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Unità-Montezemolo attacca il governo e sfida i sindacati

Maggio 2005 Montezemolo attacca il governo e sfida i sindacati Crisi drammatica, sostenere le imprese, alt ai contratti. Gelo con Berlusconi di Bianca Di Giovanni/ Roma BACCHET...

27/05/2005
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l'Unità

Maggio 2005

Montezemolo attacca il governo e sfida i sindacati

Crisi drammatica, sostenere le imprese, alt ai contratti. Gelo con Berlusconi

di Bianca Di Giovanni/ Roma

BACCHETTATE per tutti: governo, opposizione, istituzioni (in primis Banca d'Italia), università, gruppi corporativi, banche e sindacati. Nella sua seconda relazione da presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo lancia sferzate "velenose" alla clas-
se dirigente del Paese di fronte all'emergenza che ha un nome preciso: recessione. Non risparmia le imprese, quelle familiari e quelle dei servizi, di cui alcuni vertici siedono proprio accanto a lui sul podio della presidenza. Ma stavolta rispetto a un anno fa il tono è più assolutorio per i suoi e più rivendicativo nei confronti degli altri. Meno tasse da chiedere allo Stato, meno salari da chiedere ai sindacati. Più innovazione, ricerca e dinamismo da chiedere alle aziende, ma sempre a condizione che lo Stato le aiuti su cunei contributivi e l'"odiosa" Irap (che gli ha fatto risparmiare 10mila miliardi di vecchie lire l'anno). Queste le basi di un nuovo patto tra cittadini? Queste le coordinate di "una politica alta" chiesta da Montezemolo?
Va detto: al presidente non manca il coraggio. Parla esplicitamente di recessione davanti a un Silvio Berlusconi terreo. A lui, che le aveva appena escluse, chiede nuove tasse sulle rendite. Il premier si limita stavolta a un saluto- lampo. "Abbiamo superato situazioni difficili - dichiara - occorre che ci crediamo, che ci lavoriamo insieme e ne usciamo fuori insieme". Finita l'epoca dei siparietti stile Bruno Vespa dell'era D'Amato. Montezemolo chiede ai politici di "togliere la testa dalle urne" davanti a Romano Prodi e Francesco Rutelli che si mantengono a debita distanza. Minaccia Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti (terza fila), avvertendo che "i maggiori salari sarebbero solo l'anticipo di futuri licenziamenti" (segue applauso della platea di tremila persone). Invoca la fine dello spoils system davanti a una caterva di ministri (un solo nome: Gianni Alemanno) che ne hanno fatto un uso sconsiderato. Invoca la meritocrazia contro "i comportamenti furbeschi che i media ci riportano ogni giorno come vincenti. Abbiamo bisogno che esploda una coscienza civica diffusa". Ancora, il presidente parla di liberalizzazioni ferme, di concorrenza regolata di fronte a oligopolisti come Berlusconi e aziende "in odore" di monopolio come Telecom. Poi punta il dito contro "l'invadenza dello Stato nell'economia, attraverso l'attivismo di nuovi soggetti che richiamano alla mente la vecchia Gepi". Forse ce l'ha con Sviluppo Italia, "sponsorizzata" sempre da Alemanno? Ma la barra di Confindustria resta equidistante: un colpo alla maggioranza (cerchio), un altro all'opposizione (botte), colpevole di troppi silenzi sulle Opa bancarie, di forzature passate sulla Costituzione (altrettanto dicasi per l'attuale governo) . Ambedue le parti politiche rischiano di "smarrirsi in defatiganti dispute sul perimetro degli schieramenti".
Nonostante la "diplomazia" imponga equidistanza, si individuano chiaramente due nemici giurati di Montezemolo. Il governatore della Banca d'Italia (che per la prima volta non ha partecipato all'assemblea), "colpevole" di "incontri più o meno riservati" con "nuovi soggetti". L'altro nemico è l'anima leghista e tremontiana della maggioranza. Dal podio Montezemolo intona un inno all'Europa ("la strada è tracciata: noi stiamo costruendo un sogno, un'utopia"), attacca la pautra anti-cinese ("la paura è sempre cattiva consigliera"), difende l'euro e spara ad alzo zero sui localismi. Al termine Giulio Tremonti (prima fila) se ne va senza rilasciare dichiarazioni. Per costruire l'Italia del prossimo decennio il presidente indica cinque fronti: scuola, ricerca, infrastrutture, concorrenza e semplificazione burocratica. Cosa mettono le aziende? "Non chiedono minori tasse per fare maggiori profitti - assicura - ma per essere più competitive". veramente finora si è visto il contrario. Non basta la parola.