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Unità:Ricerca, l’Italia si gioca il futuro

L’Istituto di fisica: «Costretti a scelte drammatiche: chiudere i laboratori o rinunciare ai progetti?» Il ministero: «L’Europa sta per bandire i concorsi: rischiamo di restarne fuori, gettiamo miliardi»

12/11/2006
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l'Unità

di Cristiana Pulcinelli / Roma

FUTURO Se i tagli alla ricerca rimanessero quelli previsti dalla finanziaria, quali sarebbero i settori più a rischio? «L’Istituto Nazionale di Astrofisica ha un bilancio di 80 milioni di euro - spiega Piero Benvenuti, presidente dell’Ente - Il 70% di questa cifra serve per coprire i
costi del personale, il 12% per il funzionamento delle strutture, tutto quello che resta va per la ricerca. Quest’ultima frazione esigua, peraltro, è già quasi tutta impegnata in accordi internazionali che non possono essere disattesi, pena costi elevatissimi. Il più importante di questi progetti è l’European Extremely Large Telescope, il telescopio europeo più grande a cui l’Italia partecipa attivamente. Ora siamo alla stretta finale del progetto, con un minimo sforzo finanziario potremmo giocare un ruolo determinante in questo campo nei prossimi 10 anni, se invece perdiamo questo treno siamo tagliati fuori. Del resto, l’industria francese è pronta a portarci via il lavoro».
Un discorso analogo vale per l’Istituto nazionale di Fisica nucleare: «Il 50% del nostro budget è assorbito dagli stipendi, il 25% copre i costi per tenere aperte le infrastrutture e il restante 25% è il contributo per gli esperimenti. Dove applicare un taglio del 20% della spesa? Certo non sul costo del personale, bisognerà scegliere tra gli altri due settori. In ogni caso una scelta drammatica: in un caso vorrebbe dire chiudere i laboratori o tenerli aperti con una funzionalità ridotta al minimo, assorbirebbero infatti a quel punto solo il 5% del budget. Nell'altro caso, ancora più drammatico, rinunciare a progetti internazionali. Faccio solo un esempio: LHC, il Large Hadron Collider, un enorme acceleratore di particelle che si sta costruendo a Ginevra e che ci permetterà di sapere molto di più sull’origine dell’universo, ma che ha anche molte applicazioni pratiche. Ci stiamo lavorando da 15 anni e si dovrebbe inaugurare alla fine del 2007. Se dovessero mancarci i fondi per mandare in missione i ricercatori, avremmo perso completamente gli investimenti che anche l’Italia ha fatto su questo progetto negli anni passati. L’acceleratore costa infatti 5-6 miliardi di euro, pagati dall’Europa e quindi anche dal nostro paese».
Ci sono poi due conseguenze che graverebbero su tutti gli istituti di ricerca. «La prima - spiega Rino Falcone, consigliere del ministro Mussi - è che la finanziaria prevede la possibilità di assumere personale negli enti di ricerca fino all’80% del budget. Oggi, la percentuale si aggira intorno al 60%. Se però il budget complessivo dell’ente si abbassa, la percentuale coperta dagli stipendi degli attuali dipendenti potrebbe raggiungere facilmente il tetto dell’80%, bloccando di fatto le nuove assunzioni. Inoltre, sta partendo il VII Programma quadro: fondi europei per bandi di ricerca. Per partecipare a questi bandi, gli enti devono però investire qualcosa del loro. Si rischia quindi di rimanere fuori anche dal VII programma quadro. Un’esclusione che durerebbe 7 anni. Senza contare che in questo modo non si riuscirebbe neppure a recuperare in parte quello che l’Italia investe sulla ricerca europea. Noi infatti mettiamo il 14 % della torta. Già oggi riprendiamo solo il 9%, rischiamo di prendere ancora meno».