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Unità: Ricerca, nasce il primo team per le staminali embrionali

A Roma assise degli scienziati: «Non violiamo la legge 40, caro Prodi sostienici per la salute del futuro»

15/07/2006
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l'Unità

di Cristiana Pulcinelli

Da qualche mese si sente dire che in Italia non si potrebbe fare ricerca con le cellule staminali embrionali umane. Un'affermazione che però non ha fondamento. Per ribadirlo, i ricercatori italiani sulle cellule staminali embrionali ieri a Roma si sono riuniti in un gruppo che ha tenuto un convegno. Scopo dell’incontro, cui hanno partecipato anche bioeticisti come Maurizio Mori e Demetrio Neri e che è stato presentato da Carlo Flamigni, in realtà era duplice: da un lato spiegare che cosa fanno i ricercatori con queste cellule staminali embrionali e perché. Dall'altro riaffermare, con l'aiuto di insigni giuristi, che il loro lavoro non è fuori legge.
Il primo obiettivo è stato raggiunto facendo parlare i rappresentanti dei 6 gruppi di ricerca che in Italia lavorano con le staminali embrionali importate dall'estero. A Milano, Roma, Firenze e Cremona sono stati messi in piedi progetti di ricerca sulle terapie geniche, sulle malattie cardiache, su alcune malattie neurologiche che ottengono risultati interessanti grazie all'uso di cellule staminali embrionali spesso donate da enti di ricerca stranieri e finanziate quasi sempre da enti pubblici o da associazioni di pazienti.
Il secondo obiettivo vuole rispondere ad alcune affermazioni fumose apparse sui giornali italiani dopo la decisione del ministro Mussi di ritirare l'adesione italiana alla «pregiudiziale etica» contro le ricerche sulle embrionali e dopo che il parlamento europeo ha approvato il 7° programma quadro che prevede il finanziamento di queste ricerche. Funzionari del ministero della salute, ad esempio, secondo un articolo di Liberazione, avrebbero sostenuto di non avere notizia del fatto che in Italia «vi siano laboratori che lavorano sulle staminali embrionali. E se lo facessero sarebbe illegale perché la legge, seppure implicitamente, vieta anche l'importazione di materiale cellulare proveniente da embrioni umani», mentre la senatrice Paola Binetti avrebbe affermato che «ogni ricercatore serio sa che non può utilizzare nuove staminali, nemmeno se provengono dall'estero». «Ma parlare di divieto implicito - spiega Emilio Dolcini, penalista dell’Università di Milano - è un'assurdità. Dalla fine del '700 vale il principio che solo la legge può prevedere norme e pene e lo deve fare in modo esplicito». Se la legge non vieta in modo esplicito l'uso di queste cellule, quindi, vale il principio di libertà di ricerca espresso dalla Costituzione. E la legge 40 non lo vieta in modo esplicito. «L'articolo 13 - continua Dolcini - vieta la sperimentazione sugli embrioni, ma una cosa sono gli embrioni, un'altra cosa sono le cellule staminali derivate da embrioni». Nell'articolo 14 invece si legge che non è possibile distruggere un embrione per derivare da esso cellule staminali. «Ma in un ipotetico processo il ricercatore italiano che usa cellule prodotte all'estero sarebbe assolto perché il fatto di reato non l'ha commesso lui».
Sulla base di queste riflessioni, il Gruppo di ricercatori ha inviato una lettera aperta a Romano Prodi in cui si ribadisce l'importanza di queste ricerche, si sottolinea che non esiste contrapposizione ma complementarità tra le ricerche su staminali adulte e quelle su embrionali, si ricorda che i progetti di ricerca sono stati approvati da un Comitato etico e ci si appella alla libertà di ricerca scientifica. «Signor presidente - così si chiude la lettera - sostenga e favorisca le nostre ricerche nelle forme a lei possibili, perché queste ricerche sono parte fondamentale del bene comune: la salute di domani si garantisce soprattutto con le scelte di oggi».