Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità: Mussi: «Lavoriamo con le università cinesi. Più sapere, più internet ma più libertà»

Unità: Mussi: «Lavoriamo con le università cinesi. Più sapere, più internet ma più libertà»

Positivo bilancio del viaggio per il ministro della Ricerca. «Accordi con gli atenei. Ora l’Italia deve imparare a investire di più nell’innovazione e nello sviluppo»

17/09/2006
Decrease text size Increase text size
l'Unità

n.a. dall’inviato

L'Universita' di Tongji è una delle piu' prestigiose della Cina. Ci si arriva attraversando la distesa di grattacieli che sbuca, a perdita d'occhio. Le 27 macchine e gli otto pulmini messi a disposizione dalle autorità cinesi per la delegazione italiana, bloccano il traffico su tangenziali e bretelle autostradali. A Tongji è nato il campus italo-cinese per la facolta' di ingegneria e il Master in business administration. Una iniziativa sorta dall'accordo tra i Politecnici di Milano e Torino, le Universita' Bocconi e Luiss e gli atenei cinesi di Tongji e Fudan. Ad accogliere Prodi, il ministro per l'Università e la ricerca, Fabio Mussi, e il sindaco di Milano, Letizia Moratti, un centinaio tra studenti e docenti. Mussi ha già visitato le strutture universitarie di Canton, dove è stato insignito del titolo di professore onorario. "Ho affrontato il tema della connessione tra conoscenza e libertà - spiega il ministro - Quando scienza e conoscenza si sviluppano accettano poco controllo politico. Ho detto anche che la rete internet rappresenta una straordinaria opportunità, ma che non ammette limitazioni".

Il campus di Tongji era stato promosso dall'allora ministro Moratti…

Sì, e gliene abbiamo riconosciuto il merito. L'accordo che firmerò nei prossimi giorni a Pechino con il mio omologo cinese punta a sviluppare le relazioni bilaterali tra atenei. Con questo accordo già nei prossimi due anni dovrebbe determinarsi un incremento di scambio che interesserà altri 600 studenti, soprattutto cinesi, che prenderanno un doppio titolo valido in Italia e in Cina.

Le università di altri Paesi europei hanno incrementato molto il rapporto con la Cina. L'Italia marcia a velocità ridotta. Perché?

Ci sono in altri Paesi servizi, opportunità, borse di studio che li rendono piu' attrattivi. Io credo che ci sia anche un problema di indirizzo politico. Se penso alle discussioni fatte in Italia sulla Cina in questi ultimi cinque anni, come se il problema fosse quello di difendersi dai cinesi, quando qui siamo di fronte a un balzo in avanti enorme nella formazione superiore e nella ricerca. In tutta l'Asia gli investimenti sono colossali. L'Italia si trova indietro e bisogna recuperare in fretta. In molte altre realtà per ogni dollaro che investe lo Stato almeno un paio arrivano dalle imprese.

In Italia, invece?

In Italia 2,2% sul valore aggiunto reinvestiti in ricerca e sviluppo quando la media europea è del 5,5%, quella Usa 8,7%, quella del Giappone 9,6%. Senza contare le cifre esplosive di altri paesi dell'Asia. Parliamo di investimenti complessivi sul valore aggiunto creato. Si deve capire rapidamente che abbiamo sotto gli occhi una rivoluzione globale del sapere e della conoscenza come valori in sé, indispensabili per lo sviluppo. Ho visitato l'accademia delle scienze di Shanghai, l'istituto che si occupa di biologia molecolare. Hanno una quantità di ricercatori pari ad almeno un terzo di tutti i ricercatori che abbiamo in Italia. Parliamo solo di Shanghai, dove c'è una presenza costante da tutte le parti del mondo. Mi hanno detto, tra l'altro, che di italiani ce ne sono pochi. Cosa inspiegabile visto che noi abbiamo delle eccellenze nel campo della biologia, del biomedicale, ecc. In Cina corrono come lepri, se non ci muoviamo alla stessa velocità si rischia di accumulare ritardi irrecuperabili.

La missione di questi giorni aiuterà?

Il problema non è solo quello di far fare affari alla piccola e media impresa, che è pure importantissimo, ma di fare entrare in rapporto un intero sistema fatto di impresa, università, ricerca e anche di orientamento politico. Si pone il problema del posto che diamo, nella nostra visione del mondo, all'Asia e alla Cina. Qualche passo avanti però si sta già facendo.