Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità-Precari, tutor, lingua straniera Le lezioni iniziano nel caos

Unità-Precari, tutor, lingua straniera Le lezioni iniziano nel caos

Precari, tutor, lingua straniera Le lezioni iniziano nel caos Marina Boscaino Scuola ROMA La spregiudicata gestione della scuola del ministro Moratti - una serie di proclami a e...

02/09/2004
Decrease text size Increase text size
l'Unità

Precari, tutor, lingua straniera Le lezioni iniziano nel caos

Marina Boscaino

Scuola

ROMA La spregiudicata gestione della scuola del ministro Moratti - una serie di proclami a effetto che raramente riescono a essere rispettati - sta per produrre conseguenze negative che minano l'impianto ideologico sul quale la scuola italiana si è basata.
L'imbarazzante caos delle graduatorie ne è l'ultima prova.
Sull'infelice formula della scuola delle "3 i" non è davvero più il caso di fare ironia: essa incarna concretamente la drammatica virata che il Governo sta imponendo alla nostra scuola. In quella formula è contenuta sinteticamente un'idea di scuola contraddittoria, caotica, e soprattutto basata sulla sistematica negazione del fatto che un servizio pubblico deve garantire pari condizioni a tutti i cittadini.
Mamma mia, il tutor. Nella scuola delle "3 i" un ruolo fondamentale ha assunto la figura del tutor: un ambiguo mix non contrattualizzato della vecchia maestra unica con il piglio manageriale del dirigente d'azienda alle elementari; calco della vecchia coordinatrice di classe alla scuola media. E pensare che i (pochi) fondi per la formazione sono stati finora spesi - nella scuola elementare - per specializzare le insegnanti in aree di competenza specifica: logico-matematica, linguistica ecc. Per spiegare l'importanza e la necessità di tale cambiamento - che vincola il tutor a svolgere almeno 18 ore settimanali nella propria classe e ad assolvere ad una serie di incombenze di valutazione, di rapporto con le famiglie, di compilazione del portfolio delle competenze - il Ministro individuò innanzitutto l'esigenza di fornire agli alunni una "figura di riferimento stabile", specie per i bambini piccoli. In realtà si è trattato di uno dei tanti espedienti funzionali alla contrazione di cattedre e posti di lavoro che è certamente l'obiettivo primario che il governo Berlusconi ha perseguito nel campo dell'istruzione.
Qualche giorno fa, nel tardivo incontro all'Aran per l'attivazione della funzione del tutor tra ministero e sindacati, questi ultimi hanno ribadito l'importanza del principio di unicità della funzione docente e di corresponsabilità degli insegnanti: rispondendo così all'individuazione della scuola come luogo del risparmio e all' improvvisazione demagogica condita di materno apparente buon senso.
Il bluff dell'inglese. Un bluff colossale è il tanto sbandierato inserimento dell'inglese alla scuola elementare e della seconda lingua comunitaria a partire dalla prima media. Solo le sezioni di scuole medie che attuavano precedentemente il bilinguismo saranno in grado di garantire la seconda lingua; tutte le altre vincoleranno questa possibilità al reperimento di insegnanti interni che abbiano le competenze per insegnare la seconda lingua.
Arrangiandosi, in maniera approssimativa e improvvisata, alcune scuole riusciranno a offrire questa opportunità ai propri studenti; altre no. Il caso regna sovrano: è un caso capitare in una scuola dove sia possibile iscriversi anticipatamente all'asilo; ed è un caso capitare in una in cui sia del tutto impossibile iscriversi all'asilo. È un caso studiare la seconda lingua. Ed è un caso che l'alunno riesca a studiare proprio la seconda lingua che aveva richiesto. Ma è un caso il fatto che un Ministro abbia proposto e fatto approvare una legge completamente priva di un dettagliato e ragionevole piano di attuazione?
