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Unità: La manovra premia famiglie e lavoro

Analisi Ires-Cgil: la nuova Irpef a favore di pensionati e dipendenti. Bene la lotta all’evasione

07/01/2007
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l'Unità

di Bianca Di Giovanni / Roma

ANIME Davvero è una manovra senz’anima? Secondo l’Ires-Cgil, per la verità, nel grande ordito dei 1.365 commi della Finanziaria è possibile rintracciare una trama netta in favore dei più deboli e dei lavoratori. «L’anima sociale c’è - dichiara Agostino
Megale - La manovra è equa verso i più deboli. E proprio al welfare e ai cittadini più svantaggiati dovranno essere destinate le eventuali maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione». Secondo Megale c’è bisogno di una decisione chiara del governo sulla riforma degli ammortizzatori sociali che si aspetta già da anni. «Quella riforma - spiega - è la vera condizione per tutelare anche il lavoro flessibile». Il presidente dell’istituto di ricerca della Cgil interviene presentando l’ultimo rapporto dedicato alla versione definitiva della manovra, curato dai ricercatori Antonio Ruda e Riccardo Sanna. Una settantina di tabelle (consultabili sul sito www.ires.it) che mettono in evidenza soprattutto gli effetti redistributivi dell’intervento: gli assegni per i figli, gli sgravi per i pensionati più anziani, le tutele per la malattia e la maternità dei precari. Una vera svolta rispetto alle manovre tutte condoni-cartolarizzazioni- aliquote soft che alla fine penalizzavano i più poveri. A dimostrarlo sono i numeri: anche conteggiando maggiori prelievi locali (che non sono scontati), bolli più cari e tasse sul gasolio o ticket sanitari, una famiglia media (30mila euro annui con moglie e un figlio a carico) alla fine ci guadagna.

L’eredità di Berlusconi
I cinque anni del centro-destra non hanno lasciato soltanto più debito e nessun segno di riduzione delle spese. In cifre, un debito in risalita con una spesa per interessi passivi pari a 64.6 miliardi di euro (quasi il doppio della manovra varata da Tommaso Padoa-Schioppa) , per di più con l’azzeramento dell’avanzo primario (quella quota di attivo di bilancio da tenere da parte per abbassare il debito pregresso), ovvero 45 miliardi andati in fumo (nel ’95 l’avanzo era al 5% del Pil). In questa situazione si è venduto patrimonio a-go-go (per la verità non si è riusciti a vendere tutto quello che si è messo sul mercato e il conto finale delle Scip è ancora da fare), si è condonato, si è abbassata la pressione fiscale dello 0,7% del Pil, la stessa pressione che con l’ultima manovra torna sopra quota 42% ma anche con il contributo del recupero dell’evasione.

Effetti sulle famiglie
Ma nel quinquennio appena trascorso non è accaduto solo questo, che pure è già molto. Tra il 2002 e il 2005 per imprenditori e liberi professionisti il potere d’acquisto è aumentato di oltre novemila euro l’anno. Per gli impiegati e gli operai è diminuito di circa 1.500 euro. Nel solo 2005 restano pesantemente sotto la media nazionale i redditi delle lavoratrici donne (-18% rispetto a un dipendente uomo), i giovani (-24,5% rispetto alla media), i lavoratori del sud (-30,2%), i lavoratori delle piccole imprese (-38,2%) e i lavoratori immigrati (-38,6%). Nello stesso anno erano 6,5 milioni i lavoratori con un salario sotto i mille euro (la metà di tutti i dipendenti) e 10 milioni i pensionati che guadagnavano meno di 800 euro (dati Ires). I dati sono confermati da un intervento su Lavoce.info, che mostra come tra il 2002 e il 2005 sia aumentato il tasso di povertà relativa (a fronte di una diminuzione nel quinquennio precedente) e il grado di disuguaglianza tra i redditi. Questa è la fotografia dell’Italia: un Paese troppo malato di diseguaglianza. L’immobilismo coinvolge anche le imprese, che nello stesso periodo hanno perso quote di mercato globale.

Cambiare rotta
Su questa base si fonda l’intervento sull’Irpef: chiedere qualche sacrificio a chi ha di più in favore di chi ha meno. Tre miliardi vengono redistribuiti dai redditi sopra i 40mila euro a quelli sotto in favore dei lavoratori dipendenti e delle loro famiglie. Due miliardi vengono destinati ai pensionati e 1,6 ai lavoratori autonomi a basso reddito. La nuova curva Irpef, poi, adotta un meccanismo per cui si eliminano le cosiddette «trappole della povertà», ovvero quei casi in cui anche se si ottengono aumenti si intasca sempre meno perché scatta una aliquota più alta. Quanto alle imprese, si taglia l’Irap per 2,5 miliardi, con un intervento generale e uno forfettario (deduzione di 5mila euro a lavoratore) che raddoppia a Sud. E non solo: con una maggiorazione in caso di lavoratrici donne. Ma per le imprese si fa anche di più: tra i fondi per la ricerca e l’innovazione e gli sgravi per le piccole aziende che vogliono crescere, si tenta di dare più forza a un sistema troppo debole nel confronto globale.

Lavoro stabile e sicuro
Ma è l’intervento sul lavoro a caratterizzare di più - secondo l’Ires - l’ultima Finanziaria. «Dal rapporto emerge un quadro autentico della manovra - dichiara Beniamino Lapadula - Peccato che non si sia riusciti a spiegarlo a sufficienza». In effetti ha fatto più notizia l’aumento del bollo - che, detto per inciso, non supera i 16 euro annui per le euro3 cioè il 90% del parco auto italiano, con un aumento per le famiglie di poco più di un euro al mese - che non la tutela della maternità per le lavoratrici a progetto. Ai collaboratori per la prima volta vengono riconosciuti i congedi parentali (tre mesi con il 30% della retribuzione) e l’indennità di malattia (fino a 20 giorni). Sempre per i collaboratori, che vedono aumentare i contributi sociali, si prevedono compensi parametrati a quelli previsti dal contratto nazionale di settore. Si avvia poi con la manovra il piano di stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione. Quanto alla sicurezza, si rafforzano le ispezioni e si mette in campo una serie di interventi per l’emersione del sommerso.

Bilanci familiari
Il centro-sinistra mette le mani nelle tasche degli italiani? Questo il ritornello ripetuto dal centro-destra. Orientarsi nel mare di interventi della Finanziaria per la verità è molto difficile. Innanzitutto c’è da dire che le tasse cambiano anche tecnicamente: si torna alle detrazioni (cioè l’abbassamento delle imposte e non il taglio della base imponibile) che si distribuiscono in base al numero di figli e in base al reddito. Per questo un confronto immediato non è affatto facile. Certamente aumentano gli assegni familiari, che vengono destinati anche alle famiglie più abbienti. Nel complesso l’intervento Irpef redistribuisce le risorse utilizzate nel secondo modulo della riforma Tremonti (come prevedeva il programma). Sempre alle famiglie viene chiesto però di pagare di più il bollo auto (come si è detto nella maggior parte di casi 16 euro di rincaro), l’accisa del gasoli (1 cent a litro) , più (eventuali) tasse locali e ticket sanitari. Per una famiglia di un lavoratore dipendente con un figlio, sommando il dare e l’avere, c’è comunque un guadagno di circa 320 euro annui.