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Unità-Pera, l'Università e i dodici apostoli

Luciano Guerzoni Dagli uffici di Magna Carta, la Fondazione del Presidente Marcello Pera, nei giorni scorsi è stato spedito un mail circolare a numerosi docenti delle nostre università. Tale mail...

03/11/2005
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l'Unità

Luciano Guerzoni

Dagli uffici di Magna Carta, la Fondazione del Presidente Marcello Pera, nei giorni scorsi è stato spedito un mail circolare a numerosi docenti delle nostre università. Tale mail chiede di aderire a un documento steso, un anno fa, da alcuni illustri Accademici (dodici, come gli Apostoli).
È già abbastanza sconcertante che qualcuno possa ritenere attuale un documento così datato, come se in questo anno nulla fosse accaduto e nessuno si fosse mosso a proposito delle questioni universitarie. Ciò appare ancora più sconcertante se si considerano da un lato il contenuto del documento, dall'altro gli atteggiamenti dei promotori.
Il documento accusava gli oppositori del ministro Moratti di essere solo capaci di dire dei no, o "al massimo di richiedere provvedimenti specifici a favore di questa o quella categoria", mentre "l'Università è giunta a un punto limite" e bisogna "cercare di migliorarla, di riformarla". Ebbene, il Ministro fa approvare una leggina che interviene non sull'università ma solo sul personale, e proprio a favore di specifiche categorie (e a danno delle prospettive delle nuove generazioni di ricercatori); e i dodici tacciono. Quando all'inizio di ottobre il Comitato "Diamo voce alle università" promuove a Milano Bicocca una affollata Conferenza nazionale che formula precise proposte sulle necessarie riforme (altro che "cartello dei no"), i dodici, invitati a esporre le proprie tesi, non partecipano affermando che gli organizzatori hanno sbagliato a cercarli come "Magna Carta", perché essi non sono "Magna Carta" bensì "Universitas"; e allora, la mail di cui si è detto all'inizio?
Uno degli Apostoli, Ernesto Galli della Loggia, in una lettera inviata a nome del gruppo ha ora finalmente chiarito che cosa essi, che non sono gente del no, vogliono per l'università italiana. La lettera è indirizzata ai Rettori delle università, finora sbeffeggiati in quanto autori della deprecata "eterna domanda di più fondi", ma ai quali ora si richiede "consiglio, simpatia e se possibile aiuto" per una campagna focalizzata sulla "parola d'ordine dell'abolizione del valore legale del titolo di studio nel quadro di una possibile liberalizzazione e delegificazione del nostro ordinamento universitario".
Sul preciso valore legale da dare ai titoli universitari (valore che esiste in quasi tutti i Paesi, in forme molto diversificate) si può ovviamente discutere; ma non è certo questo il primo dei problemi di una "Università giunta al punto limite", e comunque la mera abolizione sarebbe una truffa ai giovani, che hanno diritto a ricevere una formazione superiore degna di questo nome. Si legga, per capire i rischi che si correrebbero, l'inchiesta del Corriere della sera (28 ottobre) sulle università fasulle che si autopromuovono in termini ripetutamente condannati dall'Autorità responsabile della lotta alle pubblicità ingannevoli.
Anche il termine di liberalizzazione è molto ambiguo. E' sacrosanto se con esso si intende che le università, intese come istituzioni guidate dai propri organi di autogoverno, devono essere liberate da vincoli burocratici centralistici; è inaccettabile se si intende che ogni microgruppo disciplinare può organizzare Corsi di studio settoriali solo per distinguersi dai colleghi di una disciplina vicina, o peggio che il singolo docente è libero di insegnare quello che gli pare, senza coordinarsi in un progetto curricolare finalizzato alla formazione degli allievi. Va attentamente considerata, al proposito, la critica più frequente alla frammentazione di Corsi di studio, e soprattutto di insegnamenti all'interno dei Corsi, con la quale in alcune situazioni - non in tutte, va detto con fermezza - è stata attuata la riforma didattica del "3+2".
Infine, la delegificazione. Si ricordi che proprio le leggi della Repubblica costituiscono, per l'articolo 33 della Costituzione, un limite alla totale autonomia degli Atenei, ma sono anche l'unico limite; negli ultimi anni si è cercato invece di subordinare gli Atenei non alla legge, ma alle direttive del Ministero, e la leggina Moratti teorizza addirittura questa prassi. Ebbene, nel mentre facciamo concrete proposte di rinnovamento degli Atenei noi diciamo dei no (proprio dei no, senza se e senza ma) a queste illegittimità; è molto negativo che altri tacciano sulle illegittimità e tentino invece di accreditare l'idea di una futura università sottratta ad ogni legge (e perciò governata senza remore dai potentati interni).
(Università di Modena)
Giunio Luzzatto
(Università di Genova)
Roberto Moscati
(Università di Milano Bicocca)