di ricerca e di insegnamento.Ma anche il Prodi bis è statoun’amara delusione per chi speravache promovesse un rilanciodella ricerca e delle spese per questa,per le università e le scuole».A sottolineare queste cose si rischiadi essere tacciati di fare dellaretorica disfattista. Eppure chi lavoranella scuola e nell’università sacomeoggi la situazione sia a dir pocodrammatica, anzi proprio tragica,per la mancanza di fondi per lecose più essenziali: mancano i soldiper pagare i supplenti, per comprarela carta delle fotocopie, peracquistare nuovi libri e attrezzature,per la messa a norma degli edifici.Se interpellassimo il Ministero dell’Istruzione, ci direbbero che non è vero niente e che stiamo facendodell’inutile allarmismo.Forse si potrà ingannare in partel’opinione pubblica, ma chi stanel mondo dell’istruzione in primapersona e tutti i giorni (insegnanti,ricercatori, studenti, genitori)conosce bene la realtà.

TAGLI ALLE RISORSEChe senso ha varare una riformaper la quale anziché investire nuoverisorse si tagliano quelle chec’erano prima? Questa bella, densaintervista di Erbani a De Mauroaiuta a porre tali scottanti questioniin un più ampio contesto,fatto di disattenzioni e irresponsabilitàda parte di chi, governandoil Paese, dovrebbe essere chiamatoa perseguire sagge prospettivedi lungo periodo, anziché asfitticidisegni utili solo a far quadrare iconti della serva. Con un prevedibilee forse irreversibile dannoper il futuro del nostro Paese.