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Unità: La strana scuola del professor Panebianco

Pietro Folena *

31/10/2006
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l'Unità

Pietro Folena *
La campagna che il Corriere della Sera sta conducendo contro alcune norme della legge Finanziaria riguardanti la scuola e, in particolare, l'immissione in ruolo di 150mila docenti precari nei prossimi tre anni mi pare viziata da una certa vena polemica che dipinge la classe docente come se fosse una casta di fannulloni privilegiati.
È bene che i cittadini-contribuenti sappiano che non ci sono in vista assunzioni di massa. Semplicemente 150mila insegnanti vedranno regolarizzata la loro posizione lavorativa. Si tratta di persone che già lavorano nella scuola, spesso da molti anni, ma in modo precario. Vengono «assunti» a settembre e «licenziati» a fine luglio. Questo continuo «assumi-licenzia» costa allo Stato soldi, tempo di lavoro di migliaia di funzionari, posti scoperti (e quindi ore di lezione perse) all'inizio dell'anno scolastico, e soprattutto genera incertezza tra gli studenti che, ogni anno, si trovano ad avere un docente diverso. La mancanza di continuità didattica non è esattamente il metodo migliore per innalzare il livello della scuola italiana.
Queste regolarizzazioni, insomma, servono prima di tutto a rendere il sistema-scuola più efficace sul piano didattico e più efficiente nell'organizzazione. Le regolarizzazioni, inoltre, avverranno sulla base dei pensionamenti che si preannunciano massicci nei prossimi anni. E, dato che un insegnante neo-assulto costa di meno di uno di lunga carriera, faranno risparmiare allo Stato molti danari.
Non mi pare poi che venga per nulla considerata la grande innovazione contenuta nella Finanziaria, ovvero l'innalzamento dell'obbligo scolastico a 16 anni. Una misura necessaria per un paese che vuole competere sulla qualità e che quindi ha bisogno di lavoratori più qualificati. Il professor Panebianco invece si lamenta della «liquidazione silenziosa» della (contro)riforma Moratti. Mi duole davvero che un uomo di cultura non comprenda come quella riforma altro non era che la riproposizione, sotto nuove spoglie, del vecchio avviamento professionale. Un ritorno al passato che ci avrebbe portato fuori persino dagli obiettivi di Lisbona, laschi parametri che soccombono sistematicamente a quelli di Maastricht. Servirebbero invece obblighi veri di consistenti investimenti nell'istruzione, nella cultura e nella ricerca, con tanto di multe salate per chi non li rispetta. I soldi spesi in questi settori sono investimenti sul futuro. Andrebbero scomputati dal trattato sulla stabilità monetaria, come in molti hanno cercato di proporre.
Infine, non è vero che gli insegnanti in Italia sono troppi. Il nostro è un paese fatto di piccoli comuni e non di grandi agglomerati urbani. Tutte le organizzazioni sul territorio sono moltiplicate rispetto ad altri paesi: scuole, poste, stazioni dei carabinieri, parrocchie. Che facciamo, chiudiamo tutto perché la media europea è un po’ più alta della nostra? E i servizi ai cittadini chi li eroga? Quanto alle ore passate in classe dagli insegnanti, sarei d'accordo ad aumentarle se fosse parte di una riforma basata sul tempo pieno, che la ex ministra Moratti ha tagliato. Questo però significa più personale ausiliario che deve tenere aperte e funzionanti le scuole anche di pomeriggio e molti insegnanti in più che seguano gli studenti nei compiti e che diano ripetizioni a piccoli gruppi, altrimenti non serve a nulla. Immagino già lo sconcerto di qualcuno di fronte alle assunzioni di massa necessarie. Ma sarebbe davvero un'ottima riforma.
Sarei anche per la verifica del numero di ore di presenza in aula dei docenti universitari ordinari, alcuni (solo alcuni) dei quali fortemente impegnati in attività private lautamente retribuite (lo dico senza polemica verso il professor Panebianco che sono sicuro essere indefesso nell'insegnamento). Anche questa sarebbe un'ottima riforma, che forse sconcerterebbe anch'essa qualcuno.

*Presidente della Commissione Cultura della Camera