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Unità: Non permetteremo le occupazioni»

Berlusconi minaccia: dirò al Viminale di andare giù duro, al pugno di ferro farete il callo

23/10/2008
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l'Unità

di Natalia Lombardo/ Roma

DICHIARAZIONE DI GUERRA in piena deriva putiniana contro proteste e informazione: Berlusconi dà «istruzioni» al ministro dell’Interno Maroni perché reprima con la forza le occupazioni nelle scuole e nelle università. Al pugno di ferro «dovete farci il callo»,

per i prossimi quattro anni e mezzo, io non retrocederò di un millimetro» tuona il premier alterato alla fine della conferenza stampa a Palazzo Chigi, già seccato dal dover fare da tutore a Mariastella Gelmini per far digerire il decreto sulla scuola. «Non chiamatela riforma», avverte lui, ma «un decreto sacrosanto, altro che ritirarlo» come ha chiesto Veltroni.

Le manifestazioni? Berlusconi lancia un minaccioso «avviso ai naviganti: non permetteremo che vengano occupate scuole e università», non sarebbe «democrazia ma violenza» organizzata «dall’estrema sinistra e dai centri sociali, come a Milano». È la mezza, il premier annuncia la convocazione di Maroni, che avverrà alle cinque. La sparata di Silvio-Putin ha colto di sorpresa lo stesso ministro dell’Interno, che nella Lega dicono fosse irritato dall’essere convocato per ricevere «istruzioni dettagliate» per le forze dell’ordine. Col diktat finale: «dirò a Maroni di andare giù duro». E la deriva autoritaria non è piaciuta neppure a Gianfranco Fini.

Da giorni il premier martellava sul «divorzio tra stampa e realtà», preoccupato (dai suoi sondaggi) che sia «passato il messaggio che non c’è più il tempo pieno» o che ci siano i tagli. Agitato dal vedere (in tv) che per le strade ci sono anche «le mamme con i cartelli», opinione pubblica che si mangia una fetta dei consensi plebiscitari. Così il cavaliere legge passo passo un opuscolo fornito ai senatori per smentire «tutte le bugie della sinistra». Non si riesce a fare una domanda sulle opposizioni, che esplode rabbioso contro i giornali che «fanno cattiva informazione sulla scuola». E sbotta livoroso: «Portate i miei saluti e quelli del ministro Gelmini ai vostri direttori e dite che saremo molto indignati se non sarà pubblicato nulla di questa conferenza stampa» nel merito della riforma. Ce l’ha, dice chi è vicino a lui, più con la stampa non di sinistra, infatti cita ironicamente «Il Corriere, giornale “amico”». E impartisce un diktat totale alla Rai: «La tv pubblica trasmette ansia» perché mostra le proteste. Giorni fa aveva telefonato di persona al capo del politico del Tg1 perché nel resoconto sulla manifestazione di Rifondazione si diceva che erano «100mila per la polizia», mentre la stima era di 20mila. E a farlo infuriare dev’essere stato quel filmato girato con un cellulare sulla polizia che picchiava un manifestante a Milano, trasmesso dal Tg1 serale martedì.

Berlusconi alza il tiro, fa l’uomo d’ordine scavalcando a destra An e stringe il cerchio su ogni espressione che non sia il pensiero unico di governo. Come ha detto Veltroni, «soffia sul fuoco» (in modo rischioso) a pochi giorni dalla manifestazione del Pd che, evidentemente, tenta di criminalizzare in anticipo. La strategia, spiega un esponente del Pdl, è «spingere a sinistra il Pd», isolarlo con la colpa di «aizzare» le proteste. Anche se «c’è il rischio di scivolare sulla buccia di banana», dice un altro (un incidente in piazza), Silvio gioca come il gatto col topo per annientare l’opposizione: se prima associava Veltroni al giustizialismo dipietrista, ora lo mette insieme ai centri sociali. Sarà per la sintonia di Feltri con la Gelmini, ma ieri la sparata del premier è stata anticipata da Libero a firma Roberto Farina, alias Betulla: «Chiamate la polizia» contro i picchetti degli studenti. E La Padania incita: «La piazza rossa torna a picchiare», «cosa accadrà il 25 ottobre?». Pressioni alle quali anche alcuni fedelissimi del premier guardano con fastidio, insieme al martellamento di Bossi sulla sinistra che vorrebbe il nuovo ‘68. Nel governo, quindi c’è una spaccatura palpabile, prova ne sia quella che appare, in serata, una mezza marcia indietro almeno nei toni, dopo l’incontro con Maroni a casa di Berlusconi a via del Plebiscito. A Palazzo Chigi, invece, La Russa ha parlato con Gianni Letta. Sarà un caso, ma alla Difesa rispondono i carabinieri.