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Unità-Le Regioni vogliono fermare la scuola Moratti

Le Regioni vogliono fermare la scuola Moratti Il Piemonte guida la rivolta: "La nuova legge scarica i costi su di noi e distrugge la formazione professionale" di Fabio Amato CON L'INI...

03/09/2005
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l'Unità

Le Regioni vogliono fermare la scuola Moratti

Il Piemonte guida la rivolta: "La nuova legge scarica i costi su di noi e distrugge la formazione professionale"

di Fabio Amato

CON L'INIZIO del nuovo anno scolastico, il 12 settembre, la legge Moratti farà il suo ingresso ufficiale nella scuola, trascinando con sé tutto il peso delle polemiche che l'accompagnano fin dalla sua approvazione. Più di 7milioni e mezzo gli studenti che torneranno tra i ban-
chi, 735mila i docenti di ruolo, ai quali va aggiunto un "parco precari" che, nelle stime fornite dalla Flc-Cgil, oscilla tra le 120mila e i 150mila unità. Soprattutto, una serie di incognite sugli effetti che il "riordino" voluto dal ministro produrrà sulla qualità formativa e sulla stabilità economica dell'istituzione scolastica italiana.
Attiva da quest'anno la riforma di elementari e medie - con conseguenze ancora incalcolabili sulla qualità della didattica - la partita più importante rimane quella del secondo ciclo, le vecchie superiori. Nelle intenzioni del ministero l'anno alle porte dovrebbe essere l'ultimo di un'epoca, con l'avvio delle sperimentazioni e il definitivo riassetto nel 2006/07. Il consiglio dei ministri ha infatti approvato in via preliminare - il 27 maggio scorso - il decreto attuativo che riordina le superiori secondo la distinzione tra licei (otto con relativi indirizzi) e formazione professionale. Alla sua definitiva approvazione manca solo il sì definitivo dello stesso consiglio, che deve obbligatoriamente arrivare entro il 17 ottobre prossimo, termine ultimo prima della decadenza della delega al ministero.
Come la riforma potrà funzionare tuttavia, è nebbia fitta. A cominciare dalla copertura economica della riorganizzazione. Secondo il decreto, infatti, il ministero si occuperebbe della gestione economica dell'istruzione - vale a dire dei licei - lasciando alle Regioni la gestione della formazione professionale. Per parte sua lo Stato si impegna a garantire "i livelli essenziali delle prestazioni del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione". Ma la definizione, vaga, ha lasciato interdette Regioni e sindacati. Lo spettro è quello di una istruzione "socialmente orientata a creare disparità tra i cittadini", come l'ha definita Enrico Panini, segretario della Flc Cgil.
In concreto, se la copertura economica della formazione professionale sarà demandata alle Regioni, è molto probabile che alcune non siano in grado di coprire le spese. Gli effetti: una migrazione di studenti e professori verso altri lidi, o verso l'istruzione liceale, o peggio la dissoluzione del sistema della formazione professionale. I cui costi, attualmente, sono coperti all'80% dal Fondo sociale europeo e solo per l'11% dalle Regioni. "Nel momento in cui questa formazione sarà a regime - spiega Silvia Costa, assessore scuola della Regione Lazio e coordinatore della conferenza delle Regioni - il Fondo sociale verrà ritirato, con conseguenze disastrose per noi che ci dovremo accollare i costi".
Alla questione di merito va poi affiancata quella di metodo. La sperimentazione, infatti, è stata prevista dal ministro in spregio alla riforma del Titolo V della Costituzione, che affida alle Regioni la competenza esclusiva sull'offerta formativa. "Se le sperimentazioni saranno avviate - spiega ancora Costa - è molto facile che le Regioni presentino ricorsi a raffica per bloccarle".
Regioni e governo al braccio di ferro, quindi. Già con iniziative di esplicito boicottaggio da parte delle prime della riforma. Capofila il Piemonte: l'assessore all'istruzione ha firmato una delibera con cui invita i presidi a non far partire la sperimentazione per i prossimi due anni. Aspettando comunque il 15 settembre per la scadenza della conferenza Stato-Regioni, in cui tutti i dissapori saranno formalizzati. Obiettivo per le Regioni è quello di bloccare le sperimentazioni e di ridiscutere il decreto. Difficile, tuttavia che il ministro accetti un rinvio. A gennaio scadono infatti le preiscrizioni, e per quella data il ministro vuole offrire almeno un simulacro, ancorché vuoto, della scuola che sarà.