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La pedagogia del padrone delle ferriere di Andrea Ranieri C'è una legge in Italia che stabilisce l'obbligo formativo, in percorsi scolastici, o di formazione professionale, o di apprendimento fi...

25/05/2004
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l'Unità

La pedagogia del padrone delle ferriere
di Andrea Ranieri

C'è una legge in Italia che stabilisce l'obbligo formativo, in percorsi scolastici, o di formazione professionale, o di apprendimento fino ai 18 anni di età.
Si innesta, questa legge, alla legge 9 che prolunga l'obbligo scolastico fino ai 15 anni, e in prospettiva fino al biennio della superiore, per far sì che tutti partano per i successivi percorsi formativi con livelli di sapere e saper fare più alti, e con un orientamento più fondato e motivato. Queste leggi le ha fatte il Governo di centro sinistra. La Signora Moratti, la cui strategia comunicativa sembra presupporre un pubblico privo di memoria e incapace di verificare i fatti, annuncia oggi questo obiettivo come una novità e come un sostanziale passo avanti. Si può dimostrare coi fatti che in realtà rispetto alle precedenti leggi del centro sinistra, non solo non si aggiunge niente, ma si tolgono delle cose decisive per raggiungere l'obiettivo proclamato. Prima di tutto i soldi. Gli ultimi stanziati per il raggiungimento dell'obiettivo sono quelli del centro sinistra. Da allora il Governo del centro destra non ha più messo una lira (anzi la legge 144, quella per il potenziamento dell'offerta formativa, è stata pesantemente definanziata), lasciando alle Regioni l'onere di far fronte a un obbligo per lo Stato e a un diritto per i giovani e le famiglie. Alcune Regioni si sono mosse, altre sono ferme al palo. Eppure i soldi sono indispensabili non solo per attrezzare le strutture formative al compito, ma perché tutti i dati ci dicono - la recente giornata dell'Unesco sul lavoro minorile è stata una miniera di informazioni a riguardo - che la dispersione scolastica ha a che fare con la povertà delle famiglie, e che per tenere tutti in formazione fino ai 18 anni è necessaria una politica di diritto allo studio a sostegno delle famiglie degli adolescenti poveri.
Al posto di questo la Moratti, e molte Regioni di centro destra, hanno lanciato la politica dei bonus per chi manda i figli alla scuola privata. Può capitare - è capitato e capita nel Nord-Est rampante - che un imprenditore che paga di retta per mandare i figli alla privata più dello stipendio di un operaio, abbia un sostegno pubblico, che al suo operaio, per mandare i figli a scuola è del tutto negato.
Poi la formazione nei percorsi di apprendistato. La legge 30 sul mercato del lavoro come è noto allenta i vincoli delle imprese a mandare i ragazzi in formazione esterna, riaprendo le porte ad un uso dell'apprendistato - purtroppo prevalente nel nostro Paese - come puro e semplice strumento per la riduzione dei costi. Contemporaneamente si enfatizza l'alternanza studio-lavoro come una nuova modalità per l'adempimento del diritto-dovere di formazione.
Chi si è confrontato seriamente con la tematica degli stages in azienda, sia dal lato delle scuole che da quello delle imprese, secondo la normativa già esistente nel nostro Paese e del tutto in linea con le normative europee, ne conosce le difficoltà e i problemi: la piccola dimensione delle nostre imprese, la scarsa cultura formativa presente nella maggior parte di esse, la difficoltà a progettare percorsi integrati con le scuole. Chi ha provato seriamente sa che gli studenti proficuamente inseribili in percorsi di stages in un'azienda di medie dimensioni non sono più di 2 o 3 contemporaneamente, e anche questi con costi economici, organizzativi e progettuali da parte sia delle imprese che delle scuole. Il fatto che il canale venga oggi enfatizzato come una possibilità per tutti finalmente disponibile, senza una seria ricognizione delle esperienze in corso, apre più di un sospetto che stia passando l'idea del lavoro come formativo a prescindere, con una cultura pedagogica più da padrone delle ferriere che da moderna economia della conoscenza.
Infine c'è un po' di scuola in meno per i ragazzi dopo i 14 anni. Questa è la vera sostanziale novità: la possibilità di mandare i ragazzi fin dai 14 anni nella formazione professionale, come del resto è sempre stato prima della legge 9 che ha introdotto il prolungamento dell'obbligo scolastico.
In questa formazione professionale, non in quella immaginata da Bertagna e dalla Moratti. Senza integrazione con la scuola. Privando migliaia di ragazzi di basi culturali ormai necessarie a qualunque professione, a qualunque saper fare. Molte Regioni italiane, a cominciare da quelle governate dal centro sinistra, ma non solo, hanno continuato a proporre il biennio unitario come logica prosecuzione del ciclo primario, anche attraverso l'integrazione con la formazione professionale. Altre hanno spinto l'acceleratore sui corsi di sola formazione professionale, distraendo tra l'altro le risorse del Fondo Sociale Europeo degli impieghi più appropriati, senza che a tuttoggi si sia in grado di valutare quanto di lingua, di misura, di operatività abbiano acquisito i ragazzi impegnati in quei percorsi, e se abbiano davvero contribuito a ridurre i tassi di dispersione. Le ricerche europee ad oggi disponibili ci dicono che la separazione dei percorsi, mentre è del tutto irrilevante ai fini del contrasto della dispersione scolastica, provoca grandi differenze nelle capacità di apprendimento per tutta la vita lavorativa, la tenuta o il rapido declinare degli stessi livelli di alfabetizzazione in età adulta.
Dietro le tecnicalità della legge si cela quella che è la vera alternativa della società della conoscenza: se valorizzare il sapere di una parte, precarizzando o dequalificando il lavoro dei più, o se si saprà dare valore al sapere e all'intelligenza di tutti. Con i nuovi provvedimenti il Governo di centro destra sceglie il primo corno del dilemma. La nostra idea di riforma e di cambiamento della scuola e del lavoro stava e sta dalla parte opposta.
Segreteria Nazionale Ds