Unità: Lezione alla politica. «Democrazia è saper ascoltare tutti, anche i più piccoli»
Professoressa di inglese a Locri, critica l’idea che la «i» di «impresa» debba essere insegnata nelle classi italiane. Ma ne ha anche per il Pd: «Nell’ultimo programma poco spazio alla scuola»
Ho maturato la scelta di fare l’insegnante dopo la laurea in scienze politiche. C’era un pallino che mi frullava nella testa: perchè tra le categorie svantaggiate ci sono i minori a rischio? Per capirlo meglio ho pensato di fare un tirocinio in una elementare nel mio paese, in Calabria. Questa esperienza mi ha portato a scegliere: ho capito che il mio posto è nella scuola». Maria Natalia Iiriti, 38 anni, insegna inglese in una scuola primaria di Locri, in provincia di Catanzaro».
Così giovane è già di ruolo?
«Non è stato un rifugium peccatorum. Non è stato facile entrarci, nonostante il concorso superato. Prima di avere la cattedra ho lavorato in varie amministrazioni del Nord. Nel 2005 mi sono licenziata dalla Camera di Commercio di Brescia per realizzare il mio sogno: insegnare la lingua inglese ai bambini. La riforma Moratti era già avviata. Allora si parlava di maestro prevalente. Da bambina ho avuto un maestro eccezionale. Se il mio orientamento politico è di sinistra lo devo al mio maestro della scuola elementare di Bova Marina, provincia di Reggio Calabria: Giovanni Andrea Toscano».
Cosa ha fatto per far crescere in lei una coscienza politica?
«A volte invece di fare lezione in classe ci portava nelle campagne e ci faceva scoprire i nomi delle contrade: la nostra è una terra in cui si parla il Greco di Calabria, una delle tre lingue minoritarie insieme all’albanese e l’occitano. Ci parlava della Resistenza, della Seconda Guerra mondiale, ci raccontava di Mussolini. Eravamo ragazzini di quarta e quinta elementare. Insomma, il maestro mi ha aiutato a maturare la mia scelta politica. Riusciva a valorizzare le peculiarità di tutti i suoi alunni. Il primo libro che lessi d’un soffio in quinta elementare fu la storia dei fratelli Cervi. Me lo portò mio zio da Brescia».
Il maestro unico della Gelmini saprà farè altrettanto?
«I bambini di oggi sono profondamente diversi rispetto a noi. Le classi sono multietniche e le situazioni familiari sono diversificate. Il ruolo del docente anche quello di facilitare l’interculturalità e l’ugaglianza nella diversità».
Oggi che scuola ci vorrebbe?
«I tempi sono cambiati. I bambini necessitano di maggiore attenzione, passano molte ore tra i banchi ed entrambi i genitori lavorano. Per stare bene a scuola, formarsi e crescere devono essere ascoltati dalle maestre, devono sapersi confrontare con i compagni e mettersi alla prova, anche con una capriola, imparando, con paroline di inglese o recitando una poesia. Devono avere classi ampie, accoglienti, colorate. E insegnanti specializzate all’altezza del ruolo. È difficile che una sola insegnante possa riunire tutti i saperi. L’aggiornamento è lasciato a totale carico economico del singolo docente: master, corsi di formazione, cosa che dovrebbe invece fornire la scuola in quanto istituzione».
L’inizio della sua carriera è coinciso con le tre «i» della Moratti. In seguito ci sono state altre riforme, si sono avvicendati ministri di schieramenti diversi. Cosa salva e di cosa è rimasta delusa?
«Della Moratti la “i” di Impresa non mi è mai andata a genio. La scuola è una comunità in cui si cresce, non per fare soldi. Il suo compito è investire sul futuro dei bambini. Del ministro Fioroni ho apprezzato il voler tornare saggiamente indietro: ha rivalutato l’esperienza didattica del modulo. È stato un ministro che sapeva ascoltare: nel 2007 durante la marcia della Pace di Assisi con i miei alunni di Locri lo incontrammo. Ci furono critiche e disponibilità al cambiamento non ideologiche. Il dialogo è fondamentale nel fare una riforma».
E la scuola della Gelmini le piace?
«Ha scelto il non confronto, l’agire per decreti legge è poco consono».
La politica dell’opposizione sulla scuola va nella direzione giusta?
«C’è una debole opposizione. Nell’ultima campagna elettorale la scuola quasi non c’era nel programma. Vorrei che il centrosinistra fosse più unito e vicino alla gente. Soltanto l’unione tra le forze della sinitra può farci riappropriare dei nostri ideali e delle nostre parole che sono e restano democrazia e libertà. Invece a tutt’oggi vedo molta passività. Il paese è in mobilitazione ma il centrosinistra non si vede. Non si sente».