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Unità: Più salario, meno tasse: il sindacato lancia la sfida

Cgil, Cisl e Uil: vertenza col governo per una nuova politica dei redditi. Contratti: rinnovo o sarà sciopero generale

25/11/2007
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l'Unità

di Angelo Faccinetto/ Milano

BUSTE PAGA Una vertenza col governo per una nuova politica dei redditi. E una con i datori di lavoro per chiudere in fretta i contratti ancora aperti, pena il ricorso, in gennaio, allo sciopero generale. I lavoratori e i pensionati faticano sempre di più ad arrivare a fine
mese e Cgil, Cisl e Uil lanciano la loro piattaforma per invertire la rotta. In grande stile. Al teatro Smeraldo di Milano, per l’attivo nazionale dei quadri e dei delegati, con Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, arrivano in migliaia, molti di più di quanti la sala ne possa contenere. Le statistiche, del resto, parlano chiaro. In cinque anni le buste paga di operai e impiegati hanno perso, quanto a potere d’acquisto, circa 1.900 euro; in dieci anni le pensioni si sono svalutate del 30 per cento. Con la precarietà, «una situazione insopportabile» - sostiene Epifani. Non si può più rinviare l’inversione di rotta.
Cgil, Cisl e Uil parlano di vera e propria emergenza salariale. Un’analisi che vede tutti d’accordo, tanto che - come ricorda nel suo intervento conclusivo Bonanni - il documento unitario, quattro pagine fittenel quale sono racchiuse le rivendicazioni che il sindacato presenta al governo, è stato scritto in «quattro e quattr’otto», senza discussioni. Cosa rara.
«Chiediamo al governo l'apertura di un confronto per una nuova politica dei redditi, che punti a una crescita reale dei salari dei lavoratori dipendenti e delle pensioni» - sostiene il leader della Cgil, Guglielmo Epifani. Che spiega come sia necessaria una politica che, nel tempo, riduca di almeno un punto di Pil il prelievo fiscale su lavoro dipendente e pensioni».
«Bisogna aprire una vertenza forte nei confronti del governo centrale e locale - incalza il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni-. Sfidiamo la politica con un tema classico del sindacato: i salari e il reddito dei lavoratori e dei pensionati. Siamo sicuri di pagare troppe tasse su salari troppo bassi. Vogliamo salari più alti e tasse più basse».
Il punto è questo. Ed Epifani insiste. «Insieme con una politica dei contratti più attenta al valore delle retribuzioni per i lavoratori, ci vuole una politica fiscale più attenta» - sostiene.
Le misure contenute nella piattaforma vanno da una riforma dell’Irpef, alla richiesta di ridurre le tasse sugli aumenti contrattuali. Senza dimenticare un ripensamento del federalismo fiscale per poter fissare e controllare la pressione fiscale, ripartita tra i diversi livelli, dal centrale al locale. Il «decalogo» a sostegno dei salari affronta poi le politiche fiscali per la casa, e quelle a controllo dei prezzi, chiedendo tra l’altro tagli alle accise in caso di aumenti a benzina e gasolio, e la riattivazione delle commissioni per il costo della vita.
«In questo Paese esiste una questione vera: le persone che lavorano si stanno impoverendo - afferma il segretario della Uil, Luigi Angeletti -. E la prima cosa da fare è ridurre le tasse sugli aumenti contrattuali e rinnovare i contratti».
Vertenza salari e contratti, d’altra parte, vanno di pari passo, dato che proprio i rinnovi contrattuali costituiscono il primo strumento per la difesa del potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Anche su questo punto i tre leader sindacali sono concordi. Se per fine anno gli accordi scaduti non saranno rinnovati sarà sciopero generale. Una corsa contro il tempo difficile. Sul tavolo ci sono i contratti dei dipendenti pubblici, dei metalmeccanici, dei lavoratori del commercio, dei bancari, dei dipendenti delle imprese di pulizia, dei ferrovieri, dei giornalisti, delle imprese artigiane. In tutto più di sette milioni di persone.
Concordi, Epifani, Bonanni e Angeletti, si sono mostrati anche sul welfare. In particolare, nel bocciare l’ipotesi che la fiducia sul protocollo possa essere chiesta dal governo per far passare un testo diverso da quello concordato il 23 luglio tra le parti sociali. Il referendum di ottobre che ha visto coinvolti più di cinque milioni di lavoratori e il prevalere, nettissimo, dei sì, non ammette sbandate né ripensamenti. Se così fosse, avverte Bonanni, «il Parlamento si delegittimerebbe». Perché significherebbe legiferare a dispetto delle parti, «che sono le uniche abilitate a scrivere norme di regolazione delle vicende del lavoro». «Non si può peggiorare il testo firmato dal sindacato e approvato dai lavoratori» - sottolinea Epifani. Se ci sono ancora modifiche da apportare, insomma, vanno discusse con Cgil, Cisl e Uil. E con gli altri firmatari di luglio, altrimenti si porta un duro colpo alla concertazione. «Abbiamo fatto tante mediazioni, qualcuna dolorosa per noi, alla fine si è arrivati ad un punto di equilibrio che adesso viene messo in discussione - dice Luigi Angeletti -. È la cosa migliore che questo governo ha fatto, il protocollo sul welfare, e ora sta facendo di tutto per rovinarlo». Un assurdo.
Tutti concordi, insomma, in casa confederale. Salvo che su un punto. «Molte donne sono rimaste deluse - rivela Valeria Fedeli, numero uno dei tessili Cgil - per il fatto che nessuno in avvio di manifestazione abbia fatto riferimento alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne». Alla dimenticanza si è dovuto rimediare in corso d’opera.