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Unità: Ministri contro Tremonti, sondaggi negativi, il premier sull'università si ferma

L'occhio per la popolarità è il primo pensiero per Silvio Berlusconi. E sulla scuola sta cadendo. Ma sulla scuola si sta deteriorando anche il clima fra i ministri

03/11/2008
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l'Unità

C’è tensione nel governo. Tale da non poter essere più mascherata. I ministri scalpitano e mettono sotto accusa Giulio Tremonti che ha lavorato di mammaia con la Finanziaria blitz e poi ha lasciato ai titolari dei singoli dicasteri l’ingrato compito di convincere il Paese che l’età dell’oro berlusconiana continua a dispetto della crisi, quella di casa nostra e quella mondiale. Ma il Cavaliere ha annusato il pericolo, ha dato un’occhiata ai sondaggi che per la prima volta in questa legislatura vanno in giù, ha ascoltato con maggiore preoccupazione del solito i dubbi degli alleati, Gianfranco Fini allarmato dalla chiusura nei confronti degli studenti in piazza e Umberto Bossi che ha ammonito a «trovare prima di ogni cosa le risorse», e ha tirato il freno. A cominciare dalla riforma dell’Università che lui per primo, e poi il solerte ministro Gelmini, avevano annunciato come imminente.

Meglio fermarsi per un po’, ha ordinato il premier che avrà anche detto che «dal livello di popolarità che ho raggiunto si può solo scendere» ma quell’esperienza non è disposto ancora a sperimentarla. E, dunque, anche se Berlusconi resta convinto «che l’Università abbia bisogno di una seria e profonda riforma» come ha voluto precisare il suo portavoce, Paolo Bonaiuti, per smentire l’indiscrezione di un altolà ai progetti governativi, è anche vero che a viale Trastevere è stato concesso un po’ più di tempo per cercare di trovare soluzioni che non rechino troppi danni a ricerca e università. Bisognerà studiare «un adeguamento organizzativo dei tagli». Perchè quelli sono stati già decisi nella Finanziaria e, quindi, diventeranno operativi dal gennaio del 2009. I fondi, insomma, non arriveranno più ed allora è evidente che la ristrutturazione non potrà essere rinviata più di tanto. Sotto forma di disgeno di legge, pare, e non più per decreto come pure aveva ipotizzato la decisionista Gelmini che in questi giorni si è presa una bella lezione di democrazia, non partecipativa dato che lei non c’è mai, da parte di studenti e docenti di tutte le università. Che hanno fatto sentire la loro voce e ora si aspettano di vedersi proporre un progetto che abbia maggior equilibrio e rispetto. Ma il disagio e la tensione nel governo non sono solo limitati al campo d’azione del ministro Gelmini. Giulio Tremonti si è fatto molti nemici con la sua sforbiciata record. Dalle parti di palazzo Chigi c’è un clima che sembra rievocare quello del precedente esecutivo Berlusconi in cui, ad un certo punto, il superministro scelse la strada delle dimissioni polemiche. La compagine contro ha ormai nomi e cognomi. Ignazio La Russa, che teme che i tagli alla Difesa taglino via anche un po’ della sua popolarità. Ci sono poi Renato Brunetta, che si fa paladino di una questione di merito: dove finiscono le competenze dell’Economia e cominciano quelle degli altri?

A seguire Matteoli, Fitto, Scajola e la stessa Gelmini. Il tutto nel consiglio dei ministri di venerdì scorso finito in caciara ed i cui toni sono diventati ancor più accesi quando Tremonti ha lasciato la sala per precedenti impegni. Gianni Letta è dovuto intervenire. Berlusconi ha fatto capire che nessuno è insostituibile. Ma, è evidente, siamo solo all’inizio. Non finisce qui.

MARCELLA CIARNELLI

ROMA