Tempo a scelta. In alcune elementari del nostro Paese (là dove i collegi non hanno saputo/voluto opporsi al diktat di una riforma sottratta al dibattito parlamentare e all'ascolto delle parti coinvolte) durante gli ultimi giorni di scuola in giugno, sono state inviate circolari ai genitori affinché esercitassero la loro libertà di scegliere le nuove norme del tempo scuola: tre diverse opzioni. Disorientamento e un diffuso senso di nausea. I genitori stessi sono stati invitati a partecipare a riunioni in cui si è spiegato loro che la possibilità di scelta - ai sensi del primo decreto attuativo della riforma Moratti - avrebbe la funzione di individuare un "nuovo impianto organizzativo caratterizzato da una più articolata offerta formativa, dalla flessibilità e personalizzazione dei piani di studio e dalla valorizzazione, accanto ai nuovi insegnamenti tradizionali, di nuovi contenuti culturali".
Formule suggestive (e criptiche): di fatto una diminuzione sensibile del tempo scuola e dell'orario destinato alle singole discipline; e una sostanziale destrutturazione di elementi didatticamente significativi quali la compattezza del gruppo-classe, la collegialità degli insegnanti, il sistema delle compresenze. Preoccupati di organizzare l'istituto per il prossimo anno sulla base delle richieste dei genitori (chiamati all'esercizio di un'improvvida e presunta libertà) e con i miseri fondi a disposizione, direttori didattici ed insegnanti per lo più poco ferrati su una materia vischiosa ed improvvisata hanno imbastito spiegazioni i cui punti di forza sono stati gli stessi sbandierati dal Ministro dopo la frottola della "figura di riferimento".
Flessibili ' verticali. Innanzitutto si è parlato di flessibilità, poiché i bambini si troveranno a svolgere le ore opzionali in classi aperte "in verticale": biennio insieme; triennio insieme. Viviamo in un mondo dinamico e flessibile; è bene che i più piccoli imparino ad adattarsi a queste condizioni. Ma il team di insegnanti è stato annullato per favorire il rapporto privilegiato e rassicurante con un'insegnante prevalente. Il valore della stabilità della figura di riferimento praticamente unica viene contraddetto da questa apoteosi dell'adattamento e della flessibilità come precoce simulazione del mondo lavorativo al quale i bambini andranno incontro, se non cercheremo di fermare la tendenza alla precarizzazione. Un valore per questo Governo, riferibile a quanto pare anche ai bambini di 6 anni. Durante le riunioni è stato ripetuto che "non cambia niente".
Il Ministro - dopo aver gridato, insieme al suo capo, alla rivoluzione - l'ha ripetuto più volte. Ma se non cambia niente che rivoluzione è? Che riforma è? Invece cambia tutto. Peggiora tutto. La frase "non cambia niente" si riferisce, nella logica mercantile e ottusa con la quale si è messo mano alla scuola italiana che, per il prossimo anno, i bambini che stavano a scuola fino alle 16.30 continueranno a starci. La forma è intatta. Il "contenitore" regge. Ma dentro quel contenitore rischia di non esserci più nutrimento prezioso, ma cibo scadente e rimediato. Con il quale si alimenteranno i nostri figli. Contraddittoria rassicurazione che conferma l'impropria equazione - cara alla Moratti - tra forma e sostanza.
Dialettica addio. Che ha come conseguenza l'iperattivismo di un Ministro che, pur di concludere la sua opera, lo fa in maniera improvvisata, con provvedimenti estemporanei che creano un'ulteriore divaricazione di rotte tra scuole che adotteranno per il prossimo anno scolastico il nuovo impianto organizzativo e scuole che non lo faranno.
Per quanto riguarda le nomine a tutor sono molti gli istituti che si sono sottratti a quest'obbligo (anche nominando tutor tutti gli insegnanti), che ha la curiosa peculiarità di imporre una figura professionale non prevista dal contratto: che non ne ha individuato - per il momento - compiti, limiti e relativa indennità economica. Una delle tante anomalie morattiane insomma; non a caso il direttore generale del Ministero, Pasquale Capo, ha richiamato i direttori regionali affinché si attivino per promuovere da settembre "interventi adeguati anche di carattere disciplinare in presenza di eventuali comportamenti che configurino violazioni delle norme vigenti".
Ecco cosa può accadere quando si pretende di imporre una riforma a forza di colpi di mano, accantonando la dialettica democratica, il dibattito, l'ascolto delle parti coinvolte.