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Unità: Obbligo fino a 16 anni e biennio delle superiori: la nuova scuola dopo il disastro Moratti

Primo: istruzione garantita a tutti. Il neoministro Fioroni «ridisegna» le priorità: bloccare la sperimentazione e riavviare il confronto con le Regioni.

28/05/2006
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l'Unità

di Wanda Marra/ Roma

Uno stop alla riforma Moratti della scuola: è quello che ha annunciato, sia pure con grande prudenza, il governo, nella nota diffusa l’altroieri da Palazzo Chigi per informare sui provvedimenti che ha chiesto ai Presidenti delle Camere di calendarizzare. Ci sarà «la rimodulazione dei tempi di attuazione del secondo ciclo della riforma della scuola», si legge infatti nella nota.

Ma di cosa si sta parlando? Tra i decreti attuativi della legge 53, la riforma della scuola, il 226, emanato il 17 ottobre del 2005, istituiva di fatto due percorsi diversi per le scuole superiori, confermando la struttura “duale”, ipotizzata dalla legge, del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione. Che dovrebbe essere costituito da due sistemi, ben divisi e separati: quello dei licei, che dura 5 anni e che dà accesso all’università, e quello dell’istruzione e della formazione professionale, che non dà accesso all’università ed è di competenza delle regioni. Andando a costituire una divisione di fatto tra formazione di serie A e di serie B, e stabilendo il destino dei ragazzi, costretti a scegliere il proprio percorso all’età di 12 anni e mezzo, in base al reddito. Una divisione di classe che era di fatto contenuta nell’impostazione della legge 53.

Senza contare che in quel decreto, di cui sono circolate ben 18 versioni, ci sono una serie di pasticci. Per citarne solo uno, stabilisce che solo chi frequenta il Classico può accedere a tutte le facoltà. Inoltre, ed è questo uno dei punti che più sono stati criticati dal mondo della scuola, non si parla di obbligo formativo per i ragazzi, ma di diritto-dovere all’istruzione fino a 17 anni.

Non contenta, la Moratti, nell’impazienza di attuare la sua riforma, a fine legislatura, ha varato anche un provvedimento (il decreto 775 del 31 gennaio 2006), con il quale introduceva la sperimentazione della riforma del secondo ciclo dell’istruzione già dal prossimo anno scolastico. Sperimentazione che non solo era esclusa dal decreto 226, ma che veniva decisa senza l’accordo di ben il 90% delle Regioni.

Dunque, «rimodulare i tempi» significa in primo luogo bloccare la sperimentazione. E poi, aprire la strada a un intervento sulla riforma. «Non intendo partecipare al dibattito se ridurremo o no, o abrogheremo o no la riforma Moratti: credo, infatti, che dobbiamo ragionare in un altro modo partendo dal momento che abbiamo un dettame costituzionale preciso e un obbligo di realizzare una scuola che sia per tutti e di tutti», ha tenuto ad affermare il Ministro dell’Istruzione, Fioroni. Ma ha anche dichiarato che «se ci sono elementi nella riforma in cui si è distrutto parte del sistema formativo pubblico a noi spetta il dovere di ricostruire».

E il Ministro ieri al Sole 24 ore, ricordando i ricorsi davanti al Tar e alla Corte costituzionale riguardo alla sperimentazione e il parere negativo della stragrande maggioranza delle Regioni, ha detto: «Come ministro ho il dovere di favorire un clima di confronto sereno tra le istituzioni». Segnali che vanno chiaramente verso uno stop alla sperimentazione.

Nel programma dell’Unione, per quel che riguarda la scuola secondaria, si va in una direzione diversa da quella presa dalla Moratti. Si parla di portare l’obbligo di istruzione fino a 16 anni, istituendo un primo biennio della scuola superiore, da un lato interrelato con la scuola media e dall’altro con una valenza orientativa rispetto ai percorsi successivi. In questo modo si supera la canalizzazione precoce prevista dalla legge Moratti. Nel programma si legge che il secondo ciclo di istruzione sarà in ogni caso quinquennale e si concluderà con un esame di Stato, con commissioni che saranno riviste e avranno una prevalente composizione esterna. Inoltre si parla di portare l’obbligo di formazione (diverso da quello dell’istruzione) fino a 18 anni, e prima di questa età si esclude qualsiasi lavoro che non sia formativo.

Sui propositi annunciati dal governo ha espresso parere favorevole Enrico Panini, segretario generale della Cgil Scuola, che ricorda: «Sul percorso della Moratti ci siamo dichiarati contrari fin dai tempi di emanazione della 53». Ma lancia però un suggerimento: «Il governo dovrebbe bloccare le indicazioni nazionali della scuola elementare, della scuola dell’infanzia e della scuola elementare, che ha condotto negli anni scorsi una dura battaglia contro la Moratti, e nella quale adesso si respira una certa preoccupazione di essere abbandonata». Commento positivo anche da parte di Alba Sasso (Ds): «Mi sembra importante affrontare - afferma - la questione della scuola secondaria, e soprattutto elevare l’obbligo di istruzione rispetto al diritto-dovere».