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Unità: Professionisti sempre più specializzati per il lavoro che verrà

Secondo l’Unione europea il futuro chiederà altissima specializzazione, mentre calerà sensibilmente la domanda di lavoratori a bassa qualificazione

25/02/2008
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l'Unità

di Giuseppe Vespo

Il lavoro nobilita l’uomo. Oggi però è l’uomo che ha da nobilitarsi (professionalmente) per lavorare. Parola dell’Unione europea, che recentemente ha presentato attraverso l’agenzia Cedefop - Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale - una ricerca sul fabbisogno professionale dell’Ue (senza Romania e Bulgaria) nel medio termine: leggasi da oggi al 2015. Secondo quanto emerge, andrà a finire che per fare quello che oggi si fa con un diploma ci vorrà una laurea e per svolgere le mansioni di un laureato di oggi ci vorrà almeno un master. E via di seguito, verso l’aggiornamento professionale continuo. Un trend che contrappone al «drammatico» declino della domanda di lavoratori a bassa qualificazione l’aumento della richiesta di professionisti ultra specializzati: in Italia, dirigenti, manager e pubblici funzionari, saranno le figure più contese sul mercato del lavoro, con un incremento della richiesta che si attesta al 26,5%. Poi, tecnici e professionisti qualificati, al 26,1% e al 18,6%.
In crescita, anche se con percentuali minori, gli impiegati (9,4%) e gli addetti al commercio (8,3%). I settori che in Europa cresceranno maggiormente sono quello dei servizi, dei trasporti e della distribuzione, che impiegheranno rispettivamente nove e 3,5 milioni di persone. Tutto condito, è chiaro, dalle specifiche esigenze di ogni Paese. Anche se in linea di massima il calo della domanda di lavoratori a bassa qualificazione si tradurrà in 8,6 punti percentuale a livello europeo. Con un impatto reale di circa 8,5 milioni di posti di lavoro in meno. Per contro, l’esigenza di medie e alte qualifiche crescerà rispettivamente del 9,5% e del 12,4. Tirate le somme si parla di circa 12,5 milioni di posti di lavoro per le le alte qualifiche e 9,5 per le medie. Nel 2015 il settore primario occuperà 10 milioni di lavoratori in tutta l’Europa, contro i 12 milioni del 2006, e i 15 milioni del 1996. Mentre l’industria manifatturiera ne impiegherà 34,5 milioni, contro i 38 milioni del 1996. A soffrire di più, secondo le stime dell’agenzia con sede a Salonicco, saranno i lavoratori agricoli e quelli della pesca (-47,5%), seguiti dagli operai di fabbrica (-18,5%) e dagli operatori di macchinari (-10,4%).
«Non credo che in Italia sarà così drammatica la riduzione delle occupazioni in agricoltura e nell’industria», commenta Mimmo Carrieri, docente di Sociologia economica all’università di Teramo. «L’Italia, come per certi versi la Germania, non è un Paese post-industriale e ha ancora bisogno di molti lavoratori impiegati in questi settori». «Per quanto riguarda la richiesta di figure altamente specializzate - continua Carrieri - ad oggi c’è il problema inverso: l’offerta di laureati o specializzati resta più alta dell’attuale domanda».
Quindi, come cambierà il mercato del lavoro nel prossimo futuro? «Molto dipenderà dalla tenuta delle nostre piccole imprese, che rischiano di restare schiacciate dal nanismo che le caratterizza», risponde il sociologo. «Se sapranno riorganizzarsi puntando alla competizione globale allora crescerà anche la domanda di figure professionali specializzate». Una sfida che coinvolge non solo le imprese ma tutto il Paese: «Bisogna quindi rafforzare la qualificazione dei nostri laureati - precisa Carrieri - e contemporaneamente ripensare il sistema produttivo in modo da assorbire le nuove figure professionali». Un futuro che oggi sembra ancora distante dal 2015 indicato dall’indagine Cedefop: «Basta guardare le offerte di lavoro proposte dalle agenzie interinali...».


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