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Unità-L'Ulivo può inventare il futuro"

L'Ulivo può inventare il futuro" Un programma per la sinistra. Un programma che, formalmente, non c'è ancora. E che sarà il tema di questa seconda parte di estate politica e di tutto il prossimo...

07/08/2004
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l'Unità

L'Ulivo può inventare il futuro"

Un programma per la sinistra. Un programma che, formalmente, non c'è ancora. E che sarà il tema di questa seconda parte di estate politica e di tutto il prossimo autunno. Giuliano Amato su "Repubblica" ha provato a ragionarci sopra. Si è chiesto se sia possibile mandare messaggi semplici ed efficaci, e al tempo stesso messaggi affidabili. E partendo dalla frase di John Edwards - "Non più un'America dei ricchi e una dei poveri, ma un'unica, sola America per tutti" - si è domandato: "Che cosa c'è, insomma, in quella bellissima idea semplice? Null'altro che l'intuizione di un bravo spin doctor, che ha capito come far leva su sentimenti collettivi fortemente sentiti, oppure la sintesi di un progetto capace di snodarsi poi in soluzioni persuasive e concrete? Sono domande che dobbiamo porci anche noi dell'Ulivo, spronati da tempo da tanti editorialisti, più o meno amici, a trovarla un'idea finalmente semplice e ad uscire così da un'immagine che essi vedono verbosa e confusa".
Allora dai politici la domanda di come, con quali formule, con quali idee vincenti, vada scritto il programma dell'Ulivo va girata a quella che un tempo veniva chiamata la società civile. Cominciando da Domenico De Masi, preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione alla Sapienza di Roma, autore di moltissimi saggi sul mondo del lavoro, sulla società italiana, sul futuro postindustriale.
Professor De Masi, cosa vorrebbe scritto in questo programma?
"Prima di dirci cosa scrivere. Diciamoci un'altra cosa. Vorrei un programma che sia più progressista di quello delle destre".
Beh, questo è il minimo.
"Sarebbe il minimo. Ma non mi farei troppe illusioni. E poi vorrei che fosse un programma attendibile. Dopo tutte le inattendibilità di Berlusconi".
Torniamo al primo punto. Un programma progressista. Cosa vuol dire?
"Le faccio un ragionamento molto semplice. Noi siamo a una fase avanzata di passaggio da una società industriale a una società postindustriale. La società industriale ha sempre pensato a produrre in grande serie i beni materiali".
E la società postindustriale?
"La società postindustriale delega alle macchine e a quello che chiamavamo il Terzo Mondo la produzione di beni materiali. Mentre si tiene per sé i servizi, le informazioni, i simboli, i valori e le estetiche".
Dunque?
"Dunque il tema della società industriale era la produzione di plusvalore. E stava in questa domanda fondamentale: chi si prende il plusvalore? Il datore di lavore come profitto o il lavoratore come salario? Oggi il tema non è più quello su chi si appropria del plusvalore, ma sulla capacità di produrre futuro".
Lei vuole dire che il nodo del passaggio da una società industriale a postindustriale sta tutto nella capacità e nel coraggio di gettare all'aria vecchi schemi attraverso l'idea di futuro?
"I vecchi schemi di come la sinistra pensa ancora il lavoro. Fino ad oggi la sinistra è stata incapace di comprendere che la produzione di futuro passa da una diversa conoscenza della realtà".
Detto così non è semplicissimo&
"La sinistra è ancorata al problema del plusvalore. E poi c'è un secondo aspetto. Oggi gli operai rappresentano il 15, al massimo il 20 per cento della popolazione. Tutti gli altri, e dico tutti, sono lavoratori intellettuali. L'organizzazione del lavoro intellettuale è diversa da quella del lavoro manuale. Ma la sinistra rimane ancora a vecchie categorie".
Quali?
"Nel lavoro manuale tutto è basato sul controllo del lavoro. Nel lavoro intellettuale è tutto costruito sulla motivazione. La sinistra che basa tutto il suo modo di pensare il lavoro su canoni industriali non ha capito questa profonda diversità. La diversità porta a un nuovo modo di coesione sindacale, basata sui bisogni e non sulle rivendicazioni di categoria. Niente più lotte di sindacato ma movimenti, aggregazioni fluttuanti, flessibilità. E molta più creatività".
E tutto questo vorrebbe leggerlo nel programma futuro dell'Ulivo?
"Vorrei leggere qualcosa che mi dia la certezza che la sinistra ha intuito perlomeno i profondi cambiamenti sociali a cui stiamo andando incontro".
Ovvero?
"Quello che io chiamo il soggettivo e il collettivo. Nel Dna della sinistra c'è solo l'importanza del collettivo. Ma il collettivo deve venire non a discapito del soggettivo. E questo ha fatto per troppi anni la sinistra".
Giuliano Amato ha sostenuto che non basta dare messaggi semplici ed efficaci per convincere gli americani a votare democratico. Che non basta uno spin doctor per costruire un programma degno di questo nome.
"Giuliano Amato è un uomo intelligente e stimabile. Ma il suo articolo su "Repubblica" è l'articolo di un burocrate noioso. E mi dispiace. Da un programma della sinistra ci si aspetta maggior coraggio. E la qualità del personale politico della sinistra del prossimo futuro deve poggiarsi su due aspetti. Deve essere integerrimo e deve essere creativo".
Creativi in politica? De Masi, è sicuro?
"Ma certo. Il problema è che serve una svolta, un nuovo modo di pensare, un nuovo paradigma. E per farlo ci vuole una classe politica diversa. Cercata tra le persone di talento, tra le persone che hanno voglia di cambiare le cose. La sinistra fino ad oggi si è attenuta a una dimensione grigia e affaristica della politica. E ha fatto scappare molti giovani che alla politica si sarebbero voluti avvicinare".
Sì, ma il grigio della sinistra è sempre preferibile all'azzurro del centro destra.
"È vero. Ma è proprio in questo momento che c'è l'occasione migliore. Siamo di fronte a una opporturnità grandissima. Il fallimento di Berlusconi, la sua inattendibilità ha cancellato quel poco di moderno che la sua discesa in politica sembrava portare. Ora è il momento di rischiare di più".
E come?
"Dicendolo chiaramente. La sinistra deve incoraggiare la produzione di creatività e di felicità".
De Masi, se lo immagina Fassino, Rutelli o Amato che vanno in televisione a dire che il programma della sinistra vuole essere la realizzazione di un mix vincente tra felicità e creatività? Non crede che la gente strabuzzerebbe gli occhi?
"Guardi che è un discorso serio. Non è un proclama da santone new age. Nella società postindustriale il nodo è tutto qui. Lasci stare i luoghi comuni. Questo sbandierare il rigore come una garanzia di serietà. Si può essere rigorosi anche quando ci si preoccupa della felicità dei propri cittadini, non solo quando si discute di pensioni o di debito pubblico".
E la creatività?
"È l'ultima nostra risorsa. Deve essere il primo punto della sinistra. Investire sulla creatività. Non viviamo più di catene di montaggio e di meccanismi ripetitivi. E il lavoro creativo rende liberi. E dunque felici".
rcotroneo@unita.it