Unità: l'UDU: Nè manager nè baroni
Quello che verrà presentato in Consiglio dei Ministri è un disegno di legge che assesta un altro duro colpo all’università italiana, quello definitivo.
Quello che verrà presentato in Consiglio dei Ministri è un disegno di legge che assesta un altro duro colpo all’università italiana, quello definitivo.
Oggetto della riforma sono la governance, ovvero il sistema di governo dell’università, il reclutamento dei docenti e una delega al governo per la riforma del sistema del diritto allo studio.
Meno studenti e più manager nei C.d.A. degli atenei. Viene riformulata la composizione dei consigli di amministrazione che saranno aperti per almeno il 40% ad esterni, ci sarà un solo studente nonostante rappresenterà la componente più numerosa della comunità accademica. Dopo la possibilità di trasformazione in fondazione di diritto privato prevista dalla 133, questo è un ulteriore passaggio verso l’aziendalizzazione delle università e della loro dipendenza dal mercato.
Spariscono le facoltà! Università sempre meno democratiche. Le attività di ricerca e di insegnamento saranno attribuite ai dipartimenti che potranno decidere di accorparsi in strutture di raccordo o meno. Il senato accademico perde molti poteri che vengono trasferiti al C.d.A. e al Rettore.
Test d’accesso anche per le borse di studio! Viene istituito un fondo nazionale per il “merito” al quale, previo pagamento, possono accedere gli studenti che vorranno tentare la fortuna e vincere una borsa di studio. Invece di dedicare maggiori risorse alle borse di studio la Gelmini inventa l’ennesima lotteria.
Delega per riformare il diritto allo studio. La Gelmini decide che il diritto allo studio è un argomento superficiale, uno di quelli che basta una delega al Governo per affrontarli. Non si pensa ad una discussione preventiva con gli studenti e con le Regioni, non si capisce con quale indirizzo si vuole riformare il diritto allo studio, anche se possiamo immaginarci che ci infileranno i privati visto la tenenza.
Finanziamenti agli atenei in base al costo standard studente. Si prevede che una parte del fondo di finanziamento ordinario venga ripartita in base al costo standard unitario di formazione per studente in corso. L’idea di creare università di serie A e di serie B trova applicazione nell’introduzione di questo assurdo parametro che non tiene conto delle differenze che possono intercorrere per esempio tra l’università di Palermo e quella Milano immerse in realtà territoriali completamente diverse.
Una riforma a costo zero. Quanti soldi erogherà il ministero per questa riforma? Zero! Infatti il disegno di legge prevede che dall’attuazione della riforma non devono derivare “oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”. E come se si volesse ristrutturare un palazzo senza soldi.
L’Università pubblica versa in questo momento in una crisi profonda. Moltissimi sono gli Atenei che hanno problemi di bilancio, tutti non hanno prospettive di lungo periodo e sono incapaci di fare previsioni. L’Università pubblica ormai vive alla giornata nella speranza che il Governo torni indietro e pensi all’istruzione universitaria pubblica come un settore su cui puntare per il rilancio del nostro Paese e non come un peso per la spesa pubblica.
Come si può pensare di risolvere i problemi dell’Università pubblica facendo tagli indiscriminati? La classifica bufala degli atenei “virtuosi” né è d’altro canto un ulteriore conferma. E come si può pensare di risolvere i problemi dell’Università pubblica senza affrontare il tema della valutazione della qualità della didattica, lasciando che i parametri di valutazione continuino ad essere esclusivamente numerici e quindi quantitativi, e risolvendo il problema della mancanza di fondi per il diritto allo studio, dalle borse all’edilizia universitaria, senza finanziamenti e delegando al Governo una riforma per la quale manca una discussione? Questo blitz che la Gelmini sta facendo in Consiglio dei Ministri è una follia, sia nei contenuti sia nel metodo, con cui il Governo intende affrontare questo delicato tema che dovrebbe essere pensato come strategico per il nostro Paese e che invece è paradossalmente trattato come marginale. Se il Governo pensa che d’imperio consegnerà gli Atenei ai privati troverà la nostra forte opposizione di piazza, per difendere l’istruzione universitaria pubblica ed il diritto allo studio che oggi hanno un grande e prioritario problema per la loro sopravvivenza: il finanziamento.
Giorgio Paterna, Coordinatore Nazionale Unione degli Universitari
28 ottobre 2009