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Unità: Le gabbie? Per il Mezzogiorno sarebbero una bomba sociale

Intervista a Luciano Gallino

10/08/2009
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l'Unità

Misura perversa Vanno contro la Costituzione e provocano effetti negativi a catena
Il Meridione sconta già stipendi più bassi e un Pil pro capite considerevolmente inferiore

MARCO VENTIMIGLIA
Più che uno studioso qui ci vorrebbe un comico. Eh sì, perché questa storia delle gabbie salariali è un perfetto esempio di umorismo nero. Il Meridione se la passa male? Si può anche riuscire a farlo stare peggio... Insomma, se Berlusconi ha deciso di dare retta ad una delle ultime richieste strampalate della Lega il motivo può essere individuato nella politica, non certo nella ricerca del bene comune». Professore emerito dell’Università di Torino, il sociologo Luciano Gallino è persona dall’esposizione pacata, che però questa volta non può esimersi dall’utilizzare toni forti. Troppo squinternato il progetto governativo dell’Agenzia per il Sud, con i suoi annessi e connessi, per consentire una riflessione asettica.
Il premier, come al solito, celebra le sue iniziative in pompa magna. Per il piano destinato al Mezzogiorno si è evocato nientemeno che il New Deal di roosveltiana memoria.
«Che dire? Visto che l’architrave del progetto consta, appunto, nel differenziare i salari fra Nord e Sud, oppure, usando il linguaggio edulcorato di questi giorni, parametrare le buste paghe al costo della vita, è bene sottolineare che si tratta di un’idea che non sta in piedi da qualunque prospettiva venga considerata».
C’è il risvolto etico-politico...
«Che è assolutamente insostenibile. la Nostra Costituzione spiega che ad uguale lavoro dovrebbe corrispondere uguale compenso, il che, usando un eufemismo, mi sembra una cosa un po’ diversa dalle gabbie salariali».
Ci sono poi le conseguenze economiche e sociali.
«Che sarebbero semplicemente devastanti. Pagare delle retribuzioni più basse nel Meridione provocherebbe una catena di effetti negativi. Basti pensare all’ammontare delle pensioni, che dopo le micidiali riforme succedutesi a partire dagli anni Novanta si sono già impoverite arrivando a scendere fino al 40% dell’ultimo salario corrisposto. E che ne sarebbe della domanda, del livello dei consumi, a fronte di stipendi ancora più bassi? Il tutto in un territorio che sconta già un cospicuo arretramento rispetto al Nord del Paese. Insomma, con le gabbie salariali verrebbe alimentato una sorta di circolo perverso della diseguaglianza. Senza contare i paradossi pratici che sarebbero causati da una tale iniziativa».
Vale a dire?
«Di fatto, a parità di impiego, gli stipendi nel Sud dell’Italia sono già più bassi rispetto a quelli pagati al Nord, in media inferiori del 15% per quanto riguarda gli operai e del 22% per impiegati e quadri intermedi. E allora che cosa si vuol fare? Non applicare a questi sfortunati lavoratori i prossimi contratti, o magari tagliargli da subito gli emolumenti? Il tutto in un’area del Paese dove, è sacrosanto ricordarlo, il Pil pro capite è gia inferiore del 40% rispetto a quello prodotto nel Settentrione, 18.000 euro contro 30.000».
Per i sindacati sarebbe ancora possibile gestire dei rinnovi nazionali dei contratti?
«Non credo proprio, se già consideriamo le attuali difficoltà da parte delle forze sociali nel restare unite e tenere tutti i lavoratori dentro i contratti. In realtà, con l’introduzione delle gabbie salariali diverrà ancor più frenetico un fenomeno drammatico: l’esodo di massa verso le zone più benestanti. Del resto i numeri parlano chiaro: negli ultimi 10/11 anni sono partiti verso il Nord qualcosa come 700.000 persone, molte delle quali in possesso di laurea o diploma. Per le regioni del Mezzogiorno si tratta di una colossale perdita di capitale umano, ma anche di soldi e servizi, qualcosa come 70 miliardi di euro che hanno attraversato il Paese dal basso verso l’alto».