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Unità-Più fondi all'università? Dai un bel voto al tuo prof

Più fondi all'università? Dai un bel voto al tuo prof Marina Boscaino Un questionario di 15 voci consentirà agli studenti di ciascuno dei 77 atenei italiani di valutare i propri doc...

26/05/2004
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l'Unità

Più fondi all'università? Dai un bel voto al tuo prof

Marina Boscaino

Un questionario di 15 voci consentirà agli studenti di ciascuno dei 77 atenei italiani di valutare i propri docenti e i singoli corsi di studio. I risultati di tali questionari verranno utilizzati dai Nuclei di Valutazione - presenti in tutte le università - per acquisire una serie di informazioni su alcuni aspetti dell'insegnamento: dal rispetto degli orari da parte dei docenti e la loro disponibilità nei confronti degli studenti, all'adeguatezza del materiale didattico, delle aule e delle strutture; dalla funzionalità dell'organizzazione didattica, fino alla capacità dei docenti stessi di stimolare l'interesse nei confronti delle discipline e alla loro chiarezza espositiva. I risultati di tali rilevamenti saranno a disposizione del Comitato Nazionale di Valutazione e in base ad essi verrà erogato il 30% della quota di finanziamento attribuita ogni anno ai singoli atenei. Nelle intenzioni del Ministro tale provvedimento consentirebbe di combattere il 65% di dispersione che si registra durante il primo anno di corso e i tempi lunghissimi che mediamente gli studenti italiani impiegano per conseguire la laurea. Che gli studenti rappresentino il principale referente del sistema universitario è fatto innegabile. Che al loro giudizio debba essere vincolata l'erogazione di una quota così consistente di fondi è discutibile. Va molto di moda, oggi, soprattutto nei grandi supermercati, l'erogazione di questionari che saggino il grado di soddisfazione dei clienti: la qualità e la reperibilità dei prodotti, la funzionalità della sistemazione degli scaffali, la gentilezza e la disponibilità del personale, Ma i supermercati vendono Coca Cola. I prodotti possono essere scadenti, o avariati, o mancanti. E i clienti possono decidere di cambiare supermercato. E così il supermercato fa meno profitti. L'istruzione e la formazione sono qualcosa di molto differente. Ancorare a parametri quantitativi la valutazione della qualità di un servizio è rischioso, soprattutto se si pensa al fatto che il servizio che l'università offre è del tutto particolare. E' legittimo, ed anzi auspicabile, un controllo sull'orario, la puntualità, il rispetto da parte dei docenti del codice di comportamento al quali sono obbligati. Ma, ferma restando la fiducia nella capacità critica degli studenti italiani, individuare nel giudizio sulla didattica un elemento di valutazione che si rifletta sulla possibilità dell'ateneo di accedere a più o meno fondi è rischioso. Perché potrebbe seriamente riflettersi da una parte su un abbassamento degli standard qualitativi: le discipline più ostiche, i professori più severi, le impostazioni teoriche meno alla moda potrebbero soccombere fatalmente davanti alla manica larga, alla semplicità dei corsi e - perché no - alla simpatia personale. E poiché ad un alto indice di gradimento corrisponde l'erogazione di fondi, è facile che la politica degli atenei si assesti su in "gioco al ribasso" che diminuirebbe gli standard di prestazione e il contenuto formativo e culturale del titolo di studio. E all'omologazione teorica al pensiero dominante. E' vero: dietro il concetto di libertà di insegnamento si sono spesso costruite posizioni intoccabili. Ma è soprattutto vero che questa formula costituzionale ha garantito la sopravvivenza di linee di pensiero che altrimenti sarebbero state cancellate. Inoltre: nella riforma del Ministro Moratti che fine farebbe il docente (magari precario) che dovesse risultare non all'altezza delle aspettative degli studenti? Inoltre è plausibile che la qualità del servizio prestato sia il frutto anche di un'inadeguatezza delle risorse e delle strutture esistenti. In questa condizione le università svantaggiate otterranno fatalmente giudizi negativi e vedranno le loro risorse ulteriormente ridotte. Lo sviluppo di atenei periferici e attualmente marginali può essere un obiettivo "politico" di un governo lungimirante. Che per essere perseguito necessita di fondi svincolati da criteri di attribuzione meccanica. Il 10% che nel progetto della Moratti sembra essere riservato a questo genere di interventi appare insufficiente.
Si continua a parlare di dispersione e di eccessiva lunghezza della vita universitaria degli studenti: sebbene l'università possa necessitare di riforme anche radicali la causa di questi problemi va probabilmente cercata nella inadeguata formazione che molti studenti ricevono dalla scuola superiore. Difficoltà di comprensione dei testi, difficoltà di espressione scritta e orale vengono riscontrati spesso dai docenti universitari dei primi anni. Non è certo sottoporre la professionalità dei docenti ad una valutazione tanto vincolante dal punto di vista finanziario il modo per ovviare a questa situazione. Chiamare in causa gli studenti universitari per la valutazione dei professori è un provvedimento che ricorda molto da vicino il coinvolgimento delle famiglie nella gestione dell'istruzione dei figli: affidare all'utenza un ruolo che per certi versi nel suo stesso interesse non deve sostenere. Occorre potenziare la scuola pubblica, sostenerne il ruolo e migliorarlo, investire sulla formazione degli insegnanti affinché consegnino all'università studenti più preparati, che siano in grado di orientarsi agevolmente nel percorso universitario. Contrazione delle cattedre, annullamento di valide esperienze didattiche e pedagogiche, diminuzione del tempo scuola e la proposta di una "carriera" degli insegnanti scandita dall'assolvimento di funzioni estranee alla didattica in senso stretto non sembrano provvedimenti adatti a far fronte a questa situazione.