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Unità-Lo sfascio della riforma spiegato alla Moratti

La legge appena approvata brilla molto più per l'assenza di soluzioni ai problemi dell'Università che non per quel che tenta di riordinare. Le categorie più colpite sono senza dubbio quelle dei...

27/10/2005
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l'Unità

La legge appena approvata brilla molto più per l'assenza di soluzioni ai problemi dell'Università che non per quel che tenta di riordinare. Le categorie più colpite sono senza dubbio quelle dei ricercatori e dei cosiddetti "precari della ricerca", oltre 50mila che hanno da anni ruoli di ricerca e docenza senza essere strutturati e senza avere concrete prospettive di inserimento. I ricercatori chiedono da tempo che venga riconosciuta loro l'attività di docenza che svolgono da almeno 15 anni pur non essendo prevista nella loro mansione lavorativa. Si stima che i ricercatori tengano più del 40% dei corsi offerti dalle Università; senza il loro contributo non sarebbe possibile sostenere l'offerta didattica. A fronte di tutto ciò, il Ddl Moratti introduce il titolo di "professore aggregato" che, lungi dal rappresentare un riconoscimento dell'attività di docenza, consiste in un aggravio di carico didattico - diviene obbligatorio tenere moduli di insegnamento che non sono invece cogenti per i ricercatori - non controbilanciato da alcun miglioramento né di carriera, né economico, né di rappresentanza negli organi collegiali, né di alcuna altra natura. I cosiddetti "precari" vedono poi ridotte sensibilmente le proprie speranze di inserimento nelle strutture universitarie in cui già operano da tempo in quanto la messa ad esaurimento del ruolo di ricercatore elimina proprio il traguardo naturale nella loro posizione. È difficile immaginare una vera soluzione al problema del precariato aumentando proprio il livello di precariato nei ruoli e rinunziando ad aumentare la disponibilità di risorse.
Franco Quaranta