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Unità: Per la dignità della ricerca ci vorrebbe un Salomone

Nelle Università e negli Enti di ricerca si sono infatti dolorosamente accatastate le ultime generazioni di scienziate e scienziati che attendono non l'ennesima «sanatoria-opelegis-todoscaballeros», ma dignità di stipendio e autonomia nella ricerca

02/01/2007
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l'Unità

Enrico Alleva*
Fulvio Esposito**

È augurabile che Luigi Nicolais, ministro per la Funzione Pubblica, Innovazione e Tecnologie, si prenda finalmente la responsabilità di proporre qualche soluzione intelligentemente «salomonica», che salvi il reddito dei giovani capaci (e dei meno giovani: purtroppo), ma garantisca criteri salubremente europei per le loro assunzioni.
Nelle Università e negli Enti di ricerca si sono infatti dolorosamente accatastate le ultime generazioni di scienziate e scienziati che attendono non l'ennesima «sanatoria-opelegis-todoscaballeros», ma dignità di stipendio e autonomia nella ricerca. Si tratta di centinaia, verosimilmente migliaia, di laureati, spesso provvisti del titolo di Dottore di ricerca (talora conseguito presso prestigiose istituzioni estere, segno di precoce internazionalizzazione), che aspettano di vedere finalmente appagate le loro legittime aspirazioni a un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Checché ne scrivano Francesco Giavazzi e Pietro Ichino sul Corriere della Sera, molti di loro non hanno acquisito una «mentalità impiegatizia», né sono neo-fannulloni a caccia dell'agognato «posto fisso», da statale potenzialmente assenteista. Anzi, come non smette puntualmente di ricordare in pubblico il dimissionario responsabile Ds per Università e Ricerca (il fisico, filosofo e parlamentare della Camera Walter Tocci), sono professionisti responsabili, dall'assai elevata quantità e qualità di pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali «ad alta citabilità». Rappresentano l'orgoglio della nostra scienza nazionale, sono risorse umane essenziali per il rilancio dell'innovazione e dunque dell'economia competitiva per la conoscenza in questo complesso Terzo Millennio, nel quale al paese toccherà inevitabilmente di competere con quelle «tigri asiatiche», come Cina, Giappone, Nord Corea, Malesia, che sfornano tecnologi ogni giorno più in grado di competere con coetanei formati nelle migliori università inglesi e statunitensi. Che fare? Onestamente, con la sincerità possibile a noi, ultracinquantenni professionisti della ricerca che sappiamo che il senso e la dignità del nostro lavoro risiede nella possibilità che trentenni e ventenni talentuosi e meritevoli abbiano possibilità analoghe a quelle che l'Italia della lira svalutabile ci offrì, e che comprendiamo che l'entrata nell'era dell'Euro detta principi professionali rigorosi e monitorabili, che l'intraducibile accountability diventa un obiettivo ogni giorno più concreto, ci rendiamo conto che la finanziaria 2007 ha operato scelte talora discutibili (anziché assai delicate).
Le aspirazioni legittime di un precariato multiforme non possono che tradursi nella richiesta di assunzioni selettive, fatte con criteri assolutamente europei e altrettanto trasparenti (per esempio, depositati sui siti istituzionali dei Ministeri dell'Università e della Ricerca, della Salute, magari della Presidenza del Consiglio). E il tutto con risorse economiche e prospettive di selezione per merito migliorate rispetto al precedente quinquennio di inverno berlusconiano. Nicolais, scienziato lungimirante, sa che oggi Università ed Enti di Ricerca hanno a disposizione parecchie tipologie per le varie figure professionali. Oltre al tradizionale Ricercatore (che sostituì dal 1982 la vetusta e talora asservita figura dell'«assistente»), nelle Università esistono figure di elevata professionalità nell'Area Tecnico-scientifica, mentre negli Enti di Ricerca (CNR, INFN, il risorgente INFM, l'Istituto della Montagna, ISS, ISPELS, e tante altre entità della variegata rete di isituzioni di ricerca nazionale), sono a disposizione del governo e dei singoli ministri vigilanti le tipologie di Tecnologo e Collaboratore Tecnico. Sono tipologie dignitose sul piano del reddito, considerando lo stipendio medio del Ricercatore italiano.
Insomma, va protetta e non inquinata la figura del Ricercatore, capace di produrre in autonomia novità scientifica e di attrarre con regolarità fondi da agenzie internazionale, ma il trentenne che avesse avuto la non colposa sfortuna di aver lavorato in ambienti non in grado di fornirgli gli skills tecnici oggi necessari al mondo della ricerca europea, potrebbe «accontentarsi» di una figura diversa dal Ricercatore, pur mantenendo il sacrosanto diritto a uno stipendio che permetta di accendere un mutuo per la prima casa, così come il diritto alla maternità o alla paternità. Il ripristino di questi diritti dolorosamente conculcati dovrebbe rappresentare una priorità presente a qualsiasi professionista o legislatore che abbia sensibilità per queste sfortunate generazioni. Sarà una scelta tanto coraggiosa quanto utile allo sviluppo delle università, della ricerca extrauniversitaria e per un futuro di innovazione e di competitività complessiva di un'Italia saldamente inserita nello spazio europeo della ricerca e dell'alta formazione.

*Socio corr. Accademia Naz. Lincei
** Rettore Università di Camerino