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unità-Moratti, il ritorno della scimmia

" Bentornato, Mr. Darwin. Le proteste diffuse, dalla matricola di scienze biologiche al Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, professor Nicola Cabibbo, hanno sortito il loro e...

29/04/2004
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l'Unità

" Bentornato, Mr. Darwin. Le proteste diffuse, dalla matricola di scienze biologiche al Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, professor Nicola Cabibbo, hanno sortito il loro effetto. La teoria dell' evoluzione biologica per selezione naturale del più adatto può ritornare tra i banchi della scuola media italiana. Il Ministro dell'Istruzione, signora Letizia Moratti, ha infatti rivisto la sua posizione. E ieri ha nominato una apposita commissione, presieduta del premio Nobel per la medicina Rita Levi Montalcini e composta dal premio Nobel per la fisica, Carlo Rubbia, dal neurobiologo Roberto Colombo e dal genetista Vittorio Sgaramella. La commissione ha il compito di ridefinire le modalità per la (eventuale) reintegrazione nei programmi scolastici del fondamento teorico della moderna biologia. È una (piccola, grande) vittoria della ragione. Nel senso che è una vittoria di chi ha ragione. Ed è una vittoria dell'approccio razionale, laico e critico alle faccende del mondo. È una vittoria di chi ha ragione per il semplice fatto che la biologia è la scienza emergente. Quella che caratterizza più di ogni altra questa fase storica della cultura scientifica. Per le nuove conoscenze che sta producendo intorno ai fatti, complessi, della vita. E per le nuove applicazioni, (bio)tecnologiche che ci offre. La biologia e le biotecnologie stanno rimodellando la visione che abbiamo noi stessi. Stanno aprendo nuove frontiere dell'etica e sono al centro di accesi dibattiti di natura economica, sociale, ambientale. Promettono un formidabile aiuto nella cura di vecchie e nuove malattie dell'uomo. Si propongono come una delle tre gambe (insieme alle tecnologie dell'informazione e alle nanoscienze) della società della conoscenza. Insomma, sono nel nucleo dinamico del nostro mondo sociale, economico e culturale. E il fondamento di questo nucleo dinamico è la teoria dell'evoluzione biologica per selezione naturale del più adatto proposta nel 1859 da Charles Darwin. Non possiamo capire la biologia, non possiamo capire come funziona una delle componenti portanti della cultura del nostro tempo, non possiamo interpretare criticamente questa fase della scienza e della stessa storia dell'umanità, senza conoscere almeno i rudimenti della teoria scientifica su cui si fondano. Senza la teoria di Darwin non avremmo gli strumenti per conoscere e governare a ogni livello (culturale, etico, tecnologico e sociale) l'innovazione biologica. Ecco perché aveva ragione, al di là di ogni ragionevole dubbio, chi sosteneva, come le centinaia di ricercatori, insegnanti, studenti, cittadini, che hanno firmato l'appello contro la decisione del Ministro dell'Istruzione di togliere la teoria darwiniana dai curricula della scuola media inferiore. Ma, il ritorno sui propri passi di Letizia Moratti è anche una vittoria della ragione. Intesa nel suo pieno senso illuministico. La teoria darwiniana, infatti, non è un'ipotesi fra le tante che tentano di spiegare l'evoluzione del mondo vivente. È l'unica teoria scientifica in campo. L'unica, cioè, in grado di "salvare i fatti" e interpretare i dati prodotti in modo indipendente da una straordinaria varietà di discipline che vanno dalla paleontologia alla biochimica. Non ci sono altre teorie scientifiche concorrenti. Non siamo nella situazione in cui si trovarono i fisici tra il 1916 e il 1919 quando avevano a disposizione due diverse teorie, quella di Newton e quella di Einstein, in grado di spiegare, con la medesima potenza e precisione, i fatti della meccanica. Allora una scuola capace di senso critico avrebbe dovuto presentare sullo stesso piano le due teorie. E attendere l'emergere di nuovi fatti che dessero ragione all'una e torto all'altra. Niente di tutto questo si verifica oggi in biologia. I fatti conosciuti sono spiegabili sulla base di una sola teoria scientifica, quella di Darwin. E la scuola non può ignorare che questa è - allo stato e fino a prova contraria - la situazione. Né si può presentare - come ha fatto un influente consigliere del Ministro - la teoria darwiniana come un dogma. E l'evoluzionismo come una degenerazione della scienza. Perché non è affatto così. I dettagli e le linee portanti della teoria dell'evoluzione biologica per selezione naturale del più adatto sono continuamente sotto esame. Verificati, interpretati, criticati da migliaia di ricercatori in tutto il mondo. Esistono svariate ipotesi - legittime, peraltro - che hanno tentato di andare "oltre il darwinismo". Basti pensare ad alcuni filoni della cosiddetta "scienza della complessità" o dello strutturalismo biologico (i campi morfogenetici di René Thom o di Brian Goodwin). Ma nessuna di queste ipotesi ha superato, allo stato, la prova dei fatti. Mentre è un fatto che la stessa teoria dell'evoluzione darwiniana è in evoluzione. Si modifica, si arricchisce, si affina nel tempo. Talvolta in modo pacifico, talaltra fra aspre polemiche (ricordiamo, a puro titolo di esempio quelle che hanno coinvolto ilmodello degli equilibri puntuati di Gould ed Eldredge). Insomma, da un secolo e mezzo la teoria di Darwin è al centro di un'analisi critica incessante e spesso spietata. E da un secolo e mezzo esce sempre indenne e, anzi, sempre più rafforzata da questa sana critica della ragione. Ecco perché il ritorno di Darwin tra i banchi della scuolamedia italiana da cui lo si voleva cacciare è una vittoria della ragione. Una vittoria laica, umile,ma importante di quella ragione che qualcuno voleva mettere a tacere. Pietro Greco i