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Unità: Parte l’offensiva d’autunno per minare la Costituzione del lavoro

Il rischio è quello di una vera e propria giungla in cui ciascuno potrà salvarsi come potrà

02/10/2008
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l'Unità

L’ANALISI
Sembra sia giunta l’ora della verità. Essa non riguarda solo i destini dell’unità sindacale, ormai segnati da un incrociarsi d’incomprensioni e scambi di verità diverse. Riguarda i destini dei contratti di lavoro, un pilastro dei rapporti sociali in Italia.
Il rischio è quello di una vera e propria giungla in cui ciascuno potrà salvarsi come potrà. Tutto questo se davvero, come minaccia la Confindustria, si procederà a un accordo separato su una materia tanto delicata e importante, tagliando fuori la Cgil, ovverosia il sindacato maggioritario. Sarebbe come se in Italia il centrodestra decidesse di varare una nuova Costituzione infischiandosene delle proposte dell’opposizione.
E’ una prospettiva che se sarà attuata non farà che alimentare una conflittualità senza regole o con regole diversificate. I più colpiti da un maremoto del genere saranno come sempre i più deboli. I lavoratori delle aziende poco sindacalizzate, quelli dei territori meridionali, quelli in possesso di contratti ballerini ovverosia precari.
Tutto questo si verifica perché la Cgil ha considerato la proposta di riforma già discussa (e approvata) con Cisl e Uil migliore di quella messa poi sul tavolo da Emma Marcegaglia. Cisl e Uil hanno cambiato parere, l’organizzazione di Epifani no. Un mutamento delle carte in tavola imbarazzante.
Sorretto da una spudorata campagna di stampa. E nessuno commenta un tale voltafaccia.
Nessuno prende in considerazione gli argomenti di Epifani. Quello, ad esempio, decisivo, che le nuove regole confindustriali, se attuate, produrrebbero un calo complessivo del monte salari italiano. Magari si risponde a tale contestazione con veemenza truffaldina sostenendo che la Cgil vorrebbe una nuova scala mobile.
Nessuno prende in considerazione gli argomenti di Pietro Ichino (critico verso i sindacati, ma anche verso la proposta della Confindustria) così come di Tito Boeri appena reduce, su questi argomenti, da uno scontro giornalistico su “24 ore” con Michele Tiraboschi fiero custode delle verità confindustriali. Nessuno (salvo “l’Avvenire” di ieri) cavalca le preoccupazioni della chiesa per il fatto che nel settore del commercio è stato imposto, con un accordo separato, premessa a futuri altri accordi, il lavoro domenicale obbligatorio, senza contrattazione.
No, tutti addosso alla Cgil. Con esperti colleghi, amici dei proletari, che agitano le buste paga operaie per dire che con il modello della Confindustria aumenteranno fortemente i salari di vecchi e nuovi Cipputi. Un’organizzazione imprenditoriale dipinta come un’improvvisata congregazione di benefattori.
Mentre si descrive la Cgil in preda ad atteggiamenti immotivati solo per fare un piacere a Walter Veltroni che vorrebbe caricare di tensione la manifestazione del Pd per il 25 ottobre. Come se non ci fossero abbastanza argomenti, concernenti l’operato del governo, per riempire una manifestazione politica dell’opposizione. Come se non fosse noto che il Pd ha a cuore soprattutto l’unità sindacale.
E’ chiaro dunque che semmai la Cgil consegna un dispiacere al Pd in questo caso. Ed appare anche fuorviante ipotizzare una ripetizione del caso Alitalia. Qui non sono in gioco trattative sul numero degli esuberi, o sul solo spessore dei tagli economici. Qui è in gioco, ripetiamo, una specie di Costituzione del lavoro italiano. Semmai ci vorrebbe la presenza di un governo che compie la sua parte – come è avvenuto per il sistema contrattuale del 1993 – agendo ad esempio sulla leva fiscale. E non consegnando al ministro del Lavoro Maurizio Sacconi l’incarico di fomentare la guerra, portando a casa, se possibile, lo scalpo della Cgil.
Un momento difficile che dovrebbe poter portare a ragionare nel merito e non sulla base degli epiteti. Magari riflettendo sugli esiti nefasti della rottura sindacale. Raffaele Bonanni può ben dire che la Cgil non è l’Alfa e l’Omega delle relazioni sindacale.
E’ però l’organizzazione che, con tutte le sue deficienze, rappresenta la maggioranza dei lavoratori italiani. Come si può pensare di cambiare gli assetti contrattuali senza tener conto delle sue opinioni?
Quelle opinioni che pure avevano contribuito a produrre una proposta unitaria.