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Unità: Prove tecniche di democrazia

Partono le rondini, e cominciano le occupazioni di scuole

06/11/2006
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l'Unità

Mauro BarberisPartono le rondini, e cominciano le occupazioni di scuole. Uscito per comprare il libro di religione del figlio piccolo - nel timore che diventi miscredente come papà - percepisco i segni inequivocabili di questo fenomeno quasi-metereologico. Gli studenti delle scuole Diaz - quelle della mattanza del G8 - si ammassano nel cortile; il tempo è ancora bello, a Genova, e si comincia l'occupazione dal cortile, poi si vedrà. Un tizio con il megafono cerca di rassicurare gli studenti, o i loro genitori: l'occupazione non obbliga a dormire nella scuola. Ma come, penso io, se proprio lì sta il bello. Il tizio prosegue: si può lasciare la scuola la sera, e tornare la mattina dopo; certo, se uno resta sempre a casa che occupazione è?

Qualcuno dirà che è ora di finirla: che queste cose producono solo interruzione delle lezioni, danni, disordine. In parte è vero; anche se imparare nulla a lezione, e imparare nulla all'occupazione non fa quella gran differenza. Se il problema è il disordine, d'altra parte, un rimedio infallibile c'è: rendere l'occupazione obbligatoria. Ma sì: stabilire che, fra i Santi e le vacanze di Natale, quando anche le occupazioni ineluttabilmente finiscono, gli studenti delle superiori occupino la scuola una settimana, dieci giorni, un mese. Le ragioni dell'occupazione? Non mancano mai; ma dovrebbe essere consentita anche l'occupazione a piacere, come la famosa domanda a piacere.

Rendere l'occupazione obbligatoria, dunque, e regolare tutto: chi porta le lasagne della nonna, chi pulisce i bagni, magari anche l'inevitabile ora d'odio nei confronti del ministro dell'istruzione di turno. Dopotutto, un'occupazione non può fare più danni di una settimana bianca, o dell'immancabile gita al Museo Egizio. Soprattutto, se quel che si teme è il disordine, l'occupazione obbligatoria sarebbe il rimedio ideale: il provvedimento comincerebbe a restare inattuato, poi, dopo qualche anno, non se ne parlerebbe più. Ma sarebbe un peccato: perché le occupazioni sono sempre meglio dell'educazione civica (non) imparata sui libri; forse, le si potrebbe considerare, addirittura, prove tecniche di democrazia.