Unità: Licei, la riforma va fermata
La riforma della scuola superiore non si può trasformare in un privato problema delle famiglie
Fabio Luppino
La riforma della scuola superiore non si può trasformare in un privato problema delle famiglie. Da tempo circolano bozze su come saranno licei, istituti tecnici e magistrali. Ipotesi sconcertanti, la fine di sperimentazioni innovative e formative. La realtà ancora non c’è e il ministro vuole chiudere tutto in fretta e furia. Sicché le famiglie che si trovano a fare una scelta delicata per i propri figli al momento non sanno. E non c’è cosa peggiore che ipotecare al buio il futuro scolastico di ragazzi di tredici anni. Gestire senza trasparenza una riforma di questa portata è inutile e dannoso. Al momento si sa che molte regioni reclamano il rinvio al 2011 della nuova secondaria; che i genitori sono angosciati e stanno raccogliendo firme; le scuole che ora dovrebbero fare l’orientamento non sanno quale piano di offerta informativa illustrare non avendo la benché minima idea di quale sarà il quadro orario e quali materie resteranno e in che misura. Se cambieranno il classico, lo scientifico, il linguistico così come li conosciamo o se saranno quelli delle bozze, impoveriti, nel caso del linguistico ridotto a meno di un istituto tecnico del turismo. Se ne parla nelle apposite commissioni, negli incontri con i sindacati. Il centrosinistra procede con calma, quando il governo andrebbe fermato, quando si dovrebbe chiedere un dibattito parlamentare su come si sta procedendo. Unf atto culturale, definitivo gestito in maniera meramente contabile. Ci dovrebbero essere indignazioni politiche, aut aut, anche aperte denunce, altro che ripresa del dialogo bipartisan. Invece, nulla. A chi giova? Non ai cittadini che credono nella scuola: pubblica. I genitori hanno tempo fino a febbraio per scegliere. Non sapendo però di cosa parlare con i propri figli, già in preda alle spinte irrazionali dell’età, ad astratti furori, ansiosi però di guardare al futuro. Studiare cosa? Così è un’angoscia. Soprattutto, non è giusto