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Unità: Onore e razzismo:«Blocco studentesco» marcia sulla scuola

da l'Unità del 5.2 di Marina Boscaino Dopo le liste arriva anche la rivista: l’organizzazione di estrema destra avanza. Nel silenzio delle istituzioni

11/02/2008
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l'Unità

ESISTE un giornalino che dice molto dei tempi bui che stiamo vivendo. Si chiama «Blocco studentesco», sottotitolo «L’avvento dei giovani al potere contro lo spirito parlamentare, burocratico, accademico». Logo permutato da un gruppo di estrema
destra irlandese, la cui mitologia fa parte del confuso e violento immaginario collettivo dei numerosi aderenti a questo movimento. La copertina: una curiosa commistione di foto tra il viso del tifoso laziale ucciso recentemente dalla polizia; Luigi Ciavardini, portato via dalle forze dell’ordine, accusato di essere uno dei responsabili della strage di Bologna e condannato a 30 anni di carcere; una parata ordinatissima di incappucciati minacciosi e incombenti. Sotto una scritta gialla, maiuscola: GIUSTIZIA! Sfogliarne le pagine è un’apnea in un mondo surreale, dove l’uso e l’abuso di parole che ricordano un passato mai troppo lontano attacca alla gola: onore, italianità, giovinezza, Acca Larentia si intrecciano a simboli e slogan di indubbia collocazione. La pubblicazione gira tranquillamente nelle scuole di Roma e d’Italia: sì, proprio nella scuola, il luogo preposto per sua stessa definizione alla cultura della legalità democratica. Indicando, evidentemente, che la sottovalutazione e la banalizzazione di chi individua nella generazione degli adolescenti di oggi mancanza di interesse e di curiosità - non proponendo alternative culturalmente ed eticamente valide - riesce perfettamente nel compito di alimentare mitologie, atteggiamenti, azioni da emergenza democratica.
Nel sostanziale disinteresse di tutti è avvenuto che lo scorso novembre «Blocco Studentesco» - il movimento della cui rivista sto parlando - abbia avuto nelle elezioni della Consulta Provinciale romana degli Studenti (organo di rappresentanza provinciale) - il 23% delle preferenze totali, tre membri del Consiglio di Presidenza, tra cui il vicepresidente. Dietro, a colpi di finanziamenti estremamente consistenti, Fiamma Tricolore; e la benevola benedizione di politici di destra, che curano con particolare dedizione questo laboratorio della destra radicale, che a Roma ha quintuplicato i consensi, ma che è capillarmente diffuso. Nella tranquilla indifferenza di una società e di un mondo politico che spesso hanno fatto dell’infrazione alla legge - anche quando si tratti della Costituzione - la normalità; dove l’anomalia è rappresentata invece dalla denuncia dell’arbitrio, della violenza, dell’attacco pretestuoso alla diversità - tutte -, dell’omofobia. È un problema che riguarda principalmente la scuola; ma che investe a tutto campo in primo luogo la colpevole svogliatezza di politici e politicanti che continuano a chiudere gli occhi davanti a un allarme ormai troppo evidente per essere ignorato.
Ma torniamo a «Blocco Studentesco»: responsabile dell’organizzazione è Maurizio Boccacci, che si è autodefinito «soldato fascista senza compromessi», ex leader del movimento politico sciolto per istigazione all’odio razziale, organizzatore di manifestazioni di solidarietà per Priebke. Il programma di Blocco Studentesco dimostra chiaramente - e pericolosamente - un mutamento delle pratiche comunicative e di cooptazione dell’estrema destra, che passa attraverso una sorta di «ricostruzione dell’immaginario», come sostiene Roberto Iovino, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti. Uno schizofrenico rimando a parole d’ordine di impronta squadrista, di giovinezza al potere, la riproposizione del famoso mens sana in corpore sano, con la proposta del 150% in più delle ore di educazione fisica; d’altro canto la facile presa dell’idea di chiudere tutte le scuole private, l’istituzione di un testo unico, contro le menzogne degli «editori rossi». Infine un ribellismo seducente e ammiccante, che trova in Bart, il figlio maggiore dei Simpson, il proprio simbolo. Un forte consenso nelle scuole del centro della Capitale; un impatto - propiziato dai finanziamenti e dal supporto di Fiamma Tricolore - con i territori, soprattutto i più deprivati, delle estreme periferie urbane, dove si organizzano attività ricreative a basso costo e si coltivano adepti.
L’8 febbraio «Blocco Studentesco» organizza una manifestazione nelle vie di Roma per commemorare i caduti delle foibe che confluirà in una giornata al Brancaccio dedicata all’argomento. La manifestazione, come in ogni paese democratico, sarà scortata dalle forze dell’ordine; paradossalmente, però, le forze dell’ordine si faranno garanti della tutela e della libertà di manifestare di chi fa della violazione della Costituzione uno dei propri cavalli di battaglia. I morti sono morti e sono tutti degni di rispetto. Ma forse, quel «bilancino della memoria» con il quale ci siamo negli ultimi anni esercitati in nome di un concetto presunto di politicamente corretto, in nome di quel bipartisan che ha consentito tante anomalie - tra cui l’omologazione delle foibe ad Auschwitz, di Salò alla Resistenza - ha consentito troppi pericolosi paradossi; la svalutazione della nostra Costituzione ha fatto sì che i giusti e gli ingiusti risultassero equivalenti. Non è tollerabile, non è ammissibile. Ancora una volta alla scuola è affidato un compito gravoso. Resistere e contrapporsi alla voglia di nulla che sembra colpire i giovani di oggi. La colpa è di molti di noi, che hanno assistito alla degenerazione del fenomeno senza allarmarsi, senza fare nulla. Perché, lo sappiamo, quando quel chi e quel cosa sono fatti realmente di cura, di relazione educativa, di competenza e autorevolezza culturale, il maestro riesce a sconfiggere persino l’inerzia di una generazione priva di punti di riferimento. Diventando egli stesso punto di riferimento; e trasferendo, insieme alla coscienza critica e alle competenze di cittadinanza, automaticamente gli anticorpi per sfuggire alle lusinghe di una mitologia che illude di protagonismo, ma che altera pericolosamente il senso della democrazia e della legalità. La vigilanza attraverso gli strumenti che l’insegnante ha a disposizione è possibile. Si tratta di una scelta, politica e civile. Basta volerlo.