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Unità: Nel nome della scuola

Iqbal Masih. È il nome di un bambino pakistano nato nel 1982 e morto, assassinato, nel 1995

25/09/2008
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l'Unità

Roberto Cotroneo
Quando, pochi giorni fa, il presidio della scuola «Iqbal Masih» di Roma finì su tutti i giornali con lo slogan «non rubateci il futuro» contro il ministro Gelmini, a molti deve essere apparsa una stranezza. E non per la protesta contro la Gelmini, ma per quel nome dato a una scuola elementare: Iqbal Masih. È il nome di un bambino pakistano nato nel 1982 e morto, assassinato, nel 1995. Un bimbo schiavo del lavoro minorile, che riuscì a liberarsi e divenne il simbolo di tutte le battaglie contro una barbarie planetaria, e proprio per questo venne ucciso da sicari rimasti impuniti.
Una stranezza dunque, perché da noi la denominazione delle scuole ha sempre seguito criteri molto rigidi: poeti, scienziati e navigatori, per intenderci, e poco d’altro. Se si consultano gli elenchi delle scuole statali del ministero della Pubblica Istruzione, si trovano decine di scuole intitolate a Mazzini, Garibaldi, Cavour, De Amicis, Leonardo Da Vinci, Galileo Galilei, Tasso, Ariosto e ovviamente Dante Alighieri. Ma non solo: perché qualcosa sta cambiando. Avviene soprattutto nelle città molto grandi, dove è più facile che nascano quartieri che hanno bisogno di scuole nonostante la crescita zero. Avviene più al nord che al sud, ma avviene. Si cominciano a intitolare le scuole a quelli che sono gli eroi del nostro tempo. Il comune di Roma, ad esempio, ha una scuola intitolata a Francesca Morvillo, magistrato e moglie di Giovanni Falcone, uccisa nella strage di Capaci. E ci sono molte scuole intitolate a Giovani Falcone e una a Falcone e Borsellino assieme. Le vittime della mafia non mancano né a Milano, né a Roma, e naturalmente non mancano in Sicilia. Roma ha una scuola media Emanuela Loi, l’agente di polizia morta nella strage di via D’Amelio, dove perse la vita il giudice Borsellino. Vicino a Palermo c’è una scuola intitolata a Peppino Impastato, assassinato dalla mafia nel 1978. In Sicilia c’è una scuola Piersanti Mattarella, vittima della mafia, e Dalla Chiesa-Setti Carraro. E molte sono le scuola intitolate alle vittime del terrorismo, specie quelle degli ultimi anni. Ce n’è una Ezio Tarantelli (a Roma), ce n’è una D’Antona-Biagi, assieme, c’è una scuola Guido Rossa. E c’è una scuola intitolata a Ilaria Alpi, giornalista uccisa in Somalia, e una a Nicola Calipari, colpito a Baghdad dai militari americani mentre riportava a casa la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, rapita in Iraq.
Non sono ancora molte le scuole che portano nomi come questi, ma cominciano a essere abbastanza per farci pensare che il futuro, l’immaginario dei nostri figli e dei nostri nipoti, non sarà solo quello dei busti di Vittorio Emanuele o di Garibaldi, nell’androne. Ma quello del ricordo di uomini più vicini a loro, simboli di un paese irrisolto che li ha sacrificati per una causa importante: la legalità, la giustizia, il diritto a un informazione libera. Bambini come Iqbal, antieroi come Peppino Impastato, uomini delle istituzioni come Calipari, o come Dalla Chiesa.
E non sono ancora abbastanza. Per quanto nessuno tolga meriti al nostro Risorgimento, e a coloro che hanno fatto l’Italia; per quanto sia ben chiaro quanto l’Ariosto, il Carducci, il Pascoli e il Tasso siano basilari per la nostra cultura, forse qualche scuola potrebbe (e chissà se è possibile) cambiare nome, rendendo un tributo a quanti hanno fatto del loro meglio per il bene di questo Paese. Sono troppo poche le scuole intitolate ad Aldo Moro, quasi nessuna a Enrico Berlinguer e ad Alcide De Gasperi, rare persino quelle ad Antonio Gramsci. In compenso abbiamo una scuola dedicata a Chico Mendes, l’uomo che ha pagato con la vita la battaglia contro il disboscamento della foresta amazzonica e, vera curiosità, una al telecronista dei mondiali di calcio Nando Martellini, una al maestro Alberto Manzi, che divenne famoso nella televisione degli albori con la trasmissione «Non è mai troppo tardi», almeno una a Enzo Ferrari. Non sono vicine tra loro le tre scuole romane intitolate a Giulietta Masina, Marcello Mastroianni e a Federico Fellini, ed è un peccato. Ma già si cominciano a contare alcune scuole intitolate ad Alberto Sordi, e almeno cinque scuole intitolate ad Antonio De Curtis, in arte Totò. Bizzarrie assai poco accademiche, e decisamente curiose. Tra una media Garibaldi e una elementare Cavour c’è Totò. Non c’è Peppino De Filippo, ma ovviamente c’è almeno una scuola intitolata al grande Eduardo. E persino una dedicata a un uomo che con regole, didattica e insegnamenti accademici ha sempre litigato: anche un anarchico irregolare ed eccentrico come Fabrizio De Andrè ha la sua scuola media. Se l’identità di un Paese si può misurare anche da questi piccoli segnali forse qualche speranza ci rimane.
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