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Unità-Perché dico no-di Sergio Cofferati

06.01.2003 Perché dico no di Sergio Cofferati Sono tornato dal Brasile venerdì ed ero contento e sollevato per aver visto la gioia di tantissime persone liberarsi nella cerimonia d'insediament...

06/01/2003
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l'Unità

06.01.2003
Perché dico no
di Sergio Cofferati

Sono tornato dal Brasile venerdì ed ero contento e sollevato per aver visto la gioia di tantissime persone liberarsi nella cerimonia d'insediamento del nuovo presidente della Repubblica. "Sono il sogno di una generazione" ha detto Lula, e si percepiva benissimo dal comportamento dei parlamentari della maggioranza (e non solo) che hanno fatto saltare il protocollo della cerimonia d'insediamento trasformando un rito noioso in un atto d'affetto collettivo. Si vedeva dal coinvolgimento accettato delle delegazioni straniere, ma soprattutto era esplicito nell'attesa presente in tutto il paese da giorni e che finalmente si trasformava in atti liberatori d'entusiasmo e partecipazione. Il discorso d'insediamento del nuovo presidente è stato rigoroso, rivolto all'intero paese, del tutto coerente con i contenuti del suo programma elettorale.

Insomma, dichiarazioni ancorate a cose concretissime, a quei contenuti così importanti per milioni di brasiliani. Lula aveva anche ripetuto che, se alla fine del suo mandato tutti i brasiliani avranno la possibilità di prendere un caffè alla mattina, di pranzare e di cenare, lui riterrà assolto il compito della sua vita. A conferma d'intenzioni precise, nelle quali valori, identità e diritti dei cittadini di una nazione sono collegati ad obiettivi concreti, materiali, che li rendono fruibili.

Ovviamente nulla di quel clima e di quella pratica politica ho ritrovato qui, d'altra parte era fuori luogo la sola speranza, però francamente non mi sarei nemmeno aspettato di ripiombare nell'assurdo dibattito sulle riforme istituzionali. Sono convinto, e non da ora, che gli assetti istituzionali e ancor prima le regole elettorali debbano essere scelti per garantire la più efficace governabilità, attraverso la più alta e convinta partecipazione dei cittadini alle scelte dei loro rappresentanti e delle politiche che li riguardano. Sono convinto che il tema della partecipazione sia delicatissimo e che rappresenti spesso una delle discriminanti maggiori tra destra e sinistra, tra populismo demagogico e coinvolgimento consapevole e dunque democratico. Penso che il cambiamento dell'ordinamento italiano si possa completare per dargli maggiore efficacia, ovviamente spero che ciò si realizzi nella direzione che soggettivamente ritengo giusta.

Sono però convinto che oggi non esistano le condizioni minime necessarie per poterlo fare, per più ed elementari ragioni. Quella fondamentale riguarda l'affidabilità delle parti che dovrebbero attivare il confronto necessario. Lo schieramento di centro destra che oggi governa il Paese ha ripetutamente dimostrato quali sono le sue attitudini e i suoi obiettivi. Dalla Bicamerale, alla Cirami, alla devolution, passando per una copiosa messe di atti legislativi. Ad un'opposizione che, a volte anche autolesionisticamente cercava il confronto, il centro destra ha sempre risposto anteponendo alla ricerca dell'interesse comune le scelte di parte, addirittura trasformandole in atti mirati a dare espliciti vantaggi ai suoi rappresentanti. Questi ripetuti atti concreti, secondo me, hanno bruciato le condizioni elementari per confronti istituzionali degni di questo nome. E sono anche convinto che non servano ulteriori conferme delle intenzioni del centro destra, consiglierei sommessamente l'opposizione di accontentarsi di quelle già ricevute. Ho poi una spiccata contrarietà, come ho già detto, per tutto ciò che allude a forme semplificate di rappresentanza, alla concentrazione di potere in pochi luoghi o persone, però queste sono già obiezioni di merito e dunque destinate ad altro momento.

Mi ha ulteriormente colpito la sistematicità con la quale il Governo cerca di cambiare agenda al dibattito politico, senza per altro che l'opposizione presti particolare attenzione a questa strumentale prassi ed invece vi si adegui. Così facendo non si colgono le reali aspettative di tante persone e non si rende visibile la propria scala di priorità. Non credo per nulla che oggi per tanti cittadini italiani le riforme istituzionali rappresentino il tema più importante, e non credo che per questo possano essere accusate di scarsa sensibilità, sono molto più semplicemente alle prese con problemi enormi che possono stravolgere la loro vita e considerano prioritarie le soluzioni di quei problemi. È evidente anche ai più distratti lettori dei giornali che la disputa sulle riforme istituzionali sta di nuovo derubricando gli effetti della crisi economica ed industriale a tema marginale. La crisi del più grande gruppo industriale italiano è la punta di un iceberg che produrrà, appena esauriti i deboli effetti dei residui ammortizzatori sociali, dei licenziamenti di massa; i dati di Eurispes squarciano il velario, invero sempre più trasparente, della differenza esistente tra le rilevazioni ufficiali sull'andamento dei prezzi e le loro effettive dinamiche. Il tutto mentre numerosi milioni di lavoratori dipendenti pubblici e privati sono privi di contratto e altrettanti milioni di pensionati vedono calare il potere di acquisto delle loro pensioni ed assottigliarsi quantità e qualità dei servizi disponibili.

Lo scarto esistente tra l'inflazione "reale e non governativa" e i valori ai quali qualche anima bella vorrebbe vincolare gli effetti della contrattazione o degli strumenti di tutela delle pensioni, è sempre più rilevante e destinato a produrre distorsioni redistributive violente. I conseguenti effetti saranno pesantemente negativi per le condizioni di vita di tantissime persone, contrarranno i consumi interni e dunque fiaccheranno ulteriormente la nostra già statica economia. Difficilmente per queste persone i prossimi mesi potranno essere "quelli delle riforme istituzionali". Che il Governo voglia eludere il tema è ovvio ed evidente, è però altrettanto auspicabile che ciò non venga accettato o subito dall'opposizione.