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Unità: Ponticelli, temi choc sul raid al campo nomadi: «Hanno fatto bene»

Alcuni alunni del S. Giovanni Bosco: c’eravamo anche noi. Altri invece scrivono: se vogliono restare devono lavorare

28/05/2008
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l'Unità

/ Napoli

C’ERA anche qualcuno di loro al raid contro il campo rom a Ponticelli, due settimane fa. Studenti, piccoli studenti tra i 9 e gli 11 anni che quei giorni di proteste e
intolleranza - fatti di molotov e urla e insulti ai vigili del fuoco che cercavano di spegnere i roghi - gli studenti di Ponticelli li hanno ricordati in classe. E se c’è chi ha chiesto scusa, qualcun altro nei temi ha scritto: «La gente ha fatto bene a bruciare i campi». Gli alunni dell’Istituto comprensivo San Giovanni Bosco stanno discutendo da giorni su quanto accaduto a pochi metri di distanza dalle loro classi, quando Ponticelli insorse contro i rom dopo un sospetto rapimento di una bimba ad opera di una ragazzina nomade. «Hanno fatto bene - ha scritto Giuseppe - visto che non se ne sono andati con le buone, abbiamo dovuto usare le maniere forti». Ugo: «Non siamo razzisti, ma loro si sono presi troppo la mano e quindi noi abbiamo dovuto incendiare i loro campi». «I residenti - dice Francesco - sono stati eccessivi ma forse hanno ragione perchè sono stati lasciati soli». Tra gli alunni c’è anche chi, in qualche modo, chiede scusa, come Grazia: «Se dobbiamo rimediare direi di cercare loro dei posti di lavoro». Ciò che hanno visto in prima persona o hanno sentito dai loro genitori quando i campi rom venivano presi d’assalto, gli alunni dell’istituto di Ponticelli lo hanno anche disegnato: case in fumo, bimbi che chiedono aiuto, piccoli rom che dicono «ciao italiani, ci rivedremo presto». «Se vogliono restare non devono rubare, devono rispettare i bambini», sottolinea Katia mentre Francesca aggiunge: «I rom possono anche restare ma devono lavorare. Non gli chiediamo di fare lavori duri, possono sopravvivere con qualsiasi attività, basta che non sia illegale».
«Quel che accaduto è grave - dice Mariano Coppola, vice preside del San Giovanni - . Poco importa se a scrivere che è stato giusto a bruciare quei campi siano stati due o cento alunni, anche se è stato un solo alunno ci deve far pensare, soprattutto perchè alcuni hanno raccontato di aver preso parte ai raid e, anche dopo, hanno ribadito con fermezza la loro posizione». Il vice preside, dietro quelle frasi e quei disegni degli alunni riconosce «le posizioni degli adulti, dei genitori».
«È un segnale da non sottovalutare - commenta invece don Tonino Palmese, responsabile campano di Libera - . Certo, non si può ancora parlare di intolleranza ma può diventarla sulla base di discorsi qualunquisti». «È un segnale che deve soprattutto far riflettere noi educatori - aggiunge don Tonino - e la scuola è il luogo ideale per farlo, per far ragionare gli alunni con la ragione, con la conoscenza del fenomeno e con il cuore». Don Tonino, gli alunni di quella scuola, li ha incontrati spesso. Sono stati organizzati incontri con i parenti delle vittime della camorra, si è discusso di malavita e di tanto altro ancora. Quanto successo a Ponticelli, don Tonino lo spiega così: «È stata una protesta pilotata, i rom sono stati mandati via sotto la spinta di una intolleranza pilotata dalla criminalità del posto». «A Ponticelli si sono scontrati due popoli - aggiunge - uno dove c’era qualche delinquente, e mi riferisco ai rom, e un altro dove c’erano tanti delinquenti, e mi riferisco agli italiani».